Da: Analisi difesa, periodico di intelligence
L’attenzione generale è ora concentrata sulla pandemia che ci devasta e non potrebbe essere diversamente davanti ad un disastro umano ed economico di così vasta portata.
Un altro pericolo però rimane immanente, quello del terrorismo islamico.
Anche senza voler considerare i recenti episodi dovuti ad attacchi di “lupi solitari“ in Francia, è un fatto che tale tipo di terrorismo non sia certo un capitolo chiuso. Dalle Filippine alla Siria, all’Iraq, all’Afghanistan e sempre più vicino a noi in Egitto e nel Sinai, Nigeria e Niger, Sahel, Sudan, Burkina Faso, Marocco, Somalia è un fiorire di movimenti ad esso collegati.
In Africa Settentrionale la situazione è ancor più preoccupante, perché il terrorismo locale si fonde con i fenomeni di migrazione clandestina e la crescita, in particolare in Italia, di quelle seconde generazioni che sono state negli altri paesi la culla della radicalizzazione.
È perciò seriamente ipotizzabile che al termine di questo periodo di pandemia, più o meno verso la fine del prossimo anno, si possa assistere a una recrudescenza di attentati organizzati, non più spontaneistici, sul suolo europeo, Italia compresa. Preoccupazione sicuramente ben presente nei governi, come dimostra il recente vertice svoltosi a Parigi l’11 novembre, da cui l’Italia è stata purtroppo esclusa.
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