Ultraliberal, pro-aborto, cattolicissima. Chi è?

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Astro nascente in USA
NANCY PELOSI,
LA «CATTO-SCHIZO»
I cultori dell’anti-ecclesialese si vedono costretti a coniare il termine «catto-schizo» per definire la categoria di quei «cattolici transgenici» prodotti nei laboratori del potere globalista…


Nancy D’Alessandro Pelosi, del Partito Democratico è risultata uno dei personaggi-simbolo di queste elezioni in USA. È infatti la prima donna a divenire Speaker of the House, l’equivalente del nostro Presidente della Camera, la seconda più alta carica istituzionale dopo il vicepresidente. Ha  66 anni più il lifting, di origini italiane, sposata con il miliardario Paul Pelosi, madre di cinque figli. Nancy è l’ottavo più ricco membro del Congresso degli Stati Uniti. Da anni è impegnata in campagne contro l’Aids e in difesa dei diritti umani in Cina; si dice «cattolicissima», ma assai «liberal». Vanta lo slogan «la famiglia come un valore», ma è favorevole ai matrimoni omosessuali, senza ovviamente dimenticare la rocciosa difesa del diritto delle donne ad abortire. Una «catto-schizo» (con una Z). Per tutto questo i suoi elettori ultraliberal di San Francisco le hanno tributato l’80% dei voti. In questi giorni ha ricevuto anche dai mass media nostrani giudizi lusinghieri, persino l’ottima agenzia AsiaNews ne ha parlato positivamente, ma senza mettere in chiaro i suoi lati oscuri… Una svista, probabilmente.

1. Nancy Pelosi, apripista per Hillary
2. Nancy l’italiana sale in cima al Congresso
3. Nancy, il possibile “mal di testa” per Pechino
4. Per capire meglio chi è il «catto-schizo»

1.


NANCY PELOSI, APRIPISTA PER HILLARY
La leader democratica italo-americana sarà la prima donna a presiedere la Camera. Cattolica ma assai «liberal», è a favore dell’aborto


Lei è tutto e il contrario di tutto. Un po’ Hillary e niente Condi. Democratica sì, liberal di più. La prima donna a presiedere la Camera, la seconda, o addirittura la terza, nella hit del partito. Cattolica ma a favore dell’aborto. Come Kerry, peggio di Kerry. Nancy Pelosi il «solito» sogno americano dell’immigrato che si avvera. Buono per i giornali e gli slogan elettorali. «Sono molto fiera delle mie origini italiane», non smette di sottolineare la signora Nancy D’Alessandro, maritata Pelosi. Origini troppo lontane per lasciare una traccia che vada al di là di un cognome latino. La sua famiglia è da almeno due generazioni nel salotto buono della società americana. Il padre è stato sindaco di Baltimora, lei ha potuto permettersi le università più costose e prestigiose. Un’infanzia e un’adolescenza da privilegiata sfociata in scelte politiche radical-chic. Si è battuta contro le lobby di Washington, la guerra in Iraq, gli abusi commessi nella guerra al terrorismo e la mancata ratifica del protocollo di Kyoto. E nella sua prima uscita dopo il voto ha chiesto la testa di Rumsfeld. Subito accontentata. Una politica populista e popolare che racchiude tutte le contraddizioni dei democratici. Per i repubblicani è una sorta di «diavoletto rosso» e il colore non per niente casuale. Una liberal spietata che aumenterà le tasse, taglierà i fondi per l’Iraq, applicherà una deregulation sulle questioni sociali. In ogni caso già da ora può vantare un primato: è l’italo-americana che è salita più in alto nella politica americana. Prima di lei ci aveva provato, nel 1984, Geraldine Ferraro. L’obiettivo, addirittura, la vicepresidenza degli Stati Uniti in un ticket con Walter Mondale che venne stritolato dal Ronald Reagan II. La Pelosi ha capito la «lezione». Difatti ci ha impiegato anni, adesso ne ha sessantasei, prima di lanciare il guanto della sfida e lo ha fatto quando era quasi sicura di farcela. Passa per una donna determinata con un carattere che sconfina nella durezza verso collaboratori e avversari. Vive e lavora in California, a San Francisco, la città più europea delle West Coast e anche la più liberal. Un’atmosfera che non può non aver influenzato anche le scelte della signora Nancy. Cinque figli e la «famiglia come un valore» spiega. Ma anche questa frase sa tanto di slogan per rassicurare gli elettori. «Gli americani hanno parlato in favore di una nuova direzione – ha commentato non appena eletta – Mantenere la barra in Iraq non ha funzionato». Poi ha esortato Bush «ad ascoltare la voce del popolo». La deputata californiana, al quale il presidente ha telefonato per farle le sue congratulazioni, ha tuttavia espresso l’auspicio di poter lavorare assieme al presidente. «I democratici sono pronti alla guida – ha detto – Siamo preparati a governare in maniera bipartisan». Poi con un’enfasi un po’ eccessiva – ma ha vinto e va capita – ha promesso: «I democratici intendono guidare il più onesto, aperto ed etico Congresso della storia».

