Weigel: «Il peso dell’etica nel voto per la Casa Bianca»

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«I democratici stanno diventando simili ai partiti della sinistra europea, con la tendenza al secolarismo progressista. Tra i conservatori però c’è una componente libertaria, e sui temi sociali pesa l’influenza del mondo degli affari»

Di Alberto Simoni


Nel 1960 milioni di cattolici americani votarono per il candidato democratico alla presidenza, John Fitzgerald Kennedy, il primo fedele alla Chiesa di Roma a varcare la soglia della Casa Bianca. Oggi il clima negli Stati Uniti è diverso. Moltissimi cattolici sembrano aver voltato le spalle al partito democratico e si stanno avvicinando ai repubblicani, tradizionale feudo del composito mondo protestante.
«Certo – ha scritto su America Magazine George Weigel, teologo statunitense noto per la sua biografia di Giovanni Paolo II – il Gop non è la dimora ideale per i cattolici. La sua componente libertaria desta preoccupazione per la difesa dei valori della vita; inoltre, la corrente che rappresenta il mondo del business è poco attenta alle tematiche sociali. Tuttavia, la sua piattaforma oggi rispecchia meglio di quella democratica i valori espressi dal cattolicesimo».
Un’analisi confermata da recenti sondaggi, secondo i quali gran parte del voto cattolico il 2 novembre confluirà sul metodista George W. Bush, anziché su Kerry, anch’egli, come il più celebre Jfk, cattolico del Massachusetts.
La sintonia del senatore di Boston con il mondo ecclesiale non è piena. Martedì scorso ad esempio il New York Times ha ospitato un lungo intervento dei vescovi americani i quali hanno bacchettato Kerry per la sua posizione a favore dell’aborto. «È stato un intervento importante – spiega Weigel ad Avvenire – che ha posto fine a un lungo dibattito in seno alla Chiesa statunitense e, soprattutto, ha avuto l’effetto di richiamare i cattolici alle proprie responsabilità. Ci sono valori e criteri da seguire nell’esprimere la preferenza. Ma i vescovi non hanno detto alla gente per chi votare».
Aborto, eutanasia, ricerca sulle cellule staminali embrionali, unioni omosessuali. Su questi temi, Bush è più vicino alle preoccupazioni dei cattolici di Kerry. Ma basteranno per convincerli a sceglierlo il 2 novembre?
I cattolici stanno cominciando a capire che il presidente metodista condivide gli stessi loro valori di libertà e di società giusta, a differenza di Kerry, la cui ignoranza degli insegnamenti della Chiesa è – a mio parere – abissale. Inoltre l’insegnamento del Santo Padre, della Congregazione per la Dottrina della Fede e dei vescovi statunitensi dice che i temi dell’aborto e dell’eutanasia devono essere prioritari nel formare la coscienza dell’elettore. Il senatore Kerry ha votato sei volte per mantenere in vigore la barbara pratica dell’aborto tardivo, a tutti gli effetti un infanticidio. Questo dovrebbe attirare l’attenzione dei cattolici.
Bush però è un sostenitore della pena di morte…
Ci possono essere sfumature di opinione fra i cattolici sull’uso della pena capitale come mezzo di autodifesa per la società. Ma sull’aborto e l’eutanasia non possono esserci distinguo.
L’agenda politica di Kerry è attenta alle esigenze delle classi meno abbienti, dei diritti dei lavoratori e degli immigrati. Temi che toccano la sensibilità dei credenti…
La piattaforma del senatore è tipicamente di sinistra. Non contiene nulla di buono – a mio avviso – per poveri e immigrati.
In Europa molti cattolici si sono espressi contro la guerra in Iraq. L’immagine di Bush è macchiata dalla sua politica aggressiva adottata in Medio Oriente. Che presa ha avuto la guerra del Golfo invece sulla comunità cattolica Usa?
Molti hanno sostenuto l’approccio che il presidente Bush ha avuto nella guerra al terrorismo. Fra gli “issues” considerati importanti dai cattolici un posto importante lo occupa proprio la lotta contro l’estremismo. Su ciò il presidente ha una visione di ampio respiro, quella che manca al suo rivale.
Che cosa significa concretamente?
Prendiamo ad esempio l’approccio verso il Medio Oriente. Kerry propone le stesse idee degli ultimi 60 anni, tutte sono fallite. Il presidente invece ha avuto il coraggio di immaginare un destino diverso per quella parte di mondo. La guerra in Iraq rientra in questa visione. L’unico modo per “contenere” Saddam – lo dice anche il rapporto sulle armi di distruzione dei massa degli ispettori Usa – era toglierlo di mezzo. Ci sono molte critiche, legittime, su come quella visione possa o debba essere tradotta in pratica, ma il fatto rimane il medesimo. Kerry è un “reazionario”, Bush è un rivoluzionario.
Torniamo al rapporto fra cattolici e politica. Quando è iniziato l’avvicinamento verso il Partito repubblicano?
Prima di tutto, non è corretto dire che il mondo cattolico Usa si sia schierato sempre dalla parte dei democratici. Ha anzi sostenuto massicciamente sia Eisenhower sia Reagan. Comunque, i primi segnali di svolta risalgono al 1972 quando i democratici cominciarono ad essere identificati come il «partito dell’aborto». Il sì all’aborto è un virus che lentamente ma inesorabilmente ha corroso la sinistra Usa. Inoltre progressivamente i democratici hanno iniziato a premere per l’eutanasia e, soprattutto oggi, le unioni omosessuali. Rigettano l’insegnamento delle encicliche papali, dalla Centesimus Annus alla Evangelium Vitae.
Non teme in futuro la nascita di una contrapposizione negli Usa fra un partito repubblicano “religioso” e uno democratico laicizzato…
È una possibilità reale, e mi preoccupa. Però è innegabile che i democratici stiano diventando simili ai partiti della sinistra europea, con la tendenza al secolarismo progressista.


(C) Avvenire, Domenica 17 ottobre 2004