Uccidere di fame e di sete è Costituzionale?

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INSULTO SANGUINOSO
ALL\’IDENTITA\’ DELL\’ITALIA

Ma lasciare morire di sete e di fame una malata, è costituzionale? È una domanda semplice quella che si affaccia ai pensieri, in queste ore di scontro fra poteri istituzionali, e mentre a Udine si procede con il \’protocollo\’ – termine squisitamente tecnico ad indicare la morte data a Eluana. È una domanda elementare quella che aleggia sull’incrociarsi di dichiarazioni di onorevoli e giuristi e ministri. «Non è intervenuto alcun fatto nuovo che possa configurarsi come caso straordinario di necessità e urgenza ai sensi dell’articolo 77 della Costituzione» si legge nella motivazione del \’no\’ al decreto legge fornita preventivamente dal capo dello Stato. E qui molti – certo digiuni di diritto, e con scarsa dimestichezza con i regolamenti – non capiscono. Non c’è necessità e urgenza? Ma quella donna sta andando alla morte; e la sua fine riguarda tutti noi; concerne il modo in cui, dopo Eluana, si guarderà ai malati senza coscienza, agli handicappati inguaribili, a quelli che vengono considerati «irrecuperabili» a salute ed efficienza. Ci si sente, davanti a certe spiegazioni, quasi come Renzo Tramaglino quando Azzeccagarbugli gli legge una grida spagnola, che pare fatta su misura per lui. E invece, affatto: «A saper ben maneggiare le grida, nessuno è reo e nessuno è innocente», fa dire con un sorriso amaro Manzoni al suo leguleio secentesco.

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Può esistere una guerra senza armi?

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LE TECNICHE DELLA GUERRA RIVOLUZIONARIA
 
Vorrei anzitutto precisare, per dovere di obiettività, qualche limite della guerra rivoluzionaria.
È mio personale convincimento, ad esempio, che Mao-Tse-tung in particolare, e i comunisti nel loro complesso più in generale, non abbiano teorizzato né codificato compiutamente la guerra rivoluzionaria. Essi ne hanno compreso lo spirito e adattato qualcosa che già esisteva ad uno schema loro, alla loro rivoluzione e alla loro concezione dialettica della storia. Questo qualcosa che già esisteva, Mao-Tse-tung lo ha appreso, più che da Sun Zu, da testi occidentali, e precisamente da Clausewitz, da von Mohke e – perché no? – forse anche da Machiavelli. In effetti, Mao-Tse­tung – ha imparato da questi testi principalmente a ragionare con fredda logica sulla guerra “tout-court”, prima ancora che sulla guerra rivoluzionaria; alla quale ha poi applicato gli stessi metodi.Dossetti, fanfani, De Gasperi, La Pira
Vediamo appunto cosa dice Clausewitz e cosa dice Mao-Tse­tung sulla guerra, e come da tali concetti si arriva alla guerra rivoluzionaria. Clausewitz afferma: “La guerra è un atto di forza che ha per scopo di costringere l’avversario a sottomettersi alla nostra volontà”. La definizione di Mao-Tse-tung è più particolare di quella di Clausewitz, se vogliamo più dettagliata, ma anche meno limitata; essa consente cioè di adattarsi anche a conflitti di tipo non ortodosso, come è appunto il caso della guerra rivoluzionaria. Scrive Mao-Tse-tung: “L’obiettivo della guerra è senza altro quello di conservare le proprie forze e annientare quelle del nemico. Annientare il nemico signi***** disarmarlo o comunque privarlo dei suoi mezzi di resistenza, e non distruggerlo in senso fisico…” – ecco qui un concetto sulla guerra in generale, che si attaglia benissimo alla guerra rivoluzionaria – “Va sottolineato che l’annientamento del nemico è l’obiettivo principale della guerra, mentre la conservazione delle proprie forze è solo l’obiettivo secondario…”. La frase finale è soltanto una forma cinese per esprimere il concetto ben più lapidario di von Moltke: “La miglior difesa è l’attacco”. In verità, come abbiamo detto, prima ancora di leggere Sun Zu, Mao-Tse-tung ha studiato a fondo Clausewitz e von Moltke. Gli occidentali, al contrario, li hanno del tutto dimenticati. Tanto è vero che continuano, nella generalità dei casi, a restare sulla difensiva.
 
