Obbedienza cattolica, liberale e massonica
Lo Stato risorgimentale aborre la virtù dell’obbedienza. Ma solo quando è praticata nella Chiesa. Per massoni e liberali, invece, la si richiede ciecamente…
di Angela Pellicciari
L’Ottocento si apre con Napoleone che combatte ovunque, anche in Italia, una guerra di liberazione: liberazione dall’obbedienza alla Parola di Dio e dall’obbedienza al Magistero, considerate segno di schiavitù. Napoleone è dunque un uomo libero, primogenito di un esercito di liberi? Napoleone è un uomo che, ribellandosi a Dio, ha di fatto scelto di combattere la Chiesa o di servirsene. Inquietante il fatto che sullo stemma del Regno d’Italia, nato sotto i suoi auspici, spicca un pentalfa (la stella massonica a cinque punte) con due punte rivolte verso l’alto, una verso il basso: un’insegna satanica.
Noi uomini possiamo scegliere da quale parte stare. Abbiamo una volontà libera, un libero arbitrio, e possiamo decidere se obbedire a Dio o al demonio. Tertium non datur. Paolo nella Lettera ai Romani esprime questo concetto in una mirabile sintesi: «Non sapete voi che, se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale servite: sia del peccato che porta alla morte, sia dell’obbedienza che conduce alla giustizia?» (Rm 6,16). Ciononostante chi si ribella a Dio spesso non ha coscienza di essere schiavo di Satana. Pensa di poter pensare, fare e dire liberamente pensieri ed azioni "liberi" nel senso di suoi, non ispirati da nessuno.
Vediamo cosa succede in Italia al momento della sua unificazione politica, al tempo dei Savoia. Anch’essi, come Napoleone, conducono una guerra di liberazione dal cattolicesimo e si scagliano contro gli ordini religiosi (li sopprimono tutti) e contro i voti da loro emessi: povertà, castità, obbedienza. Dei tre è l’obbedienza il voto più esecrato. Di obbedienza i parlamentari subalpini non vogliono neppure sentir parlare: «Quando si entra per sempre in un convento – sostiene il deputato Chenal – disponendo irrevocabilmente del proprio avvenire, si vende la propria libertà a favore del superiore del monastero; e questo è un atto contrario alla moralità divina e umana»; «ritornare all’ubbidienza passiva – è l’ex prete Robecchi a parlare – alla subordinazione incondizionata, all’associazione obbligatoria, votiva, perpetua, oggi? Oh no! È idea questa che non può venire in mente a nessuno che sia sano di mente».
I liberali sono convinti che privare i cattolici della loro libertà sia cosa buona. Si ripromettono di strappare i religiosi dalla loro sudditanza a Dio e di sottrarli così ad un’obbedienza che – pensano – li rende schiavi. Non hanno il minimo dubbio che la loro sia una scelta giusta. Sono assolutamente certi di essere nel vero. Lo Stato liberale ottocentesco è uno stato totalitario, padre dei totalitarismi di massa del Novecento.
La conseguenza dell’agire liberale è che l’obbedienza negata a Dio è pretesa per lo Stato. Cioè per coloro che lo governano. Vale a dire per gli stessi liberali (l’1 % della popolazione) che, con sconfinata volontà di potenza, diventano i veri giudici del bene e del male (Gn 3,5).
Per farci un’idea del concetto di obbedienza proprio degli uomini del Risorgimento, ricorriamo a Giacomo Margotti ed alle sue Memorie per la storia dei nostri tempi. Margotti racconta la storia del monastero della Novalesa all’epoca del Piemonte costituzionale: «I Saraceni erano barbari, usciti da Sara nell’Arabia, che valicarono i Pirenei nel 719 e, guadagnate le Alpi marittime, discesero a devastare il Piemonte. Un povero vescovo d’Asti, mentre visitava la sua diocesi, fu fatto a pezzi da quei barbari. Ma il peggio incolse ai poveri monaci della Novalesa. Fin dal secolo X questo monastero era celebre per le scienze e dai dotti si cita anche oggi come gloria non solo del Piemonte, ma dell’Italia, e come prova del primato italico, in fatto di cultura, su tutta l’Europa nei secoli più tristi della barbarie. Beni sacri e profani, le chiese, le case, gli armenti, le vettovaglie e le persone caddero sotto i feroci artigli di quella gente brutale […]. Ora usciamo dal medio evo per entrare nell’evo della libertà, del progresso, delle Costituzioni, dei principi dell’89. La scena si rappresenta ancora in Piemonte; il monastero della Novalesa è ancora una volta conquistato e vengono dispersi i monaci.
