LA FOLLIA (gesuitica) CORRE SUL WEB

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Come un gesuita scende a patti con l’Islam radicale

L’incredibile anatema di padre Thomas Michel SJ (a lungo collaboratore di papa Wojtyła) a Benedetto XVI: «Il Pontefice ha offeso i musulmani […], mi attendo delle scuse chiare, nette e dirette».

Sono rimasto di stucco nello scoprire che all’interno del sito www.islam-online.net, legato al predicatore d’odio islamico Youssef Qaradawi, martedì sera rispondeva in diretta ai visitatori il padre gesuita Thomas Michel, per tredici anni capo dell’Ufficio per l’islam del Consiglio per il dialogo interreligioso del Vaticano. E lo shock è stato totale leggendo la sua netta condanna di Benedetto XVI: «Noi cristiani dobbiamo delle scuse ai musulmani». «Il Papa avrebbe potuto far riferimento alle crociate, volendo criticare la violenza ispirata dalla religione, senza offendere gli altri». «Il Papa non si è scusato ma autogiustificato. Mi attendo delle scuse chiare, nette e dirette».

Padre Michel è stato il più influente collaboratore di Giovanni Paolo II, dal 1981 al 1994, nella sua politica di riconciliazione e apertura con l’islam. Mantiene l’incarico di consulente del Vaticano ed è segretario del Dialogo interreligioso della Compagnia di Gesù e della Conferenza della Federazione dei vescovi dell’Asia. Che ci fa un religioso cattolico di questa levatura con chi, come Qaradawi, predica la sconfitta del cristianesimo e l’annientamento della civiltà occidentale, la distruzione di Israele e il castigo eterno agli ebrei, inneggia e legittima il terrorismo suicida palestinese e gli attentati contro gli occidentali in Iraq e Afghanistan? Eppure dalle risposte di padre Michel trasuda l’ansia di compiacere i discepoli di Qaradawi, condividendo la denuncia inappellabile di Benedetto XVI: «Il testo del discorso è stato scritto direttamente dal Papa. Sono delle sue opinioni personali. Non c’è dubbio che alcuni in Vaticano la pensino come lui, ma ce ne sono molti che sono in disaccordo. Penso che il riferimento a un personaggio male informato e con dei pregiudizi come Manuele Paleologo è stato una mancanza di rispetto. Il Papa dovrebbe avere dei consiglieri migliori, che gli avrebbero dovuto spiegare che quelle parole avrebbero distrutto anni di fiducia e apertura tra cristiani e musulmani».

In un’altra risposta padre Michel afferma: «Sono d’accordo con lei. La libertà d’espressione è vincolata alla responsabilità di non diffamare i profeti o i fedeli delle religioni». Fino a sposare la tesi della bontà dell’islam: «Credo che i media occidentali siano ingiustamente ossessionati dall’islam. Penso che tutti i fedeli delle religioni, compresi i cristiani, debbano essere riconoscenti ai musulmani per aver sollevato i temi di Dio e della fede nelle nostre società secolarizzate ». Padre Michel afferma la tesi del terrorismo reattivo, prevedibile e in qualche modo giustificabile: «Non credo che le dichiarazioni del Papa siano state sagge. Spero che non alimentino la violenza e che i musulmani accetteranno le sue scuse e lo perdoneranno». Critiche molto più esplicite di quelle, più velate ma non meno significative, espresse dal cardinale Martini e dal vescovo di Algeri Henri Teissier all’indomani del discorso del Papa all’università di Ratisbona il 12 settembre. Ma che stanno a significare che probabilmente c’è un secondo fronte che insidia assai da vicino il Papa: quello dei pastori della Chiesa che gli dovrebbero fedeltà assoluta sulle questioni dogmatiche, ma che nella nuova «guerra santa» scatenata dagli islamici sembrano fin troppo premurosi di non inimicarsi i predicatori d’odio.

Padre Michel è l’emblema dell’islamicamente corretto in seno alla Chiesa. Una nuova filosofia di vita che induce l’Occidente a autocensurare la propria libertà d’espressione per paura della reazione degli islamici. Come dimostra la recente decisione dell’Opera di Berlino di annullare l’Idomeneo di Mozart, che segue un’analoga decisione a Ginevra di sospendere il «Maometto» di Voltaire e la censura a Londra del «Tamerlano il Grande» di Christopher Marlowe. A maggior ragione preoccupa la reazione critica, se non ostile, di tanta stampa «autorevole» nei confronti del Papa. Se le mie posizioni dovessero coincidere con quelle di Bin Laden, dei Fratelli Musulmani e del regime nazi-islamico iraniano, capirei subito che ho sbagliato. Ma evidentemente c’è una parte di questo Occidente che preferisce infierire contro se stesso anziché difendere la propria civiltà minacciata dall’estremismo islamico. In Italia dovremo aspettare la messa al bando della Divina Commedia per svegliarci dal nostro torpore?

di Magdi Allam


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