Aborti più facili: per la Cgil è «splendido»
La dittatura giudiziaria degli anni tangentari ha mollato il morso sulla Casta per addentare qualcosa di più morbido e indifeso. Oggi, mettono i loro sigilli sui confini della vita e della morte, all’ingesso dei laboratori dove il mistero dell’esistenza e del dolore viene sezionato e manipolato, sugli embrioni in provetta in attesa nei frigoriferi biologici…
Ma che avranno da ridere e festeggiare quei fresconi della Cgil? A Milano hanno inscenato caroselli e danze di ringraziamento alla notizia che gli aborti terapeutici sono tornati al limite della 24esima settimana. C’è davvero da rallegrarsi se tanti feti e prematuri, dopo la sentenza del Consiglio di Stato, anziché aiutati a sopravvivere, verranno ributtati nei cassonetti dei rifiuti speciali? Incredibile danza macabra: i compagni del sindacato comunista, riferiscono le cronache, non stavano più nella pelle. E solo per la soddisfazione di aver battuto il nemico Formigoni.
Tanto, a pagare il biglietto del divertimento, saranno i piccoli mai nati. «Splendida giornata», ha dichiarato, con incoscienza imbecille che sfiora l’apologia di reato (violazione della legge 194), il capataz lombardo del sindacato. Radioso giorno, sol dell’avvenire, naturalmente, aggiunge l’allegrone, «per le donne, i loro diritti, la loro libertà di scelta». Chissà invece per il feto, per i suoi diritti e libertà, cosa sarà quella sentenza?
Che splendida giornata
La questione in breve è questa: si trattava di decidere entro quale settimana possono essere praticati gli aborti terapeutici. La legge 194 lascia al medico la possibilità di decidere, comunque proibisce l’aborto se il feto è in grado di sopravvivere in modo autonomo. Lo scorso gennaio, la Regione Lombardia, stabiliva questo limite alla 22esima settimana e tre giorni, perché «nei nostri ospedali», dicevano le direttive lombarde, «grazie ai progressi scientifici e tecnologici, i feti possono vivere di vita autonoma già dalla 22esima settimana».
Dunque, nessun pregiudizio ideologico o morale, semplicemente la presa d’atto che i tempi son cambiati e le tecniche mediche pure. Un fatto oggettivo e scientifico che il Consiglio di Stato, su ricorso di 8 medici sponsorizzati Cgil, ha bocciato con chissà quale criterio (occorre attendere la pubblicazione delle motivazioni). Ma questo al sindacato (pure in sala parto ce lo troviamo tra i forcipi) importa nulla, a loro basta la soddisfazione, tutta politica e ideologica, di aver battuto quel ciellino di Governatore e tutta la compagnia cattolica dei pro-life. Il capoccia cigiellasco è così fuori di testa dalla contentezza che si lascia scappare quel funereo osanna sulla «splendida giornata», rubato indebitamente a Vasco Rossi.
Penoso e anche vergognoso per un ex grande sindacato come la Cgil. Negli spettacolini del cabaret di una volta, si battuteggiava sul fatto che «la prima gallina che canta ha fatto l’uovo». La Cgil ha cantato, anzi, ha messo su un coro polifonico da osteria, così sguaiato da mettere a rischio l’intero pollaio. L’uovo, poi, non promette nulla di buono: assomiglia tanto a quella scritta che salutava i deportati ebrei all’ingresso di Auschwitz: «Il lavoro vi renderà liberi». Ma lì, almeno, era chiaro di che libertà si trattasse. La Cgil definisce «splendida» una sentenza che assomiglia a una condanna capitale, che autorizza a buttare una vita a dispetto di ogni motivazione medica e scientifica.
Nello stesso giorno in cui altri due pronunciamenti (la Consulta e la Corte d’appello) accorciano l’esistenza ad Eluana Englaro, la ragazza in stato vegetativo da 16 anni per la quale il padre chiede l’interruzione della nutrizione e dell’idratazione.
Dalle tangenti alla vita
«Eluana deve morire, così finirà il mio inferno», ha dichiarato il padre in un’intervista. E in quel lapsus, «il mio inferno», ci sono tutti gli anni del dolore, strazio e disperazione di un amore a vuoto, muto e impassibile. Che non risponde e corrisponde più, senza speranza. Come può finire l’inferno con la morte di una figlia? Ma questa è altra storia e altro dramma. O forse no.
Coincidenze cattive, tre sentenze uscite da assisi di giudici e magistrati, segnale esemplare e arrogante di una già compiuta svolta istituzionale, preoccupante e pericolosa. La dittatura giudiziaria degli anni tangentari (la magistratura allora bruciava ladri e corruttori per conto dei giusti e degli onesti) ha mollato il morso sulla Casta per addentare qualcosa di più morbido e indifeso. Oggi, mettono i loro sigilli sui confini della vita e della morte, all’ingesso dei laboratori dove il mistero dell’esistenza e del dolore viene sezionato e manipolato, sugli embrioni in provetta in attesa nei frigoriferi biologici.
Ma una cosa è chiara: gli stregoni degli incroci cellulari e della dissolvenza embrionale, non potranno più parlare in nome della libera scienza e del progresso biotecnologico.
Gli ermellini del popolo
Liberi non saranno più: da oggi, a decidere chi viene al mondo e chi invece deve togliersi la seccatura dell’esserci, saranno i giudici ermellinati, le Corti, i Cortili e i Sottoscala della giustizia, los magistratos e los togatos. La legge c’è ed è chiara, ma loro sono stati predestinati ad applicarla oppure no.
A insindacabile e allegro giudizio, in nome e al posto del popolo. Come nelle migliori dittature.
di Luigi Santambrogio
LIBERO 10/10/08