Il sistema educativo della Polonia sovietica
È la scuola la deputata a formare e sviluppare la personalità dei cittadini: ecco perché negli anni Cinquanta i comunisti si premurarono di presidiare saldamente la scuola italiana, ecco perché oggi il centrosinistra si spaventa tanto e tanto si preoccupa di boicottare la riforma Moratti (in particolare quella dell’Università), che in qualche modo cerca di liberare il Paese da questa piaga…
Totalitario è quello Stato che «pretende di assorbire in sé la totalità delle manifestazioni in cui si estrinseca la personalità dei cittadini». È la scuola la deputata a formare e sviluppare la personalità dei cittadini: ecco perché negli anni Cinquanta i comunisti si premurarono di presidiare saldamente la scuola italiana, ecco perché oggi il centrosinistra si spaventa tanto e tanto si preoccupa di boicottare la riforma Moratti (in particolare quella dell’Università), che in qualche modo cerca di liberare il Paese da questa piaga.
Lo scrittore polacco Adam Zagajewski, nato a Leopoli nel 1945, fornisce indicazioni interessanti che aiutano a comprendere il ruolo strategico della scuola e a evidenziare l’enorme errore che si è compiuto nel lasciare a totale appannaggio dei comunisti quella italiana. Intanto è necessario fare una premessa, a prima vista banale: gli insegnanti hanno nei confronti degli alunni un vantaggio spaventoso. Si tratta di persone «formate», intellettualmente assai più solide del «materiale umano» su cui devono lavorare, capaci di affascinare, coinvolgere, deviare la mente dei ragazzi, che si trovano in un’età difficile, talvolta piena di complessi e problemi che li fanno sentire deboli, inadeguati, bisognosi di appoggio, di comprensione.
Zagajewski frequenta la scuola nella Polonia degli anni Sessanta, quella dominata da Gomulka, una marionetta manovrata da Mosca. Il Partito Comunista russo non sottovaluta certo l’importanza della scuola e adotta una serie di misure tese a persuadere la gioventù polacca alla supina accettazione del sistema politico ed economico sovietico, giocando sulla sottile distinzione tra socialismo ideale e socialismo reale, quello con cui la persona si dovrà scontrare più avanti, solo al momento dell’ingresso nel mondo del lavoro, quando le velleità rivoluzionarie che di solito animano i giovani stanno già gradualmente spegnendosi.
I cardini del sistema erano fondamentalmente due. Intanto la centralità della parola: «Nel totalitarismo di sinistra la parola è considerata come un’entità sacra, del tutto indipendente da ciò che avviene effettivamente nel mondo reale». Attraverso l’uso spregiudicato della parola la realtà assumeva dunque un aspetto assai differente. A scuola questa era la prassi. I ragazzi leggevano in traduzione libri sovietici scritti negli anni Trenta e Quaranta, infarciti di menzogne e che «sprigionavano un idealismo eccezionale». Insomma, non si trattava di rappresentare la realtà così com’era, quanto piuttosto come avrebbe dovuto essere! È chiaro che una tale operazione può riuscire solo a danno dei giovani, dal momento che gli adulti con la realtà hanno commercio e sanno bene come vanno le cose.
Il secondo aspetto – non meno decisivo e programmaticamente importante – è quello relativo al ruolo da assegnare alla storia. È chiaro, infatti, che gli studenti polacchi dovevano occuparsi della storia del loro Paese, che nominalmente era ancora libero e autonomo, ricco di una storia sua, particolare, nazionale, non certo priva di scontri con i vicini russi. La soluzione era subdola, spiazzante: «”La storia è già conclusa“: questo significa che le lotte per la libertà e i grandi conflitti storici sono già stati combattuti e sono finiti nel momento in cui è stato instaurato il sistema sociale progressista». Lo stesso Zagajewski ammette che gli ci è voluto un po’ di tempo per liberarsi da quella convinzione e quel che è peggio constata come, una volta sopraggiunto l’incontro-scontro con la realtà, subentrasse rapidamente la rassegnazione: «Per questo i bambini diventano vecchi nel significato psicologico del termine, quasi d’un colpo, senza fasi intermedie».
Per chi dunque si ostina a vedere il comunismo come un male minore rispetto al nazismo e al fascismo, per chi ancora nicchia di fronte ad autori come Solzenicyn e alle sue verità sui gulag, ecco un’altra prova della spietata sistematicità con cui i comunisti russi miravano all’azzeramento della persona attraverso la negazione di ogni libertà e l’utilizzo della menzogna sistematica tesa alla falsificazione della realtà.
La conclusione di Zagajewski è invece saldamente ancorata alla realtà e amarissima: «L’educazione è dunque una transizione dal socialismo ideale a quello reale che induce a poco a poco ad accettare lo status quo. Questo vale anche per lo status del sapere, della conoscenza del sistema politico: lo studente medio che esce dal liceo non conosce bene la natura e gli effetti del socialismo reale, non abbraccia l’intera struttura di potere del partito, non è conscio né del grado di concentrazione di questo potere, né della determinazione con cui esso tutela il proprio monopolio».
di Remo Viazzi – www.ragionpolitica.it – 8 luglio 2005
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