di Carlo Baroni
AVVENIRE Giovedì 09 novembre 2006



2.


Nancy l’italiana sale in cima al Congresso
Democratica, ultra liberal, cattolicissima, la Pelosi è la prima donna speaker della Camera. Aveva appena chiesto la testa di Rumsfeld


Ci sono fotografie, anche semplici istantanee, che oltre a fermare il presente, facendolo così diventare immediatamente passato, racchiudono un pezzo di futuro. La più famosa è quella di un imberbe studentello dell’Arkansas, tale Bill Clinton, immortalato nel ’63, in gita scolastica a Washington, mentre stringe la mano al suo idolo, il presidente John Fitzgerald Kennedy, nel Giardino delle rose della Casa Bianca. E la storia ci dice che trent’anni dopo, e per due mandati, dal ’93 al 2001, proprio quel Bill Clinton sarebbe ritornato a Washington, ma come 42º presidente degli Stati Uniti.
Anche Nancy Pelosi, la giovanile 66enne signora californiana ormai de facto speaker della Camera dei deputati (ritornata come del resto anche il Senato in mano al Partito democratico nelle elezioni di medio termine) conserva nel suo ufficio una foto in bianco e nero dal contenuto profetico. Lei vi compare, bambina, sul sedile posteriore di una vettura scoperta che sfila nelle vie di Baltimora nei festeggiamenti per l’elezione a sindaco di Thomas D’Alesandro jr. Ovvero suo padre, già congressman e rimasto poi per 12 anni alla guida dell’importante metropoli del Maryland. Una poltrona che molti anni più tardi sarebbe stata ricoperta anche dal fratello di Nancy, Thomas D’Alesandro III.
Quella vecchia fotografia dice però molto altro, come ha rivelato la stessa congressista in un’intervista concessa nell’ottobre scorso alla rete tv Cbs. Da quel padre, democratico convinto e abile uomo di amministrazione, lei apprese – quasi respirandoli – i segreti per muoversi nei meandri della politica; mentre da mamma Annunciata, un donnone statuario divenuta poi Nancy per gli americani, lei ereditò non soltanto il nome di battesimo, ma anche la quasi militaresca capacità di organizzare campagne elettorali. Mestiere nel quale Nancy, come testimoniano i perenni fiatoni e le profonde occhiaie dei suoi collaboratori, pare abbia davvero pochi eguali.
Certo, per buona metà degli americani, esclusi i californiani dell’8° distretto e in particolare i suoi elettori ultraliberal di San Francisco che le hanno tributato l’80% dei voti, la signora Pelosi è rimasta per tutta la campagna elettorale «Nancy who? Nancy chi?», cioè un oggetto in buona parte misterioso.
Anche se lei pare ripromettersi fin da subito – ha iniziato già ieri, chiedendo (e indirettamente ottenendo) la testa del ministro della Difesa Donald Rumsfeld – di uscire rapidamente da questo anonimato. E se non dovesse bastare la repentina uscita di scena del superfalco, ce n’è e ne avanza, nel suo programma elettorale, per fare sapere all’America chi è e come la pensi questa madre di cinque figli (Nancy Corinne, Christine, Jacqueline, Paul e Alexandra) e nonna di altrettanti nipoti. Un pacchetto, il suo, battezzato evocativamente New Direction e centrato su pochi punti fermi: aumento a 7,25 dollari l’ora del salario minimo (fermo a 5,15 dal ’96), taglio dei prezzi dei farmaci nel programma sanitario per i pensionati e soprattutto «una nuova direzione per uscire in Irak». Senza dimenticare la rocciosa difesa – lei, cattolicissima – del diritto delle donne ad abortire. Una cosa da far inorridire i fondamentalisti religiosi del Sud, ma anche una parte – i cosiddetti blue dogs – dei democratici più conservatori.
Del resto è quanto mai doveroso che tutti gli americani imparino in fretta chi è la Pelosi dal momento che il suo ruolo di speaker del Congresso farà di lei, in base alla Costituzione, la terza figura istituzionale americana. Nel senso che se per un bizzarro, quanto più che improbabile scherzo del destino, dovessero venire a mancare contemporaneamente George Bush e il suo vice Dick Cheney, a sedersi sulla poltrona più alta della Casa Bianca sarebbe proprio lei, Nancy Pelosi.
La cui biografia, oltre a citare la laurea al Trinity college di Washington nel ’62, ricorda il matrimonio con il californiano Paul Pelosi, oggi uno dei maggiori investment banker statunitensi. Il patrimonio della coppia, valutato circa 25 milioni di dollari, fa inoltre di Nancy l’ottavo più ricco membro del Congresso degli Stati Uniti.

