Inquietante analisi della Cia: dietro gli attentati un piano ben mirato…

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Operazione Califfato


L’escalation degli attentati di Al Qaida comincia a far pensare che lo scenario della Quarta guerra mondiale disegnato da alcuni analisti americani (e non solo) sia tutt’altro che un esercizio intellettuale di strateghi e politici…

L’escalation degli attentati di Al Qaida comincia a far pensare che lo scenario della Quarta guerra mondiale disegnato da alcuni analisti americani (e non solo) sia tutt’altro che un esercizio intellettuale di strateghi e politici. Quarta guerra mondiale perché la terza fu – come ha ricordato Henry Kissinger qualche giorno fa – la Guerra Fredda. Un conflitto permanente e globale che punta allo «scontro di civiltà» per costruire un «nuovo califfato» senza confini. È uno scenario sul quale si sono esercitati gli analisti della Central intelligence agency qualche tempo fa con un corposo dossier,  intitolato Mapping the global future, elaborato dal «pensatoio» di Langley, il National intelligence council, un organo di studio e consulenza dei servizi segreti americani. Il rapporto di 123 pagine è uno scenario mondiale proiettato da oggi al 2020. La lettura, dopo gli attentati in Turchia, Inghilterra ed Egitto è impressionante.
Una sezione è dedicata ai cambiamenti nella governance dei Paesi chiave, di grande interesse le considerazioni sulla Cina e l’India (le superpotenze emergenti) e su tutta l’area strategica del Medio Oriente.  Secondo il Nic far crescere la democrazia in Irak, Afghanistan e consolidarne le basi in Indonesia, è una delle condizioni per creare il cambiamento in tutta l’area. In questa chiave, il rovesciamento del regime talebano a Kabul, la guerra preventiva in Irak e le azioni nelle aree del fondamentalismo islamico hanno una loro logica e urgenza. Il Nic tuttavia mette in evidenza la distanza che separa il resto del mondo dal Medio Oriente sul tema della democrazia economica e dei diritti civili (e fa riferimento al rapporto 2001 di Freedom House), in questo caso il ruolo combinato dei gruppi fondamentalisti e il freno al cambiamento determinato da un periodo di alti prezzi del petrolio sono già attuali e non occorre attendere il 2020 per vederne gli effetti.
Sull’importanza del fattore religioso e sullo scontro di civiltà, l’analisi è inquietante. Secondo gli studiosi del Nic over the next 15 years, religious identity is likely to become an increasingly important factor in how people define themselves: il fattore religioso nei prossimi quindici anni sarà sempre più importante nella definizione del chi siamo,  cosa vogliamo e dove andiamo. La radicalizzazione del confronto è già nei fatti, ma le previsioni sono ancor più allarmanti: molti fedeli delle varie confessioni si trasformeranno in «attivisti». Significa che tra gli Hindu, i cristiani evangelici, gli ebrei e i musulmani correrà sempre meno buon sangue. La visione manichea della società finirà per alimentare pericolosi conflitti locali o su larga scala.
Il radicalismo islamico porterà molti governi mediorientali a fallire l’aggancio con la globalizzazione.  Entro il 2020 la disseminazione della popolazione islamica (che crescerà a ritmi percentuali superiori a qualsiasi altra fede) nel mondo avrà effetti enormi e potenzialmente può arrivare a creare un’autorità che trascende i confini delle nazioni. Quest’ultimo aspetto ha un’importanza strategica che non sfugge certo a chi osserva il fenomeno del terrorismo islamico e di Al Qaida con gli occhi del realismo. Bin Laden e i suoi accoliti già oggi governano un network mondiale che supera i confini e l’autorità degli Stati. Il Nic inoltre – e questo assume valore dopo i fatti di Londra – mette in guardia sull’integrazione dei musulmani – ovviamente nei termini in cui fino a oggi è avvenuta – che si sentono «alieni» rispetto alla cultura occidentale. Tanto che musulmani di seconda e terza generazione, apparentemente integrati nelle società occidentali, stanno tornando ad abbracciare le idee dell’Islam radicale. Le biografie degli attentatori di Londra, Britons di terza generazione pronti a farsi esplodere a King’s Cross,  ne sono la prova più drammatica.
Quello della Cia è uno scenario plausibile, una realtà in fieri. Alcune ondate sono già arrivate, altre ne seguiranno molto presto. Forse prima di quanto ipotizzino gli stessi analisti statunitensi. Le estreme conseguenze potrebbero essere quelle della proclamazione di un nuovo Califfato. Uno scenario ben presente, tanto che il Nic vi ha dedicato quello che a Langley chiamano fictional scenario, una previsione per niente lontana da ciò che alberga nelle menti dei fondamentalisti islamici.  C’è chi sostiene (Igor Man) che il disegno del nuovo Califfato svanirà con Bin Laden e il suo ideologo, il medico egiziano Al-Zawahiri, l’uomo che prima di diventare il braccio destro di Osama era il portaborse di Abdel Salam Farag, il teologo che fece assassinare il presidente egiziano Sadat. È anche questa una previsione, e gli stessi americani pensano che il nuovo Califfato non avrà vita facile, che gli Stati arabi si divideranno e i terroristi attaccheranno i Paesi mediorientali che si oppongono. In attesa del futuro, il presente chiama l’Occidente a prendere atto che il problema dello scontro di civiltà a sfondo religioso esiste.

di Mario Sechi
il Giornale n. 176 del 26-07-2005