Storie di quotidiana persecuzione…

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La sharia in classe


Un insegnante convertito al cristianesimo punisce un alunno musulmano che arriva in ritardo. E lì cominciano i suoi guai…


 

Può un insegnante di inglese farsi 15 giorni di prigione, ritrovarsi la casa e le proprietà personali date alle fiamme con danni per oltre 8 mila dollari ed essere rinviato a giudizio per istigazione, sommossa e offese soltanto per aver punito uno studente che è arrivato tardi a lezione? Sì, se la scuola si trova in uno stato settentrionale della Federazione nigeriana, e se lo studente punito ha tirato in ballo nella storia la religione musulmana.
L’incubo di Joshua Lai, docente presso il Government college di Keffi, nello stato di Nasawara, è iniziato il 12 giugno scorso, quando uno dei suoi studenti si è presentato in classe verso le 9 di mattina in grave ritardo sull’orario della lezione, adducendo una giustificazione che il professore ha trovato indifendibile: il precetto della preghiera islamica mattutina. «Gli ho detto che stava mentendo, perché l’orario della preghiera islamica era passato da un pezzo», dice Joshua Lai, un ex musulmano divenuto cristiano (nel sud della Nigeria i cambiamenti di religione sono normali e non causano problemi), ben consapevole che la prima preghiera musulmana della giornata si tiene fra le 5 e le 6 del mattino. Il ragazzo è stato punito con alcuni colpi di verga (misura disciplinare ordinaria in tutta la Nigeria) e poi ammesso in classe. Nel pomeriggio il docente è stato convocato dal preside e, alla presenza di una mezza dozzina di altri insegnanti, interrogato sull’incidente accaduto in mattinata. Lai ha raccontato la storia per filo e per segno. Gli è stato allora detto che la sua ricostruzione coincideva con quella fatta dallo studente tranne che su un punto: che al momento di infliggere la punizione lui avrebbe detto «E adesso frusterò il profeta Maometto». Il professore ha vibratamente smentito la circostanza, ma i colleghi l’hanno avvertito che la situazione poteva farsi pericolosa. Difatti la notte stessa due studenti cristiani hanno bussato alla porta della residenza di Lai (dentro al college) per avvertirlo che un gruppo di studenti musulmani si preparava ad assalire la sua casa. Il professore insieme a un figlio ha trovato riparo prima presso una famiglia cristiana della città e l’indomani, saputo che la casa al college era stata bruciata e alcuni studenti cristiani aggrediti, è fuggito ad Abuja, la capitale della Nigeria. Lì lo hanno raggiunto e arrestato poliziotti inviati da Keffi. Il giorno 15 altri studenti cristiani sono stati aggrediti nel recinto della scuola, tre dormitori e due residenze di docenti cristiani sono stati dati alle fiamme, un’altra è stata saccheggiata. A quel punto il governatore dello stato, Abdullahi Adamu, ha accusato Lai di essere responsabile delle violenze e anziché scarcerarlo lo ha fatto trasferire nel carcere della polizia criminale a Lafia. Il tribunale lo ha rilasciato su cauzione e con l’obbligo di presentarsi ogni due settimane alla polizia di Abuja solo dopo un’altra settimana di prigione.
Ora Joshua Lai è in attesa di esser processato per i reati di cui si è detto all’inizio. Da giugno non riceve più lo stipendio e la scuola gli ha intimato di non azzardarsi a riprendere le lezioni. «Quello che mi aiuta a resistere è il fatto di credere che Dio permette tutto questo per uno scopo», ha fatto sapere l’insegnante. Keffi non è nuova a questo genere di incidenti: due anni fa un gruppo di estremisti islamici ha minacciato di uccidere alcune infermiere cristiane a causa della visibilità delle loro iniziative comunitarie. L’amministrazione ospedaliera aveva allora proibito tali attività. Nello stato di Nasawara è in vigore la sharia.


di Casadei Rodolfo
Tempi num.41 del 26/10/2006