Rosy Bindi, neo-ministro della Famiglia…

La cattolica Bindi apre alle unioni civili e alla revisione della legge 40



1) Nel pugno di Rosy di Massimo Introvigne


2) «Diritti alle coppie di fatto, anche pubblici» intervista a Rosy Bindi


 

1) Nel pugno di Rosy


A Rosy Bindi, neo-ministro della Famiglia, brucia da anni l’impietosa e senza dubbio troppo cattiva battuta di Vittorio Sgarbi che la definì «più bella che intelligente». Se i cattolici non fossero doverosamente animati da una paziente carità, da oggi dovrebbero definirla «più bella che cattolica».
Dopo essersi detta «consolata» dall’apprezzamento del cardinale Ruini per l’istituzione di un ministero dedicato alla famiglia, la «Rosy nel pugno» – come l’ha definita un brillante vignettista – ha subito chiarito in una serie di interviste che si tratterà in realtà del ministero per lo sfascio delle famiglie.
Sconfitta insieme al suo capo «cattolico adulto» Prodi al referendum sulla fecondazione assistita, promette di cercare la rimonta in Parlamento, e afferma che «sbaglia chi dice che la legge non va toccata». Grazie al famoso zero virgola che ha dato all’Unione un’incerta maggioranza parlamentare, Rosy ha già nel suo programma il proposito di stravolgere la volontà chiaramente espressa dagli italiani con il loro comportamento in occasione del referendum. Un revanscismo iracondo e pericoloso, contro cui mettono in guardia le voci più sagge e caute perfino dei Ds, ma che la presunta tutrice della famiglia impugna come un randello per far rientrare dalla finestra tesi che gli italiani un anno fa hanno buttato fuori dalla porta.
Mentre il Papa dice no a qualunque forma di riconoscimento delle unioni di fatto, specie fra omosessuali, e Rutelli si attesta sulla linea di mediazione – che comunque non può stare bene ai cattolici – dei Ccs, i contratti di convivenza tutelati dal diritto privato, Rosy Bindi torna ai Pacs (evitando accuratamente, come l’Unione ha fatto per tutta la campagna elettorale, la parola). Rifiutando anche l’ipotesi di Rutelli come troppo moderata, perché «non è giusto separare rigidamente le due sfere (privata e pubblica) quando si tratta di diritti delle persone», Rosy chiede un riconoscimento «pubblico e civile» delle unioni di fatto.
Chi aveva pensato che «la funzione modera l’uomo» – in questo caso la donna – è rimasto tragicamente deluso. Quella che va in scena come ministro della Famiglia è la Bindi dei girotondi (oggi dichiara che le è piaciuto tanto il finale del Caimano, quello con Berlusconi arrestato), del filo rosso con Oscar Luigi Scalfaro per tendere imboscate di tutti i tipi al governo del centrodestra, dell’alleanza di ferro con l’ultra-sinistra comunista e rifondarola e degli ammiccamenti agli anticlericali della Rosa nel Pugno.
Non penso che il cardinale Ruini sia deluso: credo che – conoscendo di che pasta sono fatti i cattolici prodiani, terzaforzisti, dossettiani – non si sia mai illuso. Spero invece che comincino a pentirsi i molti che, determinando il risultato delle elezioni, hanno votato i candidati «cattolici» dell’Unione, credendo al loro ossequio falso e untuoso alla Chiesa e sperando che moderassero i Luxuria, i Capezzone e i Diliberto difendendo la famiglia, il matrimonio, la vita. Le varie Rosy Bindi li stanno prendendo letteralmente a schiaffoni, aggiungendo le beffe al danno con un «Ministero della Famiglia» che promuove le unioni civili di diritto pubblico anche per gli omosessuali e la revisione della legge sulla fecondazione assistita, mentre in Piemonte l’amministrazione regionale di centrosinistra (anch’essa eletta per un pugno di voti di «cattolici adulti») abolisce il buono scuola e strangola le scuole cattoliche. Ma a chi è causa del suo male non resta, davvero, che piangere se stesso.


di Massimo Introvigne
Il Giornale n. 20 del 22-05-06 pagina 1


 



