E’ da notare che nessun altro organo di stampa di lingua italiana abbia pubblicato il testo integrale della “Carta” e riportato le perplessità del mondo cattolico italiano: la maggioranza dei cittadini italiani non ha quindi nemmeno potuto leggere il testo di questa “Carta” prima della sua iniziale approvazione a Biarritz, ed il disinteresse del Governo italiano in questo senso appare realmente riprovevole.
Un Documento da ridiscutere e precisare.
La recente pubblicazione sul quotidiano ufficioso della Conferenza Episcopale della Chiesa Cattolica italiana Avvenire dell’8 ottobre 2000 del testo completo in lingua italiana della cosiddetta “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea” ha causato un notevole sconcerto e una diffusa perplessità nel mondo cattolico italiano. Queste perplessità hanno trovato una espressione assai autorevole nell’intervista rilasciata il giorno stesso e sul medesimo quotidiano da S.E. Mons. Attilio Nicora, Delegato della Conferenza Episcopale della Chiesa Cattolica italiana per le questioni giuridiche, intervista intitolata “Troppe ambiguità sui diritti. Ci sono elementi positivi ma è grave il riconoscimento delle unioni di fatto”.
In questo senso va inquadrato il sorgere di un vasto movimento di opposizione che si è creato nel Parlamento nazionale italiano contro l’approvazione della “Carta” in questione, e che è solo parzialmente rientrato grazie alla precisazione ufficiale del Governo italiano che la “Carta” non costituisce in realtà un documento definitivo, ma solo una bozza da ridiscutere ed integrare sia in sede nazionale che comunitaria.
L’Associazione Paneuropa della Repubblica di San Marino e l’Associazione europeista Identità Europea si sono immediatamente unite alla generale richiesta di una ridiscussione di buona parte dei contenuti della “Carta”, in quanto la definizione dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea non può essere oggetto di semplici accordi di vertice fatti passare sulla testa delle popolazioni europee, che in più occasioni hanno dimostrato di essere più concrete e moderate di diversi governi, e che non possono essere espropriate del diritto di approvare direttamente, tramite consultazione popolare, un documento di questa importanza.
La prassi oramai purtroppo consolidata che vede cadere sui cittadini europei una serie di provvedimenti e documenti sui quali essi non hanno mai avuto la possibilità di esprimere preventivamente un parere meditato costituisce inoltre un siluro contro la credibilità democratica dell’Unione Europea stessa, e incrementa a nostro parere le crescenti diffidenze verso l’Europa unita che stanno già ritardando il cammino di integrazione continentale; nello stesso tempo questa prassi da’ ulteriori ragioni a coloro che da anni paventano il rischio di un’involuzione verticistica e tecnocratica dell’UE, allontanando da una piena adesione all’Unione interi popoli. Questo conferma infine come un’Europa che non sia costruita sul rispetto della propria identità profonda possa solo essere una creatura politica debole, destinata a morire prima di nascere.
A tutti coloro che rivestono responsabilità in Europa responsabilità politiche, chiediamo pertanto di intervenire per correggere almeno le più evidenti omissioni e parzialità presenti nella “Carta” in oggetto, ed esattamente:
a) L’esclusione del principio di Sussidiarietà dall’art.2 della Carta, che fissa i principi cardine della carta stessa: se questa afferma di ispirarsi al “retaggio culturale, umanistico e spirituale” dell’Europa, l’esclusione del principio di Sussidiarietà è inspiegabile e deleterio, sbilanciando tutta la parte iniziale e fondamentale della “Carta” in senso individualista e paleo-illuminista.
b) La migliore precisazione nel Capitolo dedicato alla “Dignità” della persona, e in ispecie negli art. 2 e 3, del concetto di “individuo”. La “Carta” è qui pericolosamente ambigua perché volutamente non chiarisce, ad esempio, se anche un bambino concepito nel ventre materno sia coperto dalla tutela dell’UE in quanto persona umana oppure no, lasciando uno spazio aperto a tutte le possibili diverse interpretazioni, anche a quelle in diametrale contrasto con il “retaggio culturale, umanistico e spirituale” di chiara tradizione cristiana dell’Europa.
c) La migliore precisazione nel Capitolo dedicato alla “Libertà”, art. 9, del concetto di famiglia. Demandare questa definizione, come proposto, alle semplici “leggi nazionali” svuota dall’interno la funzione stessa della Carta in quest’ambito, in quanto volutamente non si stabilisce l’identità giuridica della famiglia, fondamentale aggregazione sociale. Questa ambiguità apre la porta alla forzata convivenza nell’UE di modelli di legislazione familiare incompatibili fra loro per principi e metodi, aprendo uno spazio giuridico agli avventurismi più pericolosi e divenendo un pericoloso germe di conflitto fra gli Stati dell’Unione, mentre di nuovo viene qui smentito nei fatti il sopra citato riferimento al “retaggio culturale, umanistico e spirituale” dell’Europa.
