Adinolfi e il cattolicesimo democratico

da Stefano Fontana una spiegazione del
sostegno a Mattarella e Renzi dato solo tre anni fa dal
leader del Partito della Famiglia

 

Due o tre cose che il cristiano Adinolfi non sa

I cattolici democratici, sodalizio a cui è sempre appartenuto il nuovo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, non esistono più come corrente politica organizzata ma come cultura è decisamente dominante nel mondo cattolico. E non dimentichiamo che le peggiori leggi italiane sono state firmate da cristiani. Sulla Legge 40 poi…

 

Anche se scritto in modo forse frettoloso, l’intervento di Mario Adinolfi su La Croce di domenica scorsa, merita una risposta organica […].

 

I cattolici democratici, sodalizio a cui è sempre appartenuto il nuovo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, non esistono quasi più come specifica corrente politica organizzata e con un proprio leader riconosciuto.
In questi giorni hanno rifatto capolino Bodrato e Castagnetti, Rosy Bindi si spellava le mani in Parlamento, ma questa storia è finita. […] .

 

Però il cattolicesimo democratico come cultura è più ampio dei cattolici democratici come configurata corrente politica.
Esso si intreccia inoltre con altre correnti teologiche e politiche postconciliari e – mentre la pattuglia dei politici cattolico-democratici si estingue – quella cultura è molto diffusa, campeggia in intere realtà diocesane e nella cultura cattolica ha ancora la meglio.

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Violenza di genere: tutto vero?

IL BANDO DEL GOVERNO CHE VUOLE “MAL-TRATTARE” I MASCHI CON LA SCUSA DI CONTRASTARE LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

La violenza di genere è un dispositivo che è utilizzato come arma per annichilire qualsiasi forma di dissenso a favore delle politiche di genere.

 

È online il bando del 20 luglio 2017 del Dipartimento delle Pari Opportunità volto al finanziamento dei progetti orientati alla prevenzione e al contrasto alla violenza di genere.

È interessante notare che il bando finanzierà progetti per 10 milioni di euro e permetterà di supportare attività di sensibilizzazioni rispetto a sei aree d’intervento: donne migranti e rifugiate, inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza, supporto alle donne detenute che hanno subito violenza, programmi di trattamento di uomini maltrattanti, supporto e protezione delle donne sottoposte anche a violenza “economica” e progetti di sensibilizzazione, prevenzione e educazione.

Esaminando attentamente il bando se, da una parte, emerge distintamente l’ideologia che in esso è sottesa e di cui in più occasioni abbiamo fatto stato (confronta per una più estesa trattazione delle strategie politiche dei comitati pari opportunità e delle loro ricadute sociali: G. Cerrelli, M. Invernizzi, La famiglia in Italia dal divorzio al gender, Sugarco, 2017, pp. 235 e ss.),  dall’altra suscita una fondata preoccupazione e un vivo sconcerto la specificazione del contenuto, che è dato nel bando, di due aree di intervento e precisamente
– quella prevista dall’art. 2 lett. C: “Programmi di trattamento degli uomini maltrattanti” e finanziata con un milione di euro e
– quella prevista dall’art. 2, lett. F: “Progetti di animazione, comunicazione e sensibilizzazione territoriale rivolti alla prevenzione della violenza di genere mediante la realizzazione di campagne di comunicazione, educazione, attività culturali, artistiche e sportive, per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini”, finanziata con duemilioninovecento euro. (altro…)

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Le grandi manovre per “repubblicanizzare” l’Italia

Le grandi manovre per “repubblicanizzare” l’Italia

(di Cristina Siccardi

Il 1° giugno di 70 anni fa, vigilia del referendum istituzionale, Pio XII si rivolse al Sacro Collegio e, attraverso la radio, agli elettori italiani e francesi (anche in Francia, infatti, si votava, per le elezioni politiche), con queste allarmanti parole, che presagivano il nostro presente: «Domani stesso i cittadini di due grandi nazioni accorreranno in folle compatte alle urne elettorali.

