L’Umbria «depotenzia» la famiglia

Dopo cinque giorni di dibattito e votazioni sugli 85 articoli del testo e sugli oltre 200 emendamenti presentati, il Consiglio regionale dell’Umbria ha approvato, in prima lettura, il nuovo statuto della Regione che con un colpo a sorpresa vede introdotto il
riconoscimento delle «altre forme di convivenza».

Da Milano Nello Scavo


Il voto per la definitiva convalida del testo si terrà tra 60 giorni.
Un tempo utile per riflettere su questioni chiave.
Al centro il controverso articolo 8, quello che in origine avrebbe dovuto riguardare la famiglia e che con un colpo di penna è saltato dal nucleo familiare costituzionalmente inteso alle più indefinite «varie forme di convivenza». Una scelta che ha suscitato perplessità.


«Non c’è dubbio che la redazione dello statuto risente di una certa fretta nell’approvazione», sostiene monsignor Vincenzo Paglia, vescovo di Terni. Che premette: «Per quanto riguarda l’articolo 8 è da ritenere positiva la scelta di aver legato il
concetto di famiglia a quello contenuto nella Costituzione italiana».


Ma il problema è che il testo alla fine va alla deriva, e «senza soluzione di continuità lo si svuota».
Il campo è di quelli minati. «Senza voler negare all’autorità civile di voler tenere conto di determinate situazioni – ribadisce il presule -, se si usa la ragione e la logica oltre che il buon senso, equiparare le “varie forme di convivenza” a quanto la Costituzione afferma relativamente alla famiglia, rende più che equivoco quanto è stato prima affermato».


La magna charta regionale è passata con il sostegno trasversale di Ds, Sdi, Margherita, Fi ed An, contrari Rifondazione comunista, Italia dei valori e Verdi ecologisti. Anche se sull’articolo 8 il riferimento alle «altre forme di convivenza» è stato voluto da
diciassette consiglieri della maggioranza di centrosinistra, da cui in quel frangente si è dissociata la Margherita.


Il testo dell’articolo contestato recita: «La Regione riconosce i diritti nella famiglia e adotta ogni misura idonea a favorire l’adempimento dei compiti che la Costituzione affida ad essa e tutela le varie forme di convivenza».


Analizzando quanto è accaduto monsignor Paglia rinuncia a qualsiasi tono polemico, anzi ricorda che la Chiesa umbra, e in particolare la Commissione episcopale giustizia, lavoro e pace ha già presentato in passato le sue osservazioni, frutto di una riflessione durata mesi, valutazioni tutt’altro che affrettate.


Ecco perché tutta la prima parte dell’articolo 8 viene considerata sostanzialmente corretta, proprio per il riferimento a quanto recita la Costituzione. Però con la scelta di voler estendere questo concetto ad una varietà di forme di convivenza – aprendo la strada a coppie di fatto, unioni tra omosessuali e quant’altro – si tradisce il senso originale del dettato costituzionale.


Tra l’altro lasciando aperte le porte alle più svariate interpretazioni, «anche le comunità religiose, così tanto presenti in Umbria – dice a mo’ di provocazione il presule di Terni – sono una forma di convivenza». A questo punto non resta che una
strada: «Quella di dividere i due concetti, famiglia e forme di convivenza – suggerisce Paglia – non equiparando la definizione a quella delle altre convivenze, interrompendo in una successiva revisione del testo, la consequenzialità presente nell’articolo 8
ponendo i distinguo del caso».

(C) Avvenire, 4-4-2004