Parlare della Bibbia in Arabia Saudita costa 750 frustate


Rapporto sulla libertà religiosa: nella lista nera Corea del Nord e Paesi islamici, ma cresce l’allarme per l’ondata laicista in Europa

ROMA C’è chi viene condannato a morte perché si è convertito dall’islam al cristianesimo; un insegnante in Arabia Saudita ha parlato ai suoi studenti della Bibbia e ha elogiato gli ebrei: denunciato e processato per «aver deriso l’islam», la sentenza del tribunale lo ha condannato a 750 frustate e a 40 mesi di carcere. Ci sono gli almeno tremila indonesiani, indottrinati dal fondamentalismo islamico, che sono pronti a farsi saltare in aria in attacchi kamikaze. Ma c’è anche la Comunità Europea che subisce gli assalti di una ondata laicista e chiude gli occhi anche davanti a fatti come l’omicidio di don Andrea Santoro in Turchia. Violenze, soprusi, omicidi, legislazioni liberticide: anche nel 2005 il rispetto della libertà religiosa è stato largamente violato nel mondo. Ed è il continente asiatico quello dove più forti sono le persecuzioni contro i cristiani e la Chiesa cattolica. E’ la fotografia inquietante scattata dal “Rapporto 2006 sulla libertà religiosa nel mondo” curato dall’organizzazione “Aiuto alla Chiesa che soffre” (Acs) e presentato ieri a Roma. All’incontro hanno preso parte il direttore dell’agenzia di stampa missionaria Asianews Bernardo Cervellera, il vicedirettore del Corriere della Sera Magdi Allam, Hans Peter Rothlin, presidente dell’Acs internazionale, Orazio Petrosillo, presidente di Acs Italia, e Attilio Tamburini, direttore di Acs-Italia. Sono passati quasi sessant’anni da quando padre Werenfried van Straaten percorreva le strade semidistrutte dell’Europa reduce dalla seconda guerra mondiale chiedendo l’elemosina con il suo cappello nero sformato per i mille disperati di cui si prendeva cura. Che poi divennero migliaia e migliaia, perseguitati e colpiti soprattutto per la loro appartenenza alla Chiesa. Oggi il suo progetto di «Aiuto alla Chiesa che soffre» è diventata una realtà grande, diffusa in 130 nazioni. La realtà storica è cambiata, ma la libertà religiosa è ancora un miraggio in molti luoghi del mondo. Basti pensare ai molti cristiani dell’Asia che hanno scelto la via dell’esilio in Occidente. E’ il caso dell’Iraq, da dove, solo da agosto a ottobre 2004, tra i 10mila ai 40 mila cristiani sono fuggiti,e della Palestina, in cui è alto il rischio di estinzione delle comunità cattoliche di rito orientale. Gravi violazioni della libertà religiosa si consumano poi in alcuni Paesi a maggioranza islamica a danno delle minoranze religiose, dall’Arabia Saudita all’Iran, con forti limitazioni della libertà religiosa per gli stessi musulmani, che sono sempre più frequentemente vittime della violenza fondamentalista. Come ribadisce Magdi Allam, secondo il quale «la libertà religiosa è il fondamento della libertà tout court», in molte aree geografiche «soprattutto del mondo arabo, esiste una libertà religiosa formale, ci sono i luoghi di culto, manon esiste autentica libertà religiosa». Allam punta il dito contro molti media italiani che «non condannano in modo esplicito l’intolleranza e il fanatismo religioso», «che definiscono “guerriglieri” o “insorti” coloro che uccidono barbaramente cittadini e civili inermi». Tutto questo «ha finito per ritorcersi contro gli stessi islamici, legittimando di fatto il terrorismo». La “classifica nera” dei Paesi più intolleranti vede in pole position l’Arabia Saudita, la Corea del Nord da dove arrivano testimonianze agghiaccianti, come gli infanticidi sistematicamente perpetrati nei campi di detenzione e la Cina. Dove, osserva padre Cervellera, «da una parte il governo sente le pressioni internazionali, per cui vuole mostrare un volto nuovo e vara i nuovi regolamenti per le attività religiose, dall’altra si continua ad arrestare fedeli e personale religioso, torturare membri di diverse comunità, distruggere luoghi di culto, imporre limiti o proibire contatti e movimenti all’interno del Paese».


Caterina Maniaci


LIBERO 28 giugno 2006