Di che cosa in fondo si tratta? Si tratta di sapere se l’una e l’altra di queste due nazioni, di queste due sorelle latine, di ultramillenaria civiltà cristiana, continueranno ad appoggiarsi sulla salda rocca del cristianesimo, sul riconoscimento di un Dio personale, sulla credenza nella dignità spirituale e nell’eterno destino dell’uomo, o se invece vorranno rimettere le sorti del loro avvenire all’impassibile onnipotenza di uno Stato materialista, senza ideale ultraterreno, senza religione e senza Dio. Di questi due casi si avvererà l’uno o l’altro, secondo che dalle urne usciranno vittoriosi i nomi dei campioni ovvero dei distruttori della civiltà cristiana. La risposta è nelle mani degli elettori; essi ne portano l’augusta, ma pur quanto grave responsabilità!».

I distruttori della civiltà cristiana, attraverso il referendum istituzionale, vinsero, ma non il 2 giugno nelle urne, bensì diversi giorni dopo, con gli inganni. La notte fra il 12 e 13 giugno, nel corso della riunione del Consiglio dei ministri, il presidente Alcide De Gasperi assunse le funzioni di Capo provvisorio dello Stato repubblicano.

Per Umberto II fu un vero e proprio colpo di Stato e lasciò volontariamente il Paese il 13 giugno, indirizzando agli italiani un proclama, senza attendere la definizione dei risultati e la pronuncia sui ricorsi, che saranno respinti dalla Corte di Cassazione il 18 giugno.

La monarchia in Italia era una minaccia per i rivoluzionari, così come lo era stata per i giacobini: occorreva tagliare la testa al Re. Se il cattolico Luigi XVI era stato ghigliottinato il 21 gennaio 1793, in Italia con il cattolico Re Umberto si decapitò la Monarchia per volontà dei Comunisti, dei Socialisti, di molti democristiani, fra cui lo stesso Alcide De Gasperi in comune accordo con le aspirazioni repubblicane degli Stati Uniti.

Interessante quanto riporta un documento redatto a Roma il 21 marzo 1946 dall’Ambasciatore argentino in Italia, Carlos Brebbia, e indirizzato al Ministro degli esteri dell’Argentina Juan J. Cooke: «Una repubblica turbolenta con maggioranza socialista e comunista, realizzandosi in Roma, costituirebbe una minaccia costante per la cristianità rappresentata dalla autorità spirituale del Papa. L’appoggio del Vaticano a favore della monarchia è ostensibile ed evidente affinché i cattolici sappiano a favore di chi dovranno votare. I vescovi hanno ordinato l’apertura dei conventi di clausura affinché le monache partecipino alle elezioni e durante l’ultimo Concistoro tutti i cardinali presenti a Roma accolsero l’invito del luogotenente  (il Principe Umberto, che diverrà Re dal 9 maggio al 2 giugno 1946) per presenziare a un ricevimento dato in onore dei nuovi porporati nei salotti del Palazzo del Quirinale, al quale assistette il Corpo Diplomatico e l’alta società romana (…). Alcuni si chiedono se le elezioni si terranno veramente il 2 giugno. Si può rispondere affermativamente a meno che ciò non venga impedito da cause esclusivamente interne (…) È da osservare che anche quando la differenza tra monarchici e repubblicani fosse di poca importanza, il fatto che alcune centinaia di migliaia di italiani non abbiano potuto partecipare alla votazione, potrebbe indurre la parte perdente a reclamare l’invalidità dei risultati».

Parlare di Monarchia è ancora un tabù. Il Comunismo in Italia, come altrove, ha lavorato sulla diffamazione, sull’odio e sull’oblio, metodi efficacissimi per depennare le scomodità e le coscienze, così da poter creare rivoluzionari modelli e arrivare a mettere addirittura sul trono dell’opinione pubblica odierna un Marco Pannella, un’incoronazione che ha trovato la sua legittimazione persino nella Santa Sede.

Affermava Palmiro Togliatti nel 1944 a proposito del futuro della monarchia in Italia: «Accantoniamo questo problema, dichiariamo solennemente tutti uniti che questo problema lo risolveremo quando tutta l’Italia sarà stata liberata e il popolo potrà essere consultato, allora vi sarà un plebiscito, vi sarà un’Assemblea Costituente, decideremo allora del modo di liberarsi dall’istituto monarchico, se il popolo vuole liberarsi, di proclamare un regime repubblicano come era nelle nostre aspirazioni».

