Il “fattore C” rimosso dalla storia
di Antonio Socci
C’è da temere che il progetto che mira a “preparare gli italiani al 150° anniversario dell’unità d’Italia” sia una grande occasione sprecata per riappropriarsi della storia e dell’identità di un popolo bimillenario…
Carlo Azeglio Ciampi ha il grande merito di aver restituito la Presidenza della Repubblica alla sua neutralità. È tornata ad essere simbolo di unità della nazione, dopo che il suo predecessore – probabilmente il peggior presidente della storia repubblicana – ne aveva fatto un elemento di spaccatura del Paese di contrapposizione ideologica.
Detto questo ci sono scelte particolari del Quirinale che possono serenamente e civilmente essere discusse. Per esempio, immaginare di celebrare “Le radici della nazione ” italiana prescindendo dal cristianesimo e dalla Chiesa è un po’ come fare la storia del popolo arabo prescindendo dall’Islam o della storia dell’India ignorando l’Induismo.
Il Corriere della Sera – che sembra quasi il “giornale-partito” del Quirinale – ha illustrato un progetto chiamato appunto “Le radici della nazione” il quale mira a “preparare gli italiani al 150° anniversario dell’Unità”. Progetto ambizioso, ma anche discutibile, se sono attendibili le anticipazioni del “Corriere”.
Recita testualmente il quotidiano: “Carlo Azeglio Ciampi ha suggerito un percorso progressivo, messo poi a fuoco dal ministero per i Beni culturali, che ha calendarizzato una serie di grandi mostre annuali”.
Già questa ricostruzione incuriosisce. Il capo dello Stato è forse diventato un consulente del ministero? O il ministero è diventato il braccio esecutivo del Quirinale? In entrambi i casi si resta molto perplessi.
Invece il “Corriere” c’informa che il progetto è quello di Ciampi. Non a caso i due pezzi forti del “piano” sembrano essere le celebrazioni di Mazzini e di Garibaldi. Pur rispettando la loro mitologia, cara a qualcuno, non sono certo loro i protagonisti di duemila anni di storia del popolo italiano, Anzi, Mazzini non è in protagonista neanche dell’Unità d’Italia: sarebbe stato più serio, nel caso, celebrare Vittorio Emanuele II o Cavour.
C’è dunque da temere che questa sia una grande occasione sprecata per riappropriarsi la storia e l’identità di un popolo bimillenario. Giacché la nazione italiana esiste già da molti secoli e non si doveva certo aspettare che la penisola fosse conquistata – con la forza militare e poi con la violenza di un centralismo prefettizio imposto senza centralità democratica – da una piccola dinastia semifrancese come i Savoia, per poter parlare di “nazione italiana”.
Conquista piemontese perpetrata per altro con una dura aggressione alla Chiesa Cattolica che – nei suoi aspetti tuttora “censurati” (arresti di vescovi, esproprio e spoliazione della Chiesa), – prefigurava ciò che nel Novecento avrebbero fatto nell’Europa dell’Est i regimi comunisti.
Del progetto illustrativo illustrato dal “Corriere” dunque colpisce proprio la “rimozione” del “fattore C” (C come Cristianesimo).
Intanto il comitato scientifico è composto da di studiosi e di storici certamente rispettabili e competenti, ma nessuno dei quali è di formazione cattolica. Mi sembra che siano riconducibili tutti alle tradizioni laiche e progressiste, che – con tutto il rispetto – rappresentano solo una parte del popolo italiano.
La stessa preoccupante “censura” si coglie nel progetto, un percorso in “otto tappe”, ogni anno una “grande mostra”, fino al 2011, anno giubilare dello Stato, che rappresenterebbe il culmine delle celebrazioni. I temi di tali mostre (a cui si affiancano appunto le celebrazioni per Mazzini e Garibaldi) prescindono dalla storia cristiana del popolo italiano, con l’apparente eccezione della mostra. Eccezione solo apparente, perchè questo approccio al Cristianesimo è appunto quello tipico del laicismo risorgimentale. Cosicchè siamo sempre al medesimo punto.
Colpisce sinceramente il provincialismo culturale di un tale progetto. Una nazione come l’Italia che è stata al centro della storia mondiale già venti secoli fa, con la Roma imperiale, che è poi diventata il cuore della cristianità planetaria, un’Italia che ha rappresentato la culla della civiltà con il medioevo e con il Rinascimento, viene ridotta – par di capire – all’unificazione sabauda del Paese, oltretutto raccontata in modo a dir poco discutibile (o discusso, almeno da una forza di governo come la Lega Nord).
Era giusto aspettarsi idee grandi, nuove e diverse. Peccato. Se le cose andranno come il “Corriere” prefigura, sarà l’ennesima grande occasione sprecata. L’occasione che avevamo per raccontare al mondo un antico Paese che il mondo ama da sempre. E l’occasione per “ritrovare” in una comune identità consapevole e fiera, quei 50-60 milioni di italiani che sono sparsi per il pianeta. Letteralmente un'”altra Italia”. Sono anche loro la nazione italiana? O no?
Post Scriptum. Il titolo della pagina del “Corriere” è: “Otto secoli d’Italia. Le radici della nazione.”. Otto secoli d’Italia? Chi ha deciso che l’Italia non esisteva prima del 1200? E cosa avrà inteso dire Virgilio quando, per 51 volte, nell’Eneide (il poema dell’Impero Romano) parla dell’Italia? E – dantescamente parlando – “quella Roma onde Cristo è romano” non dice nulla in via Solferino? Eppure diceva molto a Mazzini…
Il Giornale 24/05/2004