Ma i conquistatori non sono più forestieri, non saraceni, non barbari; sono italiani, sono piemontesi, sono liberali che violano il domicilio altrui, che cacciano i padroni dalla casa propria: italiani e piemontesi che distruggono le loro glorie e cancellano le nobili memorie che illustrano la propria storia».
Lo Stato liberale impone un ossequio assoluto ai propri dictat promulgati nel totale disprezzo del diritto, della costituzione, della cultura, delle tradizioni, delle proprietà, dell’identità collettiva della popolazione. Dictat originati dalla smodata volontà di potenza di non obbedire ad altri che a sé stessi.
Ispiratrice degli ideali risorgimentali, anche la libera-muratoria è strenua avversaria dell’obbedienza cattolica. La motivazione è lapidaria: «la libertà dei massoni è l’obbedienza ragionata opposta all’obbedienza passiva, segno di schiavitù», così scrive Jean Marie Ragon nel 1853, con l’esplicita approvazione del Grande Oriente di Francia.
Siamo sicuri che l’obbedienza massonica sia molto più ragionevole e libera di quella cattolica? A leggere cosa scrive Leone XIII nell’enciclica Humanum genus non sembrerebbe: «Gli iniziati sono tenuti a promettere, anzi di solito a giurare, di non rivelare mai a nessuno, in nessun momento, a nessun patto, gli affiliati, i simboli, le dottrine […]. I cooptati devono promettere ai capi e ai maestri di ascoltare con riverenza e fede assoluta la loro parola; di eseguire gli ordini, pronti ad ogni loro cenno e indicazione; di non ricusare il più grave castigo e la morte stessa se avranno agito altrimenti».
A giudicare dalla corrispondenza fra Giuseppe Balsamo, più noto col roboante quanto falso nome di conte di Cagliostro (1743-1794), fondatore della massoneria egiziaca, ed il cardinale di Rohan, papa Pecci ha ragione. Nel novembre 1789 il signor Balsamo si rivolge ad un principe di Santa Romana Chiesa in questi termini: «Se voi non volete nuocere a voi stesso, ed anche camminare per la vostra rovina contro il vostro modo di pensare, ed agire nella guisa che noi ve ne abbiamo tracciata la regola, noi vi ordiniamo di risponderci ipso facto. Il che ci metterà nel caso, in virtù dell’autorità, di cui siamo rivestiti, di darvi dei regolamenti saggi, e perfetti, di farvi sapere le nostre intenzioni, e li voleri della Provvidenza Divina […] se voi disobbedirete alli nostri ordini, non tarderete a riceverne il castigo. Sarete sottoposto alla pena, che soffrirono li nostri nemici. In una parola ve ne pentirete per sempre». La disobbedienza, nella massoneria fondata da Giuseppe Balsamo, è un crimine tanto orrendo da meritare la morte: «ve ne pentirete per sempre», scrive Cagliostro. Quale l’obbedienza migliore: quella cattolica o quella liberale e massonica? Anche oggi la domanda è di grande attualità: per restare in Piemonte, le algide parole della presidente Mercedes Bresso sull’ayatollah Poletto, vescovo di Torino, lo mostrano con grande evidenza.
Da non perdere
ANGELA PELLICCIARI, Risorgimento ed Europa. Miti, pericoli, antidoti, Fede & Cultura, Verona 2008, pp. 128, €12,00. Nell’intento proclamato di far risorgere l’Italia dai suoi "quindici secoli di schiavitù" (i secoli che corrispondono all’era cattolica), i Savoia e i liberali si appropriano dell’ingente patrimonio che nel corso del tempo la popolazione ha donato alla Chiesa e, per tramite della Chiesa, ai poveri. Gli uomini del Risorgimento rapinano i beni di tutti in nome della libertà, della tolleranza e della monarchia costituzionale. E gli italiani si trasformano, per la prima volta nella loro storia, in un popolo di emigranti. Dal 2000 al 2002 Angela Pellicciari smonta pezzo per pezzo la retorica risorgimentale in brillanti e smaliziati articoli comparsi su La Padania, qui riproposti in una selezione aggiornata che costituisce anche un monito per il processo di unificazione europea. Se non stiamo attenti ci ritroveremo (questa volta in nome della democrazia, della tolleranza e del rispetto della diversità) sotto il giogo di un totalitarismo nichilista» (dalla IV di copertina).
Bibliografia
Angela Pellicciari, I papi e la massoneria, Ares, 2007
Idem, Risorgimento anticattolico, Piemme, 2004
Il Timone n. 81 – Marzo 2009