Le loro intenzioni si sono concretizzate e la mentalità italiana si è trasformata, secolarizzandosi a grandi falcate. Se anche gli italiani in maggioranza erano monarchici, che importava? Se anche le votazioni non si potevano svolgere in Alto Adige (sotto amministrazione alleata), in Venezia Giulia (sotto amministrazione alleata e jugoslava), che importava? Se mancavano all’appello gli abitanti delle province di Zara, Istria, Trieste, Gorizia, Bolzano, che importava? Se mancavano alle urne migliaia e migliaia di militari ancora prigionieri all’estero e gli internati civili, che importava? Era il Regime a decidere, secondo le sue aspirazioni, non il popolo.

Agli elettori furono consegnate sia la scheda del referendum per la scelta fra Monarchia e Repubblica, sia quella per l’elezione dei 556 deputati dell’Assemblea Costituente, cui sarebbe stato affidato il compito di redigere la nuova Carta costituzionale. I votanti furono 24.946.878, pari all’89,08% degli aventi diritto al voto. Questi i risultati ufficiali del referendum: Repubblica 12.718.641 voti, pari al 54,27%; Monarchia 10.718.502 voti, pari al 45,73%; le schede nulle furono 1.509.735 (Fonte: Ministero dell’Interno – Archivio storico delle elezioni). La Monarchia è un nervo scoperto perché fa paura poiché l’Italia era cattolica e monarchica, per essenza.

Tuttavia La Grande Storia di Rai3 oggi non può più negare, come è accaduto nella trasmissione andata in onda il 27 maggio u.s.: 2 giugno 1946 – 70 anni dalla Repubblica (http://www.lagrandestoria.rai.it/dl/portali/site/page/Page-7f9d45d4-8c78-461e-9787-601bf8c90a52.html). Così, mentre si snocciolano documenti che sottendono incongruenze, manomissioni, sottrazioni di voti, nonché grandi manovre orchestrate da Togliatti, da Alcide De Gasperi, dall’allora Ministro degli Interni Giuseppe Romita, allo stesso tempo Paolo Mieli getta acqua sul fuoco e si affretta a dire che non è il caso di guardare ai complotti… ma i toni antisabaudi oggi si sono chetati, perché la vera Storia può essere imbavagliata, ma non uccisa: ormai ci sono troppe documentazioni e testimonianze che attestano ciò che avvenne 70 anni fa.

I seggi si chiusero alle 14.00 del 3 giugno. Lo spoglio non iniziò con le schede della scelta istituzionale, bensì con quelle dei deputati all’Assemblea Costituente e 35% dei suffragi andò alla Democrazia Cristiana. Le operazioni referendarie furono gestite da tre ministri di sinistra del primo gabinetto De Gasperi: il ministro per la Costituente, il socialista Pietro Nenni, per l’Interno Romita e per la Grazia e Giustizia Togliatti. Presero a dipanarsi ore elettrizzanti. Dopo un accentuato ritardo nell’afflusso dei verbali da parte del Ministero della Giustizia, nelle prime ore del 4 giugno la percentuale repubblicana si collocava fra il 30 e il 40 %.

Dirà Romita: «… le cifre erano lì, col loro linguaggio inequivocabile! (…) Non era possibile eppure era vero, verissimo, paurosamente vero: la monarchia si presentava in netto vantaggio. Mi accasciai nella poltrona (…) Il telefono squillò più volte (…) La monarchia sta vincendo, mormorai… Che cosa avrei detto a Nenni, a Togliatti, a tutti gli altri che non volevano l’avventura del referendum?» (M. Caprara, L’ombra di Togliatti sulla nascita della repubblica. Le pressioni del Guardasigilli sulla Corte di Cassazione, in Nuova Storia Contemporanea, 6 (novembre-dicembre 2002), p. 135).