di Guido Mattioni
Il Giornale n. 268 del 12-11-06 pagina 5




3.


Nancy Pelosi, il possibile “mal di testa” per Pechino
La nuova presidente del Congresso è conosciuta come nemica della Cina sui diritti umani. La stampa cinese: “è piena di pregiudizi”. Taiwan esulta


Pechino (AsiaNews/Scmp) – I media cinesi non si sono dati pena per le elezioni americane, ma sono molto imbarazzati per l’ascesa di Nancy Pelosi, conosciuta come una “pasionaria” dei diritti umani in Cina. Tanto che qualche analista prevede più frizioni in futuro fra Pechino e Washington.
La Pelosi, nuovo presidente della Camera, ha una lunga storia di aperto conflitto con la Cina sui diritti umani. Nel 1991, in piazza Tiananmen, dove avvenne il massacro degli studenti nell’89, è riuscita a portare e sventolare uno striscione con la scritta “A coloro che sono morti per la democrazia in Cina”.
Per tutti gli anni ’90 è sempre stata contraria a concedere alla Cina lo status di ”nazione favorita” (una serie di facilitazioni nelle importazioni e nelle tasse. Tale condizione è scomparsa con l’entrata della Cina nel Wto); ha sempre chiesto la liberazione di tutti i dissidenti e si è opposta alla candidatura di Pechino alle Olimpiadi del 2008.
Secondo il prof. Jin Canrong, esperto di rapporti internazionali all’università Renmin di Pechino, la rinascita democratica e l’ascesa di Nancy Pelosi “potrebbero influenzare la politica Usa verso la Cina”. Xia Yishan, ricercatore al China Institute of International Studies prevede “grande enfasi sulle politiche di commercio e sui diritti umani. I democratici sono più protezionisti e la signora Pelosi è conosciuta per le sue critiche infuocate alle violazioni sui diritti umani in Cina”.
Pechino teme che gli Usa riprendano una politica che difenda maggiormente i prodotti americani con tasse e verifiche dei copyright sui prodotti cinesi. Già ieri il democratico Charles Ranger ha minacciato alcuni passi contro il “dumping” e contro il “commercio non onesto”. Fra i democratici si vocifera che la Pelosi potrebbe riprendere e far approvare una legge – presentata quest’anno e poi accantonata – che impone una tassa del 27,5% su tutti i prodotti cinesi per il mancato apprezzamento del valore dello yuan, che la comunità internazionale giudica sottostimato.
In Cina il Quotidiano del popolo non ha dato molto spazio alla Pelosi. Ma lo Shanghai Morning Post l’ha definita “piena di pregiudizi” verso la Cina. In compenso la sua ascesa è vista in modo positivo da Taiwan. “Siamo felici per la sua elezione e le offriamo le nostre congratulazioni di cuore”, ha detto David Wang Chien-yeh, ministro degli esteri di Taiwan. “Da parlamentare ha sempre dato molta importanza ai diritti umani e alla democrazia. Questo è in linea con quanto Taiwan vuole promuovere in Cina”. Nancy Pelosi ha visitato Taiwan nel 1999.

AsiaNews 10 novembre 2006   
http://www.asianews.it/view.php?l=it&art=7718



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