ECCO IL TESTO DELLA FAMIGERATA INTERVISTA


Ministero Istruzione: serve una mentalità ulivista
2)
«Diritti alle coppie di fatto, anche pubblici»
Bindi, ministro della Famiglia: sbaglia chi dice che la legge sulla fecondazione non va toccata. Logiche alla Cencelli nel nuovo governo


di Aldo Cazzullo


«Per la prima volta, finalmente l’Italia ha un ministro per la Famiglia. Dovrò ascoltare la Chiesa, ma anche tenere conto dei mutamenti della società, delle tante forme di famiglia. Si tratta di trovare una sintesi tra i miei valori di cattolica e il rispetto per le idee e le inclinazioni diverse». Nella sua prima intervista da ministro, Rosy Bindi apre sulle unioni civili («Non è possibile relegarne la tutela nella sola sfera del diritto privato») e sulla fecondazione assistita («Sbaglia sia chi dice che la legge non va toccata sia chi dice che va stravolta»). E racconta, anche con accenti critici, la storia della formazione del secondo governo Prodi.
Ministro Bindi, che cos’è successo l’ultima notte?
«Non ne so molto neanch’io. L’ultima notte è il momento delle scelte vere. Nel momento decisivo, ha finito per contare il peso specifico all’interno dei partiti».
Il governo pare fatto con il bilancino, pesando non solo i partiti ma anche le correnti.
«Sono possibili due letture, una in negativo e una in positivo. Da una parte, le logiche cencelliane esasperate, frutto anche della pessima legge elettorale, non corrispondono alla necessità di restituire un rapporto vero e profondo tra la politica e i cittadini. Rispetto al modello dell’Ulivo del ’96, con 16 ministri, i 25 di oggi, più i vice e i sottosegretari, segnalano che viviamo una fase diversa della vita politica italiana. Dall’altra parte, il fatto che il governo abbia finito per essere condizionato da logiche di partito fa sì che nessuno possa chiamarsi fuori. Tutti sembrano accontentati. E sono nati i gruppi unici in Parlamento: un passo verso il partito democratico. Possiamo avere un governo forte e una politica forte».
Anche lei avrebbe dovuto avere un ministero «forte», l’Istruzione.
«E dire che mi ero abituata a fatica all’idea. Quando me ne parlarono rimasi perplessa: non avevo avuto molte occasioni di occuparmi del tema. Poi mi ero convinta, visto che considero la scuola una delle nostre sfide più importanti. Invece mi tocca la sfida della famiglia. Non la considero meno importante».
Al suo posto hanno messo il meno ulivista di tutti, Fioroni.
«La funzione fa maturare chi la esercita. Se Giuseppe Fioroni non saprà acquisire una mentalità ulivista, se non riuscirà a riassumere in sé le varie culture del centrosinistra, non sarà in grado di governare un ministero così complesso. Ma lo conosco: se gli danno un giocattolo, sa farlo funzionare; e stavolta gli hanno dato un giocattolone, l’Istruzione. Se l’avessero data a me, per prima cosa ne avrei cambiato il nome, tornando all’antico: Pubblica istruzione. I gestori possono essere pubblici o privati, ma la funzione è pubblica».
Il governo è chiamato a modificare la linea della Moratti?
«È una linea che va modificata profondamente. È vero che non si può procedere a colpi di riforme e controriforme, ma è anche vero che molte scuole hanno resistito alla riforma Moratti, che del resto in alcune sue parti è tuttora inapplicata. A Fioroni consiglio di mettersi in ascolto. Un lungo viaggio di ascolto, prima di scegliere».
Resta il fatto che ulivisti come lei, la Melandri, Enrico Letta sono penalizzati rispetto all’altra volta.
«Enrico è in un posto-chiave. C’è Parisi alla Difesa. E poi in questi mesi i più accaniti sostenitori del partito democratico sono stati D’Alema e Rutelli. Ora sono chiamati alla prova. Altro discorso è la questione delle donne».
Si diceva: molte, e in posti-chiave.
«Al di là del numero, su cui, come dice Prodi, non accettiamo lezioni dalla destra, visto che 6 è più di 2, stavolta c’era la possibilità di assegnare qualche ministero più importante a una donna. Esiste una questione di potere: ancora una volta, il potere non va alle donne. Non c’è stato il coraggio di mandare una donna nella sfera di potere riservata agli uomini, dove mi sarebbe piaciuto vedere al lavoro una di noi, come accade in altri Paesi».