Il Sud era per la maggioranza monarchico, il Nord repubblicano. C’era stata fretta nell’indire il referendum per due ragioni: mancavano moltissimi all’appello, come si è detto, inoltre non si voleva dare l’opportunità a Umberto II, molto amato dal popolo, di dargli tempo per una campagna elettorale a proprio favore. Il Re, infatti, ebbe soltanto 40 giorni appena, ma non si risparmiò e riempì le piazze. Umberto II, che aveva un’immagine pubblica diversa e affabile rispetto a quella del padre, era incapace di finzioni a causa della sua profonda rettitudine morale, della sua signorilità ovunque e comunque, ma anche della sua profonda fede cattolica.

Sarebbe bastato un suo ordine per scatenare una nuova guerra civile, tutta l’Arma dei Carabinieri sarebbe stata al suo fianco, così come le truppe del generale polacco Władysław Anders. Ma rifiutò a priori di versare altro sangue sulla patria. La coscienza innanzi a tutto. Pio XII dimostrò la sua benevolenza: al Re, espropriato dallo Stato italiano di tutti i suoi beni, donò una somma di denaro per i primi duri tempi dell’esilio in Portogallo.

Papa Pacelli, quel 1° giugno, aveva ancora dichiarato: «Da una parte (…) è lo spirito di dominazione, l’assolutismo di Stato che pretende di tenere nelle sue mani tutte le “leve di comando” della macchina politica, sociale, economica, di cui gli uomini, queste creature viventi, fatte ad immagine di Dio e partecipi per adozione della vita stessa di Dio, non sarebbero che ruote inanimate. Da parte sua, invece, la Chiesa si erge serena e calma, ma risoluta e pronta a respingere ogni attacco. Essa, madre buona, tenera e caritatevole, non cerca, no! la lotta; ma appunto, perché madre, è più ferma, indomita, irremovibile, con le sole forze morali del suo amore, che non tutte le forze materiali, quando si tratta di difendere la dignità, l’integrità, la vita, la libertà, l’onore, la salute eterna dei suoi figli. (…) Noi proviamo, anche più sensibilmente che d’ordinario, un immenso dolore nel mirare la società umana più che mai allontanatasi da Cristo, e al tempo stesso una indicibile compassione allo spettacolo delle calamità senza precedenti, con cui essa è afflitta a cagione della sua apostasia. Perciò Ci sentiamo mossi ad elevare di nuovo la Nostra voce per ricordare ai Nostri figli e alle Nostre figlie del mondo cattolico l’ammonimento che il Salvatore divino non ha cessato di inculcare attraverso i secoli nelle sue rivelazioni ad anime privilegiate che si è degnato di scegliere per sue messaggiere: Disarmate la giustizia punitrice del Signore con una crociata di espiazione nel mondo intero; opponete alla schiera di coloro, che bestemmiano il nome di Dio e trasgrediscono la sua legge, una lega mondiale di tutti quelli che Gli rendono l’onore dovuto e offrono alla sua Maestà offesa il tributo di omaggio, di sacrificio e di riparazione, che tanti altri Gli negano».

Nello Statuto Albertino, in vigore fino al 1948, stava scritto all’Art. 1: «La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi». Mentre con l’Art. 1 della Costituzione venne stabilito che: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». L’«impassibile onnipotenza di uno Stato materialista», come aveva paventato il Sommo Pontefice, «senza ideale ultraterreno, senza religione e senza Dio», era stata ufficialmente sancita.

(Cristina Siccardi)

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Il film sulle stragi partigiane rifiutato dalle sale

Il Segreto d’Italia: il film sulle stragi partigiane rifiutato dalle sale italiane

l “Segreto d’Italia” tratta un argomento molto forte, controverso, sul quale hanno taciuto la gran parte dei media e degli addetti ai lavori italiani. Il film di Antonello Belluco parla dell’eccidio di Codevigo compiuto dalle brigate partigiane. Una verità scomoda, taciuta per settant’anni sulla quale i nostri governanti hanno costruito le fondamenta del loro potere. Nessuna sala, tranne una di Padova, ha voluto proiettare il film, nessuna distribuzione ha voluto investire e credere nel prodotto, nessun critico, giornalista o addetto ai lavori ha espresso un giudizio. Tutti zitti, “tengo famiglia”. Tuttavia noi vogliamo dare luce a questa scomoda vicenda sperando che il regista riesca, in qualche modo, come la Guzzanti, a trovare un metodo alternativo di distribuzione, noi speriamo di poterlo vedere e di poter coinvolgere qualche cinema “amico” della nostra testata, facendo in modo che lo proietti. In bocca al lupo al regista, ha tutto il nostro sostegno perché non esistono “verità diverse” ma l’unica verità, quella che i morti assassinati sono tali, da qualunque parte vengano uccisi.

