Il Repertorio Farmaceutico Italiano si è arricchito di un nuovo farmaco.
Un po’ in ritardo a confronto di altre nazioni. Era stato prodotto negli anni ’80 dalla Gedeon Richter e diffuso, con il nome di Postinor, prima in Ungheria e poi nell’Est europeo. Seri effetti collaterali avevano costretto a un ridimensionamento delle dosi.
Sopravvennero poi gli analoghi Norlevo – ecco il nome del nuovo farmaco – in Francia e PlanB negli Stati Uniti a sostituire gli estroprogestinici già in uso, ma meno sicuri.
La “nuova pillola” era stata preparata proprio per la “contraccezione di emergenza” da utilizzare, secondo le istruzioni, il più presto possibile dopo un rapporto sessuale a rischio, e ad arbitrio della donna senza alcuna necessità di prescrizione medica. Secondo i dati più recenti, il suo uso dovrebbe prevenire circa l’85% delle gravidanze. L’Italia – almeno agli occhi di chi accetta ancora di fatto e non solo a parole la deontologia medica ippocratica – si era meritato un onorevole rispetto per avere con giusta dignità resistito fino ad oggi all’introduzione del farmaco, e tanto più alla sua esclusiva scelta da parte della donna.
Da pochi giorni, però, è stata obbligata da inattesi provvedimenti ministeriali ad introdurre nel suo Repertorio Farmaceutico un “veleno”, il Norlevo.
Questo avrebbe dato all’Italia il modo di “ricuperare il tempo perduto”, scrive P. Puzzi nel web, sottolineando pesantemente con ciò la disinformazione in corso sia nell’ambito delle donne sia dei ginecologi. Tuttavia, l’informazione fondamentale e unica che egli offre, ripetuta e straripetuta in queste ultime settimane, è che “impedire o ritardare l’ovulazione o anche impedire l’annidamento della blastociste non può essere considerato come un aborto”.
E’ il veleno offerto esaltando il potere del farmaco, quello cioè di evitare gravidanze indesiderate, ma nascondendo il suo reale effetto: nel 20% dei casi può sospendere l’ovulazione, ma con risultati che potrebbero essere deleteri in eventuali prossime gravidanze, perché rimane alterato il fine orologio che regola la maturazione degli ovuli; nell’altro 80% sopprime non un “cumulo di cellule” ma un “soggetto umano” – umano nel suo pieno significato – che ha iniziato il suo proprio ciclo vitale.
Per questo 80% sopravviene proprio ciò che si affermava di voler impedire, la morte del figlio, a causa della sospensione o alterazione dei processi che ne regolano lo sviluppo, e delle relazioni indispensabili tra la madre e il figlio stesso appena concepito: questo è aborto.
Giocare sui termini con persone inesperte o insufficientemente preparate non è onesto. Insegnare a una società, ai giovani soprattutto, a uccidere e offrirne i mezzi rendendone sempre più facile e accessibile l’uso, sotto il pretesto di rispettare la libertà individuale, è una gravissima responsabilità. L’educazione è un grande valore e offrirla è un dovere. Le conseguenze della sua mancanza sono già evidenti.
Angelo Serra
(c) Avvenire, 2-11-200