Un bambino, un voto. Cambierà la democrazia

Un progetto simile allo studio anche in Germania e Austria.


Le Acli: 10 milioni di cittadini senza rappresentanza. «Delega alle madri, dobbiamo aiutare l’infanzia»


di Gabriela Jacomella


Se il progetto dovesse andare in porto, l’Italia guadagnerebbe di colpo 10 milioni di elettori. «Per procura», certo, ma pur sempre di voti si parla. Per la precisione, uno per ogni bambino.

Dopo aver conquistato politici e pensatori di tutta Europa, la proposta di mandare alle urne anche i minorenni sbarca nel nostro Paese, con il motto «Un bambino, un voto». L’idea in sé è semplice: elaborare una modifica costituzionale che prenda alla lettera il concetto di «suffragio universale», allargando la piattaforma degli elettori fino a comprendere i minorenni. Spetterebbe ai genitori, in particolare alle madri, esprimere le preferenze dei propri figli sino al diciottesimo anno d’età. Questo, in sintesi, il senso della proposta fatta propria dalle Acli, che la presenteranno al loro convegno nazionale, in calendario a Torino dal 1° al 4 aprile. Non un progetto utopico, bensì il tentativo di dar rilievo politico e istituzionale al mondo dell’infanzia, troppo spesso trascurato dalle «agende» dei partiti.

L’IDEA RISALE AL 1848 – L’idea del suffragio ai più piccoli in realtà parte da lontano. Si potrebbe addirittura risalire al 1848, quando il sacerdote e filosofo Antonio Rosmini, nell’elaborare la sua proposta di costituzione, affermò che il diritto di voto avrebbe dovuto essere esteso a ogni cittadino di sesso maschile, al quale sarebbe spettato pure il compito di votare per moglie e figli. Un voto per ogni bocca da sfamare. Nell’Europa di oggi il dibattito è rinato nei Paesi che più di altri soffrono il gap generazionale derivante dal crollo demografico, Germania e Austria in testa: sono 47 i deputati tedeschi che lo scorso autunno hanno sottoscritto una mozione al Bundestag per concedere il voto anche ai bambini e, in Austria, la piattaforma Kinderwahlrecht jetzt!, «Diritto di voto ai bambini subito!», riunisce militanti di varia estrazione politica. «Mentre il politologo Philippe Schmitter – aggiunge Luigi Campiglio, prorettore della Cattolica di Milano, tra gli ideatori della proposta – ha elaborato un progetto di costituzione europea che estende il diritto di voto ai minorenni in tutti i Paesi dell’Unione, un’idea condivisa anche dal filosofo Philippe Van Parijs».


ESPERIENZE IN ITALIA – In Italia per la verità esistono già esperienze di partecipazione democratica da parte dei bambini: sono i Consigli comunali dei ragazzi, diffusi in circa 500 centri sparsi lungo tutta la Penisola. «I Consigli però – spiega Aldo Bacchiocchi, coordinatore nazionale dell’Anci per i minori – servono a dar voce in capitolo all’infanzia nell’organizzazione della città, ma hanno valore puramente consultivo. L’allargamento della rappresentanza ai più piccoli è un’esperienza mai tentata, né in Italia né altrove». «In futuro si potrebbe anche ipotizzare l’abbassamento dell’età del voto a 16 anni, come già avviene in Gran Bretagna per le amministrative locali – riflette il presidente delle Acli Luigi Bobba -. Per ora vogliamo solo attirare l’attenzione sul principio». Ma perché la delega alla madre? «In caso di separazione, nella maggioranza dei casi, è a lei che sono affidati i figli. E poi, specialmente quando i bambini sono piccoli, è la mamma a decidere per loro…». Di certo una proposta del genere avrebbe una conseguenza immediata nella ridefinizione del corpo elettorale: le regioni con un forte calo demografico, come Liguria, Toscana e buona parte del Centro-Nord, dovrebbero confrontarsi con un Mezzogiorno più «forte». Sulla bilancia del dibattito, c’è da scommettere, non peseranno soltanto i diritti dei bambini.


© Corriere della Sera, 30 marzo 2004