Donazioni alle Regioni per la salute? Serviranno a procurare più aborti

Già lavoriamo più di 5 mesi su 12 per lo Stato: ora, per fronteggiare il coronavirus, arriva l’assurda richiesta di dare soldi alle Regioni e agli Enti Pubblici.

E’ noto che gli assessorati alla salute delle Regioni promuovono l’aborto e la RU486, il sesso libero tramite gli Spazi Giovani, portano il gender nelle scuole (https://www.fattisentire.org/sanita-a-bologna-aborto-e-gender/ ).
Stupisce come nessuna Regione abbia ridotto o limitato la pratica dell’aborto o la formazione libertaria dei giovani al fine di liberare risorse per assegnarle ai malati di Covid-19.

E’, invece, meno noto che nelle Regioni a guida PD le attività intese a diffondere l’ideologia gender sono state incrementate.
E’ il caso della Toscana, che lo scorso 23 marzo 2020 ha stanziato 80.000 € a favore dei transessuali (qui il video-denuncia: https://youtu.be/TgOgvdtB4Jo ). E anche il Cismai (Bibbiano) approfitta del momento di crisi per cercare di far passare un decreto per incrementare le possibilità di sottrarre i figli alla famiglia.

Anche la Protezione Civile chiede soldi (per l’acquisto di macchinari per la terapia intensiva), ma contestualmente la Società di Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva propone di lasciar morire il nonno: in nome della possibile insufficienza dei posti-letto si suggerisce brutalmente di non permettere l’ingresso in Terapia Intensiva di anziani affetti dal virus (qui il documento: http://comitatoveritaevita.it/wp-content/uploads/2020/03/SIAARTI-Covid19-Raccomandazioni-di-etica-clinica.pdf ).

L’irruzione nelle Chiese per interrompere le Messe (vedi Cerveteri), con l’impunità per la polizia municipale responsabile, è un altro fatto che sa di totalitarismo (vedere http://www.paginecattoliche.it/polizia-interrompe-le-s-messe-e-in-gioco-la-liberta-religiosa/ ).

I provvedimenti per salvare l’economia del paese NON sono solo offensivi per il buon senso, ma avranno anche un effetto certo.
Infatti, si continua a pensare solo alle fasce più deboli e alle imprese con minor fatturato: ad essere colpite saranno, invece, quelle più solide, più disposte al rischio d’impresa, che han fatto più sacrifici: probabilmente queste non potranno risollevarsi dopo questo lungo periodo di chiusura.
Come sempre le banche non potranno – giustamente – prestare soldi a chi non è più in grado di restituirli, pur con tutti i Fondi di Garanzia del mondo (vedasi l’inutilizzato Fondo per il terremoto in Emilia-Romagna).
Così, saranno colpiti i migliori: le partite IVA, i professionisti, gli artigiani, le imprese – sì, anche quelle grandi – e ci ritroveremo tutti a chiedere il “reddito di cittadinanza”.

Il coronavirus è davvero la priorità di questo Governo e delle Regioni?
Dietro a tutte queste morti, non c’è solo l’idea di far pagare meno pensioni all’INPS.
Tutti gli errori compiuti potrebbero non essere frutto di incapacità: c’è sotto un progetto.
Si chiama “Welfare”, che non significa solo “benessere del cittadino”: lo statalismo welfarista è una forma di socialismo che si occupa della nostra vita “dalla culla alla bara”.

Tutti schiavi dello Stato, è chiaramente lo scopo che si vuole raggiungere approfittando del virus che, come abbiam visto nei punti precedenti, è solo un’occasione per colpire la famiglia, la religione, la proprietà privata.

No, non dobbiamo dar altri soldi allo Stato e agli Enti pubblici: li utilizzerà per le sue priorità ideologiche.
Spieghiamo, invece, al clero, ai vescovi, agli esponenti del centro-destra, queste tessere del mosaico di Conte e del PD.

David Botti

Questo articolo ha 2 commenti

  1. Laura

    Sono stra d’accordo.

    A chi diamo i nostri soldi? A chi non sa gestirli? A chi non è in grado di proteggere i nostri sanitari?
    No grazie

  2. M. Rosaria Marinelli

    Solo a vedere le richieste mi saliva la rabbia. Io aiuto tramite le organizzazioni locali con la raccolta di alimenti che vengono distribuiti s chi ne ha bisogno perché ha perso il lavoro ed è in difficoltà. Altri aiuti li darei volentieri, ma a gente fidata, di cui non ho notizia.

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