Ecco chi sono
Un’indagine sorprendente rivela caratteristiche e aspirazioni di moderati ed estremisti. E i luoghi comuni vanno a farsi benedire. I musulmani radicali sono poveri e poco istruiti? Niente affatto. E neppure disprezzano la democrazia…
Se fossi nato in un campo profughi, sarei anch’io un terrorista. È una frase per nulla rara tra chi vede nella povertà e nella mancanza di educazione quanto meno delle concause della violenza esercitata in nome della religione. È un fatto che povertà e bassi livelli d’istruzione colpiscono molta parte del mondo musulmano; ma per questo si può dire che l’estremismo e il fanatismo religioso siano i prodotti più perniciosi di diffuse situazione di disagio? Gli estremisti sono più poveri e meno istruiti dei moderati? Sorprendentemente la risposta è no, secondo un’indagine di Gallup, che getta fasci di luce su un mondo spesso coperto dall’ombra del pregiudizio e delle facili semplificazioni.
L’istituto di ricerca statunitense ha svolto un’analisi (What makes a muslim radical) su un campione di musulmani in dieci paesi, classificando come “radicali” coloro che hanno detto di giustificare «completamente» gli attacchi terroristici dell’11 settembre e di avere un’opinione «negativa» o «molto negativa» degli Stati Uniti. Coloro invece che non ritengono giustificati gli attacchi alle Torri gemelle sono stati definiti politicamente “moderati”. Significativo che i moderati siano risultati il 26 per cento del campione, contro il 7 per cento dei radicali con punte del 26 per cento in Egitto e minimi dell’1 per cento in Marocco.
Le oltre novemila interviste condotte tritano una lunga serie di luoghi comuni e svelano che i musulmani radicali hanno molte più cose in comune coi loro cugini moderati di quanto si pensi e viceversa. E dicono anche che quell’Occidente che dice di voler rafforzare la componente moderata e isolare quella estremista del mondo musulmano deve sapere con chi ha a che fare.
Se fosse vero, come ritiene un terzo degli americani secondo un sondaggio svolto in marzo da Abc e Washington Post, che la religione islamica incoraggia alla violenza contro i non musulmani, si dovrebbe trovare una religiosità più spiccata tra i musulmani cosiddetti “radicali”. Non è così secondo la ricerca di Gallup. È sostanzialmente identica, infatti, la percentuale di musulmani moderati e radicali che frequentano funzioni religiose e che ritengono la propria fede importante nella vita quotidiana.
Ma il dato più interessante è senza dubbio quello che indaga la differenza tra moderati ed estremisti in termini di reddito ed educazione. Una differenza notevole. Ma invertita rispetto a quanto ci si aspetta. Sono infatti i musulmani radicali che beneficiano complessivamente di un reddito più alto e ricevono più istruzione dei loro correligionari moderati. I musulmani moderati con reddito basso o molto basso sono il 31 per cento contro il 22 per cento dei radicali, mentre questi ultimi schizzano al 25 per cento se si considerano redditi sopra la media o molto alti. Indietro, al 21 per cento, è il caso di dirlo, i “poveri moderati”. Situazione analoga per quanto riguarda l’istruzione, con i radicali al 44 per cento nell’educazione secondaria fino all’università e i moderati al 38 per cento. Insomma, gli estremisti a scuola ci vanno o ci sono andati e la loro visione politica non si può in alcun modo ricondurre a una mancanza di istruzione, né alla strumentalizzazione di masse ignoranti da parte di islamici radicali. Ben altro capitolo si aprirebbe, probabilmente, se ci si chiedesse che cosa viene effettivamente insegnato nelle scuole di cui sopra.
TRA OSTILITÀ E STIMA
Carta straccia, stando ai dati dell’indagine, anche le schiere di analisi che imputano alla disillusione e alla mancanza di prospettive per il futuro l’approdo all’estremismo. Gallup rivela che i soggetti politicamente radicali non sono assolutamente più pessimisti riguardo alla loro vita futura, rispetto ai moderati. Sono anzi di più i radicali che si dicono soddisfatti della qualità della propria vita e che si aspettano un futuro migliore (53 per cento, contro il 44 per cento dei moderati). Allontana l’immagine di un terreno povero e retrogrado quale quello in cui germoglia l’estremismo, il capitolo dedicato ai rapporti con l’Occidente. Esso viene infatti ammirato per il suo progresso tecnologico (il primo aspetto più ammirato dalle due categorie di soggetti) e in seguito per la sua libertà di espressione e la sua struttura democratica. Per entrambi i gruppi le percentuali sono sostanzialmente identiche. “Odiano la nostra democrazia e il nostro modo di vivere”, si sente spesso dire da Washington per giustificare determinate scelte nella guerra al terrorismo. Non è propriamente così, tuttavia l’indagine rivela anche un’ostilità profonda, circoscritta più alle politiche che ai cosiddetti valori occidentali – e in particolare statunitensi. Alla domanda «che cosa dovrebbe fare l’Occidente per migliorare le relazioni con il mondo arabo», la risposta più frequente, tanto tra i moderati quanto tra i radicali, è «rispettare l’Islam». Al secondo posto c’è la preoccupazione economica, per i musulmani moderati, e il diritto all’autodeterminazione per i radicali. Questi ultimi denunciano in particolare un senso di frustrazione politica, che li induce a sentirsi più minacciati dall’Occidente.
È singolare infine notare che i gruppi politicamente più radicali sono anche quelli più inclini a credere che «muoversi verso la democrazia aiuterà maggiormente il progresso delle società arabe e musulmane». I radicali che la pensano così sono addirittura il 50 per cento, contro il 35 per cento dei moderati. Un dato che può significare che neppure i più estremisti avvertono i valori democratici come contrari all’islam, oppure che la forma democratica è semplicemente più funzionale al loro disegno politico.
di Borselli Laura
Tempi num.47 del 07/12/2006