Battaglia alle Nazioni Unite sui diritti delle donne…

 l’aborto e la questione del gender


A dieci anni dalla Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne tenutasi a Pechino


NEW YORK, giovedì, 3 marzo 2005 (ZENIT.org).- Il 28 febbraio scorso, la Commissione sulla Condizione delle Donne (Commission on the Status of Women – CSW) delle Nazioni Unite ha aperto a New York la sua 49.ma Sessione i cui lavori, in corso fino all’11 marzo, saranno incentrati sullo stato della promozione a livello internazionale della parità dei diritti per le donne.


 

La Sessione della CSW, meglio nota come “Beijing+10”, giunge a dieci anni di distanza dalla Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne (Pechino, 1995) promossa delle Nazioni Unite (UN), al termine della quale venne adottata una Piattaforma per l’Azione (Platform for Action) mirata a creare i presupposti per l’uguaglianza fra i sessi, e l’attribuzione di maggiore potere decisionale e responsabilità alle donne.


I partecipanti a queste due settimane di discussioni faranno il punto sui traguardi raggiunti dalle donne, in questo decennio, analizzando vari argomenti fra i quali la povertà, l’istruzione, la sanità, la violenza, l’economia, l’autonomia nelle decisioni e l’ambiente.


Ogni anno a partire dall’adozione della Piattaforma per l’Azione, la Commissione che è responsabile della verifica delle attività successive alla Conferenza di Pechino ha preso in esame molte delle aree critiche contenute in essa, allo scopo di verificare i progressi compiuti e di avanzare le raccomandazioni necessarie per accelerarne l’attuazione.


Nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 1979 è stato approvato un documento denominato Convention on the Elimination of all forms of Discrimination against Women (CEDAW), il quale definiva la natura delle discriminazioni ai danni delle donne e costituiva una agenda che i Paesi firmatari della Convenzione si impegnavano a seguire nell’eliminazione delle stesse


Le raccomandazioni contenute nella CEDAW non sono in sé vincolanti a livello giuridico anche se esercitano pressioni sui Paesi affinché aderiscano alle interpretazioni della Convenzione.


La scorsa settimana, alla vigilia di questa Sessione, le Nazioni Unite hanno deciso di pubblicare la bozza di una breve dichiarazione che gli alti delegati governativi dovranno firmare venerdì, 4 marzo, e il cui testo – su cui le diverse Nazioni non hanno ancora raggiunto il consenso – verrà poi sottoposto al parere dei partecipanti al “Millennium Summit + 5”, che avrà luogo nel settembre 2005 a New York.


Nella dichiarazione le Nazioni Unite riaffermano e si impegnano all’implementazione della Piattaforma per l’Azione stilata a Pechino e composta da 150 pagine. Alcuni gruppi di donne, tuttavia, hanno sollevato delle obiezioni sul loro tentativo di smorzare il dibattito intorno ad alcuni punti delicati.


Infatti, nel corso di una seduta di negoziazione tenutasi venerdì scorso erano stati proposti dalle Nazioni Unite degli emendamenti nei quali si dichiarava che la Conferenza di Pechino non ha creato “nessun nuovo diritto umano internazionale” e non tenta di estendere il diritto all’aborto a livello globale.


La dichiarazione sembra rendere implicita però l’esistenza di tali “diritti”, hanno affermato gli ufficiali delle UN.


Nel frattempo, alcuni gruppi pro-life cattolici stanno tentando di far spostare il dibattito su questi punti controversi. Essi sostengono che alcune delle espressioni contenute nel documento non sono bilanciate e si oppongono alla dignità immanente dell’essere umano.


Uno di questi gruppi è il Movement for the Advancement of Rights, Virtue, Education and Leadership, più brevemente MARVEL, diretto da Jennifer Kimball, una studentessa di Bioetica. Fra le file della MARVEL figurano avvocati, filosofi, teologi, psicologi e giornalisti.


“Ciò che noi vogliamo vedere è una qualche riflessione sulla dottrina della Chiesa circa la complementarietà dei sessi”, ha detto la Kimball a ZENIT.


“In questo momento la Sessione sta provando a definire, dietro gli sforzi del movimento delle femministe radicali, il concetto di gender come qualcosa di costruito socialmente”, ha affermato.


Nella “Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo” (31 maggio 2004) la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva già osservato questa tendenza visibile nella società contemporanea ad “evitare ogni supremazia dell’uno o dell’altro sesso” cancellando “le loro differenze, considerate come semplici effetti di un condizionamento storico-culturale”.


Mettendo in guardia sui rischi di questa “antropologia, che intendeva favorire prospettive egualitarie per la donna, liberandola da ogni determinismo biologico”, di fatto – affermava il documento vaticano – si assiste alla nascita di ideologie che promuovono: “La messa in questione della famiglia, per sua indole naturale bi-parentale”; “l’equiparazione dell’omosessualità all’eterosessualità”; e “un modello nuovo di sessualità polimorfa”.


Un altro membro della MARVEL la politologa Erica Laethem, ha spiegato a ZENIT che la principale preoccupazione delle sue colleghe è “che il documento con cui abbiamo a che fare, promuova la totale uguaglianza su tutto. Come si può immaginare, ci sono alcuni problemi in questo, poiché si ha una perdita della natura della persona umana”.


La MARVEL auspica di poter chiarire i punti su cui i delegati dell’ UN tendono a disinformare o a fare pressioni. “Ciò può essere fatto solamente informando i delegati quasi parola per parola su tutte le implicazioni che ha ogni paragrafo del documento”, ha detto la Kimball. “In questo modo potranno realmente constatare quali saranno le conseguenze se il documento passerà sotto questa forma”.


“Molti dei delegati qui giunti non hanno sempre la necessaria educazione per comprendere appieno…I concetti che stanno dietro dottrine quali la ‘teologia del corpo’ e spesso non sono in grado neppure di definire cosa è la persona umana”, ha aggiunto ancora a ZENIT.


“Vengono a dibattere con bisogni e interessi del tutto legittimi nei confronti dei diritti delle donne e dei bambini, ma hanno bisogno di un aiuto in più da quelli come noi che hanno basato la propria istruzione su queste aree specifiche”, ha affermato la Kimball.


Josephine Quintavalle, Direttrice del Comment on Reproductive Ethics (CORE), ha detto a ZENIT di aver sempre riscontrato notevoli successi ogni qual volta si è trovata a cercare dei punti di accordo con i gruppi di femministe radicali.


“Per esempio, so che salterà fuori la questione della raccolta delle cellule uovo femminili a fini di clonazione e su come gli scienziati stiano cercando l’accesso meno dispendioso a ‘prodotti di maggiore qualità per la produzione degli embrioni”, ha poi aggiunto.


L a Quintavalle ha però sottolineato la possibilità di trovare “momenti di dialogo guardando allo sfruttamento delle donne nei Paesi poveri che si vedono sottrarre le loro cellule uovo senza spiegazione e dietro pagamento di misere somme di denaro”.


La Direttrice di CORE ha aggiunto: “Quando si arriva alle realtà brutali che veramente danneggiano una donna, e la sfruttano come ‘materiale riproduttivo’ sul mercato biotech, possiamo trovare un terreno comune che diventi il trampolino di lancio per una maggiore coalizione anche su questi temi”.


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