Osservazioni su “Un nuovo bipolarismo senza i cattolici”
Tra i numerosi saggi sulle elezioni dello scorso 4 marzo 2018, spicca per profondità quello apparso su uno storico bimestrale cattolico (1), del quale si raccomanda la “lettura meditata”.
La condivisibile tesi di fondo è che l’incidenza del mondo cattolico italiano «in termini di capacità di intervenire sulla campagna elettorale, è stata prossima allo zero» (pag. 28).
Tuttavia, la lettura complessiva del saggio produce l’impressione che l’ignoto estensore non abbia esperienza d’azione sul territorio provinciale e comunale, né conosca la realtà dei rappresentanti locali dei partiti.
Di conseguenza, la parte finale, relativa al cosa possiamo fare adesso e qui? risulta lacunosa e generica.
Se si vuole “incidere e intervenire”, la prima cosa da capire è che non si deve più votare in base a ciò che dicono i leader dei partiti in televisione. Tali persone NON sono influenzabili perché vengono generalmente candidate in collegi nei quali la loro elezione è “sicura” e, pertanto, non hanno bisogno del rapporto con gli elettori di un territorio.
Normalmente, gli uomini dei partiti devono fare un “percorso di carriera e probazione” prima di venire candidati al Parlamento: si parte dal consiglio di circoscrizione, poi quello comunale, spesso quello regionale e, infine, se abili e fedeli, Camera o Senato.
È anche da ricordare che durante tale percorso i rappresentanti vengono condizionati dalle logiche di partito e di corrente ma, una volta giunti in Parlamento, la loro possibilità azione è sottoposta a una quantità tale di variabili da divenire praticamente nulla.