di Paolo Guzzanti
Tratto da del 19 novembre 2006
Adesso ci verranno a rompere gli stivali con il solito birignao: ma noi non c’eravamo, ma noi però condanniamo, noi non siamo la stessa cosa. Balle: i manifestanti che ieri a Roma, partecipando ad un guerrafondaio corteo della pace, hanno bruciato in effigie i soldati italiani scandendo il satanico «una cento mille Nassirya», fanno parte della maggioranza di governo e sono il governo Prodi.
Quando noi prendiamo il caffè con i colleghi parlamentari della sinistra, diciamo così, normale, sono loro a mostrarci i contorcimenti, la sofferenza, la vergogna persino per dover stare insieme a teppisti della politica, traditori del loro Paese, nemici della pace.
Certo, adesso che è fatta, fioccano le prese di distanza: il celebre comico politico Oliviero Diliberto ha pronunciato una battuta che purtroppo non rimbalzerà sui palcoscenici delle suburre, come meriterebbe, quando ha dichiarato che questi slogan e questi gesti «danneggiano la causa palestinese». La causa palestinese? Che c’entra la causa palestinese? In realtà c’entra, perché così come la manifestazione per la pace era una manifestazione per la guerra (nella vergogna e nel disonore), la manifestazione per una pace fra Israele e i palestinesi era in realtà la solita bieca, lurida, turpe, nazicomunista manifestazione per la distruzione di Israele, in perfetta sintonia con l’Hitler di Teheran (grande amico di Prodi) i cui emissari avvertono gli israeliani che «è ormai ora di preparare le bare e i sacchi di plastica per i cadaveri».
Roma era ieri paralizzata dalla teppa. Troppa stima abbiamo per quel drappello di sparuti e ammutoliti riformisti, per non saper distinguere fra ciò che è nella tradizione democratica dell’Occidente, e la teppa. Ma la teppa è teppa e loro ci ballano insieme, perché la teppa della sinistra è il loro pusher, il fornitore di voti. Quindi pagano il pusher con la moneta che quello chiede: libertà di teppa seguita da una serie di finte prese delle distanze.
Come possono prendere le distanze da coloro cui sono legati mani e piedi? Ieri lo spettacolo al teatro dell’Unione era perfetto: si metteva in scena la solita morte del cigno, cioè della decenza. Si partiva fingendo di credere che una marcia per la pace potesse inneggiare alla pace (una colossale bugia perché non esiste pace senza giustizia) sapendo perfettamente che si trattava invece di una marcia dell’odio, e poi quando è accaduto quel che era matematico che accadesse, ecco che il coro intona l’ipocrita «presa di distanza». Tutti dispiaciuti, tutti sorpresi? In realtà, tutti bugiardi e complici. Specialmente quelli che hanno provato il brivido dell’indecenza nel filo della schiena. A loro vogliamo chiedere: con quale coraggio sedete insieme in Parlamento, specialmente in Senato? Hanno più paura per la loro stabilità che per i rimorsi della loro coscienza.
La politica è una scienza più simile alla fisica meccanica che alla psicologia: ad azione corrisponde reazione, contano le quantità, i vuoti, i pieni. Quando la sinistra che fa finta di vestirsi con abiti socialdemocratici, se non addirittura – che Dio li perdoni – liberali, dovrebbe poi di conseguenza rinunciare, come ha fatto Schröder in Germania, ad accoppiarsi col demonio verde-rosso-no-global. Il demonio della sinistra nemica dell’Occidente, di Israele e della democrazia presenta poi i suoi conti ed esige il pagamento. Ma chi paga però alla fine è il popolo italiano, i martiri di Nassirya e i loro padri aggrediti e malmenati, o i carabinieri che per la prima volta nella storia d’Italia sono costretti a manifestare davanti al Parlamento. Ciò conferma che è ora che siano gli italiani a presentare il conto a questa sinistra, pronta cassa e senza sconti.
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I comunisti bruciano in piazza i soldati italiani
Dati alle fiamme manichini vestiti come i nostri militari. Lo slogan: «Il solo tricolore da guardare è quello sulle bare».
A Roma corteo pro Palestina con il Pdci: Diliberto in testa. Frasi dure contro gli eroi di Nassirya. Ma il Tg1 preferisce le nozze di Cruise ed è polemica.
Al corteo «Pro Palestina», cori inneggianti al terrorismo e fiamme a soldati-fantoccio israeliani, americani e italiani. Diliberto in prima fila. Cinque sequenze di due cori ciascuno. Per almeno dieci volte il grido: «Dieci cento mille Nassirya» è echeggiato per via Cavour, intonato da voci femminili.
Tutto questo accadeva a pochi metri dalle bandiere dei Comunisti italiani e dei Cobas, soggetti più istituzionali di una manifestazione guidata dal comitato Forum Palestina e affollata di molti centri sociali, in cui è stata avviata una raccolta di firme per interrompere ogni accordo militare dell’Italia con Israele.
Nello stesso fronte della sfilata iniziava l’incendio dei soldati fantoccio: alcuni ragazzi hanno appiccato il fuoco ai militari di cartone italiano, israeliano e americano. Tre bandiere sul petto indicavano le nazionalità dei finti soldati, distrutti dalle fiamme.
