Pillola del giorno dopo. Dai medici cattolici no al diktat delle Marche
Il direttore generale dell\’Azienda sanitaria aveva imposto di prescrivere comunque il farmaco Nota dell\’Amci regionale: la sfera di autonomia professionale dei medici non può essere soggetta a intromissioni e ingerenze, visto che in ogni circostanza si deve operare secondo scienza e coscienza
Cresce la protesta contro la letteradirettiva che l’Azienda sanitaria unica delle Marche (Asur) ha diffuso per imporre a tutti i medici l’obbligo di prescrivere la pillola del giorno dopo, quando la donna si trovi in situazioni «di obiettiva gravità e urgenza».
Alle perplessità dei singoli medici, si aggiungono ora le prese di posizione di associazioni quali Amci (Associazione medici cattolici italiani) e «Medicina e Persona». La sezione regionale delle Marche dell’Amci ha predisposto una nota, a cura del presidente Sergio Fattorillo (medico legale di Macerata) e di Paolo Marchionni (medico legale di Pesaro, nonché presidente di Scienza&Vita a Pesaro-Urbino), in cui sottolinea l’incompatibilità della richiesta del direttore generale dell’Asur Roberto Malucelli con la autonomia professionale del medico e con la possibilità di esercitare la clausola di coscienza, visto che il farmaco in questione (levonorgestrel), oltre a bloccare l’ovulazione, può anche impedire l’impianto in utero di un ovulo eventualmente fecondato. In più è stata predisposto un modello di lettera da inviare al direttore generale da parte del singolo medico, per comunicare la propria intenzione di avvalersi, se il caso, dell’obiezione di coscienza (secondo la legge 194) o della clausola di coscienza (secondo il Codice deontologico dei medici).
Sul primo punto, scrive l’Amci delle Marche, «come medici, sottolineiamo che la sfera di autonomia professionale non può essere soggetta ad “intromissioni” ed “ingerenze” così pressanti come quelle contenute nella nota del direttore generale», visto che il medico «in ogni circostanza deve operare “secondo scienza e coscienza”». A motivare l’eventuale rifiuto della prescrizione, ci sono sia «i rischi per la salute della paziente» che «possono essere molto elevati», sia il fatto che «la somministrazione potrebbe cagionare la morte dell’embrione appena concepito». Un aspetto che va ricordato, visto che secondo la legge 194, il nostro ordinamento tutela «la vita umana dal suo inizio»: pienamente applicabile quindi la clausola di coscienza prevista dall’articolo 22 del Codice di deontologia medica. «Del resto – puntualizza la nota dell’Amci Marche – se il “farmaco” in questione può essere fornito solo dietro presentazione di ricetta medica, vuol dire che non può essere assunto solo per scelta della donna, ma come conseguenza di un atto medico». Infine, come medici cattolici, «riteniamo che il nostro agire professionale debba contribuire a promuovere sempre il valore dell’individuo umano, sia esso piccolo e indifeso, come l’embrione appena concepito, sia essa la donna, spesso molto giovane».
L’Amci Marche riafferma la validità degli orientamenti deontologici più accreditati, tutti in favore della libertà del medico di non prescrivere la pillola del giorno dopo: la nota del Comitato nazionale per la bioetica del 2004, e quella del 2006 del presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) Amedeo Bianco. Anche «Medicina e Persona» contesta la disposizione del direttore generale dell’Asur Marche, sulla base di alcune precisazioni. Innanzi tutto, la pillola del giorno dopo «non è un farmaco “curativo”: la gravidanza non è una patologia; non rientra inoltre nella categoria dei farmaci “salvavita”, quindi la sua prescrivibilità è discrezionale da parte del medico, sia esso generalista che specialista ginecologo». «Il punto cardine della nostra contestazione – sottolinea il comunicato – è la libertà da riconoscere alla persona del medico nell’esercizio della professione». «Il lavoro del medico – ricorda “Medicina e Persona” – non può essere ridotto a quello di mero esecutore delle volontà del paziente, né al ruolo di colui che soddisfa ogni richiesta, sempre e comunque, a prescindere dalla sua coscienza personale e clinica».
di Enrico Negrotti
Avvenire 3 maggio 2009