Ha letto la lista dei sottosegretari? Si segnala il viceministro Verzaschi, sino a poco tempo fa dirigente di Forza Italia.
«Senza quello spostamento il risultato delle scorse regionali nel Lazio sarebbe stato diverso. In queste circostanze è premiata l’utilità marginale. I sacrifici si chiedono ai fedelissimi, a quelli che ci sono sempre».
A lei. Che cosa farà da ministro della Famiglia?
«È un ministero da inventare. L’Italia non ha mai avuto un’organica politica della famiglia; è tempo di dargliela. Il tema ne incrocia molti altri: il fisco, i servizi sociali, il lavoro. Siamo il Paese al mondo con più anziani e meno bambini. Il mio obiettivo è aiutare i tre milioni di anziani non autosufficienti, e far sì che tutte le coppie possano avere tutti i figli che desiderano».
Anche facilitando le adozioni e la fecondazione assistita?
«È fondamentale che nessuna coppia sia costretta a rinunciare a un figlio perché non ha i mezzi per crescerlo. Detto questo, le adozioni sono uno dei campi in cui l’Italia deve diventare un po’ più europea. La legge sulla fecondazione va affidata al Parlamento. Sbaglia sia chi dice che non va toccata, sia chi dice che va stravolta. Un anno fa prevalse l’astensione; ma gli astensionisti sostennero tra l’altro che non poteva essere un referendum a sciogliere il nodo. Mancarono allora una riflessione e una discussione che adesso sono necessarie».
E sui Pacs, contro cui è tornato a esprimersi Benedetto XVI?
«Nel programma dell’Unione questa parola non c’è. Si parla di unioni civili, e di diritti da garantire».
Diritti delle persone, da regolare nella sfera del diritto privato, come sostiene ad esempio Rutelli? O le unioni civili potranno avere un riconoscimento pubblico?
«A me pare che non sia possibile né giusto separare rigidamente le due sfere, quando si parla di diritti delle persone. Dov’è il confine tra privato e pubblico? Se c’è una norma che si applica a due persone, anche i terzi sono tenuti a rispettarla. Vedremo. Ne discuteremo. Dovremo evitare uno scontro ideologico».
Ruini ha espresso il suo compiacimento per la nascita del ministero della Famiglia. Contenta?
«Molto. Le parole di Ruini sono state una delle consolazioni di questi ultimi giorni. Vede, io sono apparsa a volte come una cattolica del centrosinistra, che prende posizioni anche un po’ critiche verso la Chiesa. Ora il mio essere credente è messo alla prova: dovrò trovare una sintesi fra i miei valori e il rispetto per il pluralismo e l’evoluzione della società, per le idee e le inclinazioni diverse».
Esiste un’ingerenza eccessiva della Chiesa nella politica?
«La Chiesa non può non dire quello che pensa. Ma la politica non può non assumersi la responsabilità delle mediazioni e delle scelte. Non dovremmo preoccuparci per le parole dei vescovi, ma eventualmente per il nostro silenzio».
Da destra le contestano di fare il ministro della Famiglia senza essere moglie né mamma. Avvenire la difende.
«È una questione che anch’io pongo a me stessa. L’ho anche detto, a Prodi e a Rutelli. Ma forse il mio profilo mi consente di capire le ragioni di tutti, e le tante forme di famiglia. Al Senato, Lidia Menapace mi invita a badare anche alle patologie familiari. Ha ragione: la famiglia può essere il luogo degli affetti più grandi, ma anche dei soprusi e dei delitti più atroci».
Ministro Bindi, il suo profilo le ha attirato ostilità ma anche affetto. Lei fu un punto di riferimento della stagione dei girotondi. Il criterio con cui è nato il governo non rischia di rinfocolarli?
«Spero proprio di no. Quel biennio risvegliò il centrosinistra. Guai se ne perdiamo lo spirito. Furono poste questioni centrali: conflitto di interessi, Costituzione, pace, legalità, giustizia, scuola, sanità. Impegni che ora sono nel nostro programma. Se vi verremo meno, se non regoleremo il conflitto di interessi, se tradiremo l’amore della legge, allora ci ritroveremo ancora di fronte il nostro popolo arrabbiato. E poi a me il film di Moretti è piaciuto molto».
Compreso il finale fosco, quasi da guerra civile?
«Non dobbiamo sottovalutare la gravità di quanto è accaduto al Senato, i fischi a Ciampi e agli altri senatori a vita, le parole incredibili di Berlusconi. Berlusconi non va sottovalutato. Mai».


