BOLOGNA: come distruggere il cristianesimo?

  • Categoria dell'articolo:I diversi islam

La crociata della Giunta di Centro-Sinistra continua:
dopo il grosso finanziamento al “Party cittadino dello Sballo”, l’attacco alla Cattedrale di San Pietro,
il finanziamento alla Mostra su “La Madonna piange sperma” e ad una mostra su “I dieci comandamenti lesbo”, ecco un altro tassello del mosaico anti cristiano progettato dal capoluogo di una Regione guidata dall’Unione.
Il Comune permuta di 52.000 mq contro 6.000 mq a favore
dell’islam.
Obiettivo? Accrescere la diffusione dell’islam per mettere in difficoltà un cardinale che non tace.
Ma la Curia non si fa intimidire… e parla!

LA MOSCHEA


Alcune domande sul recente accordo tra il Comune di Bologna e il Centro islamico

Il Comune di Bologna procede con la permuta di un terreno di complessivi 6857 mq di proprietà dell’«Ente di Gestione dei Beni Islamici in Italia» con un altro terreno di 52000 mq e una superficie edificabile netta di circa 6000 mq per la costruzione di «sale polifunzionali, spazi per la preghiera di uomini e donne, spazi ricreativi, scuola, spazi per ospiti, ecc… forse con l’auspicio che l’erigendo centro diventi un «polo» dell’Emilia-Romagna e del nord-Italia…

Tra uscite estemporanee di titoli di giornali e il lavorio ordinario della giunta comunale sta procedendo il progetto che prevede la permuta di terreni tra il Comune di Bologna e l’«Ente di Gestione dei Beni Islamici in Italia» per la permuta di un terreno di complessivi 6857 mq di proprietà dell’«Ente di Gestione dei Beni Islamici in Italia» con un altro terreno di complessivi 52000 mq e una superficie edificabile netta di circa 6000 mq per la costruzione di «sale polifunzionali, spazi per la preghiera di uomini e donne, spazi ricreativi, scuola, spazi per ospiti, spazi accessori e di servizio (hall, magazzini, disimpegni, uffici, ecc.)». Sono ben lungi dal volere negare ai musulmani i fondamentali diritti che nel nostro ordinamento devono essere garantiti a tutti: sia la libertà di aggregazione che la libertà di culto. Anzi, penso proprio che le singole amministrazioni locali che hanno messo a disposizione dei musulmani residenti che ne hanno fatto richiesta spazi adeguati acché potessero esercitare il proprio diritto di aggregazione e di culto, si sono già mosse da tempo verso un vero servizio ai musulmani residenti, trattandoli non solo come immigrati-lavoratori (visto che la loro maggioranza è ancora di immigrati), ma come cittadini. Alcune domande e perplessità in questa vicenda tuttavia sorgono.

1. Quale vantaggio avrà il Comune da questa permuta e quale vantaggio avrà la cittadinanza bolognese che non è stata interpellata nemmeno a livello locale, ma si è vista «calare dall’alto» il progetto?

2. Ci sono le premesse e sono stati fatti degli sforzi per l’integrazione dell’erigendo centro con il territorio e la città?

3. L’interlocutore del Comune apparentemente è il Centro di Cultura islamica di Bologna, ma effettivamente è l’UCOII (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia) alla quale anche il Centro di Cultura islamica di Bologna aderisce. Tutti sanno le difficoltà che più volte hanno posto i rappresentanti dell’UCOII nella consulta islamica voluta dal ministero degli interni. Agirà l’UCOII nell’interesse dei musulmani bolognesi? Agirà nel rispetto e nella promozione dei valori espressi nella carta della convivenza maturata negli anni scorsi a Bologna?

4. Suscita perplessità il fatto che il Comune di Bologna abbia come unico interlocutore questa associazione, il «Centro di cultura islamica», quasi che quest’associazione rappresenti i musulmani bolognesi e sia in grado di interloquire con loro. Forse anche ci si auspica che l’erigendo centro diventi un «polo» dell’Emilia-Romagna e del nord-Italia, vista la complessità e la grandiosità del progetto. Sarà il Centro di cultura islamica il luogo nel quale, oltre a celebrare le feste annuali, tutti i musulmani di Bologna e della regione potranno trovare assistenza, dagli aiuti alimentari e di vestiario all’assistenza medica e sanitaria a quella legale, compiti finora svolti dalla Caritas e da altre istituzioni? Assisteranno anche i non-musulmani?

5. Manca ancora un’intesa tra lo Stato italiano e le organizzazioni islamiche in Italia, come si sa proprio per il problema della rappresentanza, non per problemi da parte dello Stato. In quale quadro giuridico si inserisce l’intesa tra il comune di Bologna e il centro di cultura islamica? Nell’intesa è previsto un «comitato di garanzia» che ha il ruolo precipuo di verificare le attività del centro: nel caso le modalità di esecuzione delle attività del centro diventassero non conformi con quanto stabilito nell’intesa o confliggessero con gli interessi del bene comune, quali spazi di manovra sono affidati a questo comitato di garanzia?

6. Ricordo ancora l’espressione «giù le mani dai nostri figli» della dottoressa Souad Sbai presidentessa dell’associazione donne marocchine in Italia e membro della consulta islamica in Italia rivolte ad Ali Abu Swhaima del centro islamico di Milano e della Lombardia in una trasmissione serale di «Porta a porta» riguardo alla vicenda della scuola di via Quaranta a Milano. Visto che nel documento di permuta si parla di «scuola» ci si chiede: che intenzionalità c’è? Nel caso si giunga alla costruzione di una scuola privata, si è davvero convinti che i giovani che studiassero in una scuola islamica arrivando al diploma come se avessero frequentato la scuola in un paese arabo (caso di via Quaranta a Milano), siano pronti ad inserirsi nel mondo del lavoro italiano e bolognese?

7. Anni fa, quando la regione Emilia-Romagna stanziò dei fondi pubblici per i centri culturali islamici, dissi ad un immigrato che, se i centri svolgevano attività di integrazione come con corsi di italiano per gli uomini e per le donne era giusto che percepissero questi fondi pubblici, ma se svolgevano attività religiosa non era giusto che li percepissero. Mi sembra che proprio su questo problema, sulla distinzione tra le attività culturali e quelle religiose, ci siano perplessità che dovranno essere scemate dai fatti.

di Don Davide Righi*

*Docente all’Istituto Superiore di Scienze Religiose, esperto di Islam, è sacerdote della Chiesa di Bologna dal 1987. Ha svolto divesi periodi di studio e pastorale in Libano, Egitto, Terra Santa e altre zone del Medio Oriente. Dal 1993 collabora con il Gruppo di Ricerca Arabo-Cristiana di cui è stato segretario. Tra le sue numerose dispense e articoli sull’Islam ricordiamo il documento «Islam e Cristianesimo», a cura della Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna, edito nel 2000.


Avvenire – Bologna7, 24 giugno 2007