d) Nel medesimo Capitolo, non si comprende perché vengano citati, e quindi abbiano spazio, solamente gli Individui. Noi vogliamo che la “Carta” riconosca esplicitamente anche i Diritti delle Comunità concrete, dalla famiglia alle aggregazioni territoriali, professionali, culturali e spirituali, in quanto un individuo che pretenda di vivere prescindendo da queste forme di Comunità è un’entità astratta ed irreale, mattone ideale per ogni involuzione tecnocratica e totalitaria. La “Carta” deve altresì far propria la coscienza, comune a tutte le scienze sociali contemporanee, che ogni Comunità ha un valore proprio in sé, superiore alla somma degli Individui che la compongono, e pertanto costituisce un valore sociale da tutelare.
e) Nel medesimo capitolo, art. 14 comma 2, è assai discutibile che la definizione dei termini concreti in cui si esercita la libertà di educazione venga demandata agli stati nazionali: di nuovo questa scelta “di non scegliere” una strada comune apre la porta alla forzata convivenza nell’UE di modelli di legislazione scolastica scarsamente compatibili fra loro per principi e metodi, consente la sopravvivenza del peggiore statalismo d’eredità giacobina divenendo una volta di più un pericoloso germe di conflitto fra gli Stati dell’Unione, e ancora una volta viene qui smentito nei fatti il sopra citato rispetto nei confronti di un aspetto fondamentale del “retaggio culturale, umanistico e spirituale” dell’Europa, che è la libertà di educazione. A nostro parere la “Carta” deve riconoscere esplicitamente che l’educazione non appartiene agli Stati nazionali, ma necessariamente, sulla base del principio di Sussidiarietà, deve veder coinvolte in maniera diretta e con competenze decisionali tutelate dalla UE prima di tutto le famiglie.
f) La migliore precisazione nel Capitolo dedicato alla “Uguaglianza”, art. 21, del concetto di “tendenza sessuale”. Proibire in termini generici e astratti ogni forma di “discriminazione” sulla base delle “tendenze sessuali” comporta una possibilità di interpretazioni estreme della norma in questione assai vicine a quelle già avanzate ad esempio da alcuni circoli pedofili, che sulla base di un proprio supposto “diritto” alla libera estrinsecazione della propria sessualità hanno ripetutamente proposto in alcuni Stati europei la legalizzazione della pedofilia. L’UE non può evitare con le banalità del politically correct lo scoglio giuridico della definizione di un limite aldilà del quale le “tendenze sessuali” possano essere definite per quel che sono, ossia pervertite e pericolose sia socialmente che culturalmente, un pericolo per i singoli cittadini europei, specie se minorenni, e per l’Europa stessa.
g) Nello stesso Capitolo, sub art. 22, risulta addirittura avvilente la superficialità con cui la “Carta” liquida la tutela e la valorizzazione delle diversità culturali, religiose e linguistiche che costituiscono l’identità storica e sono la vita stessa dell’Europa, con un generico “rispetto” vuoto di contenuti e privo di impegni. Una superficialità che, aldilà delle intenzioni, non può non rafforzare i dubbi dei tanti europei che vedono nella macchina burocratica dell’UE la sopravvivenza di un’ideologia diffusa centralista e livellatrice, da due secoli il peggior nemico delle identità concrete del continente, e quindi dell’Europa stessa.
h) Nello stesso Capitolo, sub art. 23, risulta contraddittorio e pericoloso sottolineare dapprima l’eguaglianza tra i sessi e poi delegare il potere politico a legittimare delle eccezioni a questo principio forte. Il ricordo all’ovvietà politically correct del “sesso sottorappresentato” non riesce infatti a nascondere l’ombra ingombrante della memoria del XIX e XX secolo, in cui tutti gli stati totalitari hanno demolito l’uguaglianza reale tra i cittadini in nome di interventi pedagogici tesi a raddrizzare torti veri o presunti. L’UE deve far tesoro di questa esperienza tragica.
Questi sono ovviamente solo alcuni punti nevralgici della “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”, e lo spazio a nostra disposizione ci consente solamente di indicare i pericoli e gli errori. Quello che desideriamo sia condiviso dai cittadini europei è la constatazione che in questa materia è necessario procedere con cautela, senza ideologismi né idola tribus, dando vita ad un dibattito ampio e libero. E’ necessario che siano gli Europei stessi ad essere i protagonisti della nascita della “Carta” dei diritti dell’UE.
A questo fine continueremo a levare la nostra voce, chiedendo a tutti gli uomini europei di buona volontà di fare altrettanto.
Associazione Culturale Internazionale “Identità Europea”
Associazione Paneuropa San Marino
Roma – Repubblica di San Marino
23 ottobre 2000