Dal centro del corteo partiva l’hit parade degli slogan: «Se non cambierà-Intifada pure qua». «Fuori le truppe dal medioriente-Intifada in tutto l’Occidente». E ancora: «governo italiano, non ti smentisci mai-sei sempre al fianco dei guerrafondai». «L’unico tricolore, quello da guardare-è quello disteso sulle vostre bare».
Il Tg1, diretto da Gianni Riotta sceglie di aprire il Tg delle 20 con il matrimonio di Tom Cruise, e non dando il giusto rilievo ai gravi fatti accaduti durante la manifestazione di Roma. Gli azzurri Piero Testoni e Giorgio Lainati, accusano: «Sconcertante confinare una notizia del genere».
Aggiornamenti:
Da Prodi condanna tardiva
Se un manipolo di delinquenti dei Centri sociali inneggia alla strage di Nassiriya, dà alle fiamme un fantoccio con la divisa italiana, manifesta affettuosa vicinanza alla bandiera italiana “solo se serve a coprire una bara”; se, soprattutto, a questa indecente e rivoltante manifestazione partecipa in prima fila il segretario di un partito di governo, in un Paese normale e civile ci si attende che la prima voce a levarsi forte e chiara sul coro delle condanne sia proprio quella del capo del Governo.
Un premier degno di questo nome avrebbe parlato un minuto dopo aver letto le prime notizie battute dalle agenzie di stampa. Un premier consapevole dei propri doveri non avrebbe aspettato la mattina dopo per condannare l’episodio e manifestare solidarietà agli italiani caduti per la pace, ai loro familiari, alle Forze Armate, agli italiani tutti.
Ma Prodi non é un premier normale. È soprattutto un calcolatore. In silenzio, ha atteso che la polemica invadesse i giornali, che si scatenasse la bagarre. Soltanto domenica mattina, con sovrano sprezzo del pericolo, ottenuta la confortevole copertura politica delle parole di condanna dei suoi alleati contro Diliberto, ha ritenuto utile, più che doveroso, aprire bocca.
Sulla manifestazione in sé solo poche e banali parole (“un gravissimo gesto di irresponsabilità”). Più deciso nei confronti di Diliberto, invitato a “non giocare con la piazza”. Dalle sue dichiarazioni emerge così il vero Prodi, solo e sempre preoccupato di preservare i suoi equilibri politici. Quegli slogan su Nassiriya si erano sentiti altre volte, quando a sfilare “per la pace” c’era tutta la sinistra di governo. Ma stavolta Diliberto era solo e, soprattutto, c’era da dare una mano a Rifondazione, nel cui elettorato i Comunisti italiani vanno a pesca di adesioni. Da Prodi mano tesa a Bertinotti, il fedele alleato. Prodi, un premier piccolo piccolo.
Dal Tg1 di Riotta errori e faziosità
Il Tg1 di Giovanni Riotta ricorre sempre più spesso al marchingegno di una fintamente popolaresca scaletta per relegare in terzo o quarto piano notizie sgradite al governo.
Ma quanto si è visto sabato sulla corazzata della Rai, a proposito della manifestazione di Roma e delle divise militari italiane bruciate in piazza, è andato al di là di ogni regola giornalistica.
L’evento del giorno, per Gianni Riotta, era il matrimonio di Tom Cruise, con il quale ha aperto il Tg1. A seguire due servizi sulla Finanziaria, poi uno sulla convention dell’Udc a Napoli e un altro sulla Democrazia Cristiana.
Sesto servizio sulla manifestazione di Roma, sugli insulti ai caduti di Nassiriya e sui fantocci bruciati davanti al monumento al milite ignoto.
Nella stessa serata non c’è stata nessuna emittente televisiva ad eccezione del Tg1 che non abbia aperto con questi fatti. Domenica non c’è stato nessun quotidiano che non abbia aperto con foto e notizie su quanto accaduto a Roma. La scelta di Riotta di dare il primo titolo al matrimonio di Tom Cruise pertanto oltre ad essere un clamoroso errore giornalistico è un’offesa all’intelligenza di milioni di italiani, come hanno tempestivamente sottolineato numerosi esponenti di Forza Italia.
Ma poiché alla disinformazione della Rai non c’è più alcun limite, domenica ci ha pensato Rai Tre ad ospitare, nella trasmissione di Lucia Annunziata, uno dei cocchieri del giornalismo fazioso della sinistra. Enrico Deaglio ha potuto rifilare a qualche milione di telespettatori la sua “patacca”: il dvd nel quale il governo Berlusconi viene accusato di brogli elettorali. Un falso, un’invenzione, nulla che sia suffragato da prove. Eppure è andato avanti per mezz’ora il suo spot editoriale-commerciale, senza che vi fosse contraddittorio.
Con un governo alle corde per le scelte della finanziaria e in crollo di consensi, il gioco è abbastanza scoperto: spostare l’attenzione degli italiani dalle tasse e dai problemi di Prodi e della maggioranza, agitando ancora una volta il “mostro” Berlusconi. E’ stato l’unico collante che li ha tenuti insieme in campagna elettorale, tanto vale riprovarci. Con la più grave e abietta delle accuse: aver tentato (per di più senza riuscirci) di truccare il voto degli italiani. Ripetiamo: quella di Deaglio è una tesi calunniosa e assurda e per di più senza uno straccio di prova.
Fonte: poteresinistro.it – http://www.poteresinistro.it/notizie/blg_684.htm