Di seguito il comunicato stampa di Antonello Belluco:

IL SEGRETO DI ITALIA.

Sul film “Il Segreto di Italia” di cui sono regista, come su tutto, ciascuno è libero di dire la sua. Deve essere chiaro però che, un giudizio che possa vantare credito in merito ad un lavoro cinematografico deve provenire esclusivamente dai due soggetti che sono titolati a rilasciarlo.

Il primo sono i critici cinematografici. Questi hanno per lo più taciuto, ovviamente tengono famiglia: il film non è politicamente corretto o meglio… potremmo dire non è allineato con settanta anni di vulgata storica fatta solo di buoni e cattivi su cui si sono arroccati i poteri forti nel nostro Paese.

Il secondo soggetto è il pubblico il quale, per la terza settimana, sta riempiendo l’unico cinema nel quale IL SEGRETO DI ITALIA è attualmente programmato: The Space Cinema di Limena di Padova.

Questi sono i fatti. Se due esponenti padovani dell’Associazione Nazionale Partigiani, scrivono che è un film “brutto e dilettantesco” il giudizio, io dico, non ha valore artistico ma solo politico; e se i giornalisti conformisti riprendendo questi giudizi e pontificano che le distribuzioni non lo vogliono per tale motivo, ingannano l’opinione pubblica come hanno sempre fatto per settanta anni e ancora fanno, per difendere un sistema.

La verità è che per andare nelle sale cinematografiche a dicembre ci vuole un portafoglio colmo di soldi da anticipare alle distribuzioni, soldi che Il Segreto di Italia non ha.

Questa è l’Italia, un Paese dove dalla fine dell’ultima guerra si è nascosto un eccidio efferato di uomini e donne e se qualcuno ne parla, facendo un film, quell’opera è già una “schifezza”.

E se più di 3000 persone che lo hanno già visto lo hanno giudicato eccellente? Allora sono tutti di Forza Nuova e di Casa Pound.

In questo paese registi del “sistema”, spendono, certo non di tasca propria, milioni e decine di milioni di euro per fare un film. Il Segreto di Italia ha avuto venticinquemila euro dalla Regione Veneto, il resto, per arrivare complessivamente a meno di duecentocinquantamila euro, è arrivato dalla generosità di contributi privati.

Se i critici tacciono il pubblico apprezza.

Esponenti dell’ANPI, per lo più oramai costituita da “partigiani” nati a guerra finita, ma che sopravvivono grazie a una montagna di soldi succhiata dalle nostre tasse, denigrino pure il mio film. Io ho parlato di argomenti dei quali ci voleva coraggio a parlare, l’ho fatto con il cuore e senza budget in tasca, mentre a sparare sentenze a spese dello Stato sono capaci tutti.

Il film ci è stato richiesto in varie città per gennaio. E’ una lenta macchia d’olio che arriverà ovunque. Abbiate pazienza e aiutateci nelle vostre zone proponendolo agli esercenti.

Ad aprile/maggio uscirà il Dvd, il libro sul percorso del film e il cd della colonna sonora.

Stiamo lavorando perché questo progetto di verità continui: “ROSSO ISTRIA” è la sceneggiatura che andremo a realizzare il prossimo anno, salvo impedimenti, per parlare delle foibe.

Lavoriamo perché sia riconosciuta la verità e su questa progettare il senso di identità, unità e pace che caratterizza un popolo come il nostro.

Buon Natale a tutti voi!