Luxuria: «Riconoscimento unioni civili non più scoglio insormontabile»
Radicali e Rosa nel pugno: «Brava Bindi». Per Capezzone le dichiarazioni della neo ministra alla Famiglia sono «una bella e coraggiosa prova di laicità». Critiche dall’Udc…


ROMA – Fioccano i commenti all’intervista a Rosy Bindi pubblicata sul Corriere della Sera, in cui il neoministro per la Famiglia parla dei diritti per le coppie di fatto. Un plauso arriva da Daniele Capezzone, segretario dei Radicali italiani, e della segreteria della Rosa nel pugno. «Bindi, dalle unioni civili alla fecondazione assistita, compie e fa compiere al dibattito un positivo passo in avanti – ha detto Capezzone a Radio Radicale -. Mi pare che la neoministra della famiglia abbia dato una bella e coraggiosa prova di laicità». «Brava e coraggiosa»: così Emma Bonino definisce la collega, sottolineando che l’intervista contiene «due importanti aperture, una sulla procreazione assistita e una sulla necessità pubblicistica delle unioni di fatto».
LUXURIA E DE SIMONE – «Per la prima volta il riconoscimento pubblico delle unioni civili non sembra più uno scoglio insormontabile» commentano le deputate di Rifondazione comunista Vladimir Luxuria e Titti De Simone. Soddisfatto anche il vicepresidente dell’Ulivo in Senato, Luigi Zanda. «L’intervista conferma quanto sia stata felice l’intuizione di Romano Prodi di istituire, per la prima volta nella storia italiana, il ministero della Famiglia, affidandone la guida a Rosi Bindi».
CENTRODESTRA – Come prevedibile, dal centrodestra fioccano critiche e in particolare dall’Udc. «Nel programma confuso e contraddittorio del neoministro della famiglia non c’è nulla di cattolico» tuona Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc. «La Bindi ha già dimenticato l’esito del referendum sulla fecondazione assistita» gli fa eco Maurizio Roncini, senatore dell’Udc, mentre Michele Vietti, portavoce nazionale dello stesso partito, sottolinea che «le affermazioni del ministro sono i sintomi di una conversione al contrario della Bindi sui temi che dovrebbero stare più a cuore all’area che lei rappresenta». Per Luca Volontè (Udc) «la Bindi torna a dare il peggio di sé, come un anno fa ai tempi del referendum da cui uscì sconfitta». Per Riccardo Pedrizzi, presidente nazionale della consulta etico-religiosa di An, «con questo governo saranno tempi duri per la difesa e la promozione della famiglia naturale, legittima e costituzionale».
GASPARRI E MANTOVANO – Critico anche l’ex ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri (An). «Le ambigue affermazioni di Rosy Bindi su Pacs e fecondazione dimostrano che vi sono alcuni settori politici di sedicenti cattolici che in realtà sono già proni di fronte alle pretesa della sinistra. La politica proposta da Bindi è in esatto contrasto con le affermazione più volte venute dalla chiesa, perfino dalle ripetute parole del Santo Padre, è in contrasto anche con gli esiti del referendum sulla legge 40. Questa legge non può essere modificata dopo una decisione in tal senso di tre quarti della popolazione italiana».
Su famiglia, Pacs e fecondazione eterologa il ministro della Famiglia Rosi Bindi dica chiaramente cosa vuole fare afferma invece il senatore Alfredo Mantovano (An). «Quanto dichiara il neo ministro – secondo Mantovano – riproduce lo schema già adoperato per vari argomenti controversi dal presidente del Consiglio: uno schema che, nel tentativo di tenere insieme le ali della sinistra radicale e la parte meno estremista della coalizione, potrebbe definirsi del “sì, vedremo”».



Corriere della Sera21 maggio 2006