Lasciamo ora la guerra in generale e veniamo alla guerra rivoluzionaria, e precisamente agli scopi che essa persegue. La guerra rivoluzionaria, come è stato più volte detto, si prefigge principalmente la conquista delle popolazioni. Cerca cioè la decisione fuori del campo di battaglia, nel cuore gel paese nemico, per paralizzarne dal di dentro la volontà e la capacità di resistenza. Potremmo qui citare una frase di von der Goltz, che sembrerebbe quasi formulata di proposito per il caso nostro: “Si tratta non tanto di annientare i combattenti nemici, quanto di annientare il loro coraggio”.
         Attraverso la conquista delle popolazioni, la guerra rivoluzionaria trasforma l’uomo stesso in arma, sia che l’interessato ne abbia coscienza, o meno. Nel secondo caso, l‘uomo-arma diviene palesemente un “robot”; ma anche nel primo, finisce spesso per divenirlo; perché, se conserva la coscienza del proprio stato, rinuncia tuttavia a una volontà propria, e quindi rinuncia ad essere libero.

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Cgl, giudici, magistrati e le sentenze sulla vita

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Aborti più facili: per la Cgil è «splendido»

La dittatura giudiziaria degli anni tangentari ha mollato il morso sulla Casta per addentare qualcosa di più morbido e indifeso. Oggi, mettono i loro sigilli sui confini della vita e della morte, all’ingesso dei laboratori dove il mistero dell’esistenza e del dolore viene sezionato e manipolato, sugli embrioni in provetta in attesa nei frigoriferi biologici…

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CINA: la persecuzione continua. Arrestato di nuovo il vescovo Jia Zhiguo

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APRIAMO GLI OCCHI…

Finita la tregua olimpica:
in Cina arrestato vescovo mentre celebrava la Messa

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Domenica, mentre Pechino salutava i suoi Giochi, a 260 chilometri dalla capitale veniva arrestato monsignor Giulio Jia Zhiguo, vescovo “sotterraneo” di Zhengding, nella provincia di Hebei.

 

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Ecco le “aperture” della Cina delle Olimpiadi

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LA CINA
MEDAGLIA D’ORO PER VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI

Il lungo elenco (molto incompleto) delle violazioni dei diritti, durante le Olimpiadi e per consentirne lo svolgimento “armonioso”. In carcere chi protesta o parla coi cronisti esteri, magari ai lavori forzati senza processo, né condanna. Denunciati casi di tortura…

 

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GEDDA, IL LEONE CATTOLICO CHE NON PIACEVA A DE GASPERI

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GEDDA, IL LEONE CATTOLICO CHE NON PIACEVA A DE GASPERI

di Massimo Caprara, ex segretario personale di Togliatti

 

Chapeau! Levo il cappello con il mio orgoglio di allora, militante comunista che il 18 aprile 1948 era segretario di Palmiro Togliatti e membro del Comitato centrale, dinnanzi alla memoria dell\’indomito Luigi Gedda, responsabile dei Comitati civici.
Essi furono gli autentici vincitori della battaglia contro il comunismo e l\’ostacolo maggiore alla sua diffusione, non la Democrazia Cristiana.
Togliatti, che ingenuo non era, comprese immediatamente che l\’intervento dei Comitati civici comprometteva le sorti del Fronte democratico popolare ed espresse immediatamente la sua preoccupazione per la battaglia che egli non considerò mai favorevole al Pci.

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