Antonello Belluco

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Un saggio nega la tragedia delle Foibe

Il libro dello scandalo
che "occulta" le foibe

Lo storico sloveno Pirjevec fa riesplodere le polemiche sull’eccidio di migliaia di italiani da parte di Tito, con il libro Foibe. Una storia italiana, in cui l’autore nega che la tragedia delle foibe sia da attribuirsi alla volontà di effettuare una pulizia etnica premeditata, frutto di un’azione politica che voleva eliminare quanti si opponevano all’annessione alla Jugoslavia dopo la fine della seconda guerra mondiale. In Friuli Venezia Giulia il centrodestra chiede una commissione d’inchiesta: "Quel saggio è negazionista". L’autore ripesca le tesi giustificazioniste dei comunisti e riduce il numero delle vittime…

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«Casini» in casa Udc

Casini e lo sfregio ai vertici della Chiesa

L’Udc-Casini si allea prima con la Bresso in Piemonte e poi anche con Burlando in Liguria. Provocando così una certa irritazione negli ambienti ecclesiastici e non solo. E non a torto. La Regione Liguria, ad esempio, ha approvato da poco una legge con le «Norme contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere» in cui si equiparano le famiglie fondate sul matrimonio a quelle omosessuali nell’accesso, ad esempio, ai servizi abitativi. Secondo autorevoli indiscrezioni, Ruini avrebbe parlato con il segretario del partito, Lorenzo Cesa, nel tentativo di far rientrare l’appoggio a Burlando, ma invano… Sarà bene tenerne conto al momento del voto, proprio per evitare ulteriori «casini»…

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L’atea e il monsignore a confronto…

"Dio esiste":
il vescovo sfida la scienziata

Faccia a faccia tra Margherita Hack, atea di ferro e presidente onorario dell’Uaar, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, e monsignor Giuseppe Zenti, vescovo di Verona, che attacca: "Il vero ateo è l\’egoista". L\’astrofisica ribatte: "I cristiani dovrebbero essere più cristiani". Ma alla fine né vincitori né vinti…

 

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Si apre l’autostrada dell’eutanasia?

Un chiaro NO
alla legge sul testamento biologico
 
Il Parlamento italiano sta per discutere e votare una proposta di legge sul cosiddetto “fine vita”. Il Comitato Verità e Vita intende esprimere – in forma pubblica e argomentata – un giudizio decisamente negativo sul testo di legge già approvato dal Senato della Repubblica. A questo scopo, Verità e Vita promuove un Manifesto Appello, aperto all\’adesione di tutti coloro che non approvano i contenuti e gli effetti di questa legge, e che quindi auspicano non diventi mai legge dello Stato. Nonostante alcune apparenze e alcuni espedienti linguistici, l\’approvazione della cosiddetta “legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento” costituirebbeun ulteriore passo nella direzione della cultura di morte, e aprirebbe la strada all\’eutanasia legalizzata.
L\’Italia non ha proprio bisogno di questa legge.
 

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Ebrei divisi sul Papa

"Visita del Papa negativa",
secondo il Rabbino Laras

«La visita del Papa alla sinagoga di Roma è un fatto negativo». È una posizione dura quella espressa dal presidente dell\’Assemblea rabbinica italiana Giuseppe Laras, che domenica non parteciperà alla storica cerimonia nel Tempio maggiore di Lungotevere De\’ Cenci. Secondo il presidente dei rabbini italiani, che ha rilasciato un\’intervista al Juedische Allgemeine Zeitung, giornale della comunità ebraica tedesca, nulla di positivo può derivare dalla visita di Benedetto XVI, «né per il dialogo ebraico-cattolico, né per il mondo ebraico in genere. L\’unica che potrà trarne vantaggio sarà la Chiesa, in particolare nelle sue correnti più retrive. Qualora si verificasse un nuovo motivo di attrito con il mondo ebraico, potrà servirsi di questo evento per ribadire ed esibire la sua sincera amicizia nei nostri confronti». Aggiungendo: «Durante l\’attuale pontificato, il \’rapporto fraterno\’ è diventato sempre più debole». E l\’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Mordechai Lewy, ha rincarato la dose: «L’antigiudaismo cattolico esiste ancora».
Per la cronaca
: il presidente della Comunità ebraica romana Riccardo Pacifici, che accoglierà il Papa insieme al rabbino capo della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, ha dichiarato recentemente di avere da anni la tessera del partito radicale… È proprio una bella compagnia.
AUGURI, SANTO PADRE!

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