Bufera su mons. Bagnasco. Ma il caso non esiste

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Mons. Bagnasco:
precisazione in merito ad articolo odierno de
Il Secolo XIX
 
31 marzo 2007

Si rende noto che l’intervento di S.E. Mons. Angelo Bagnasco ieri a Genova, all’incontro degli operatori della Comunicazione Sociale della Diocesi, è stato male riportato con titolazioni e sintesi sommarie che risultano parziali e fuorvianti.

Decisamente «fuori bersaglio» anche alcuni titoli: uno su tutti quello di Repubblica.it che sbatte in apertura la foto del prelato con un bel “Bagnasco: ‘Il no ai Dico? Come a pedofilia e incesto’”. Oppure il sommario di Corriere.it: “Se cade l’etica, dopo i Dico saranno legalizzati incesto e pedofilia”…

Non così nell’articolo odierno di Avvenire che è fedele alla lettera e allo spirito dell’intervento che riportiamo integralmente

BAGNASCO: «PARLIAMO ALL’INTELLIGENZA»

«La Nota che il consiglio permanente della Cei ha presentato a proposito della famiglia fondata sul matrimonio, è una nota che cerca di parlare all’intelligenza dei credenti attraverso alcuni accenni alla fede ma, soprattutto, all’intelligenza comune, al buon senso, alla ragione attraverso delle motivazioni delle ragioni di tipo antropologico». Lo ha affermato l’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco intervenendo ad un incontro con gli animatori diocesani della cultura e della comunicazione. «La Nota è un esempio impegnativo – ha spiegato il presidente della Cei – con il quale ci siamo cimentati con molta coralità, con molto impegno e, mi pare, con un buon risultato. È un esempio di come oggi la comunicazione debba tenere conto delle ragioni antropologiche, non solo delle ragioni che derivano dalla fede, ma delle ragioni che derivano dal retto uso della ragione». Questo, ha affermato l’arcivescovo Bagnasco «per non cadere nella facilissima accusa che i cattolici vogliano imporre la propria fede, e le proprie convinzioni al popolo in un contesto di chiaro pluralismo». «Certamente – ha spiegato ai presenti – se noi come cattolici usassimo solo ed esclusivamente delle ragioni di fede, giustamente saremmo fuori da questo dinamismo democratico che è il confronto delle ragioni. Confronto retto, onesto, il più possibile pacato e rispettoso, cosa che non sempre accade». Proprio per ovviare a tali obiezioni, ha esortato l’arcivescovo, «dobbiamo sempre più abituarci, ancorati alle ragioni della nostra fede, ed imparare ad usare le ragioni della ragione».
In ballo, ha continuato il presule c’è una «corretta antropologia». Il rischio è la mancanza di «un criterio oggettivo per giudicare il bene il male». Se il criterio è quello «dell’opinione pubblica generale», allora, «è difficile dire dei no». Perché, ha detto ancora l’arcivescovo, «dire di no all’incesto o al partito dei pedofili in Olanda se ci sono due libertà che si incontrano?». Contro queste «aberrazioni già presenti almeno come germogli iniziali», è difficile resistere, «se viene a cadere il criterio antropologico dell’etica che è anzitutto un dato di natura e non di cultura».


di Adriano Torti
AVVENIRE  Sabato 31 marzo 2007