Socci e il silenzio del Corriere sul ”caso Pio XII”

Il colpevole silenzio del Corriere


Inesistente la contrapposizione Roncalli-Pacelli, inesistenti soprattutto i casi storici di bimbi “sequestrati” e non restituiti ai genitori per ordine del Papa… Eppure, con nostra grande sorpresa, ieri il Corriere della sera – che pure prosegue l’infuocata polemica – l’ha totalmente ignorato.

di Antonio Socci

Cristiani ed Ebrei non sono mai stati così vicini come ora“. E’ la dichiarazione di ieri del Nunzio apostolico in Israele Pietro Sambi. Ed è vero. Eppure sono in tanti che lavorano per scavare un fossato fra loro e per opporre Stato d’Israele e Santa Sede. Costoro, nei giorni scorsi, hanno probabilmente trovato un’appetitosa opportunità nel presunto scoop lanciato in prima pagina sul Corriere della sera del 28 dicembre con questo titolo esplosivo: “Pio XII al nunzio Roncalli: non restituite i bimbi ebrei. Ma il futuro Giovanni XXIII disattese gli ordini giunti da Roma”.
Il caso, com’era prevedibile, ha fatto il giro del mondo e ha scatenato reazioni furibonde contro Pio XII sulla stampa europea. Sennonché il nostro Andrea Tornielli, con la collaborazione di Matteo L. Napolitano, è andato a scavare attorno allo strano documento pubblicato dal Corriere, e giorno dopo giorno sul Giornale ha ricostruito una situazione storica esattamente opposta a quella data per vera: inesistente la contrapposizione Roncalli-Pacelli, inesistenti soprattutto i casi storici di bimbi “sequestrati” e non restituiti ai genitori per ordine del Papa.
Ma soprattutto martedì scorso, su queste colonne, Tornielli ha esibito in esclusiva il documento risolutivo della controversia, questo sì un vero scoop. Si tratta del documento integrale da cui è stata tratta la paginetta isolata già lanciata dal Corriere. Insomma Tornielli (in team con Napolitano) ha rintracciato “le vere direttive vaticane”, che, rispetto al dattiloscritto “sparato” dal Corriere, differiscono su un punto fondamentale: l’istruzione vaticana consiglia qualche cautela quando a richiedere i bambini affidati dai genitori a istituti religiosi, siano degli sconosciuti senza legami di parentela (a nome di associazioni e organizzazioni), ma “altra cosa sarebbe” recita il documento vaticano “se i bambini fossero richiesti dai parenti”. Questa è la nota che ha avuto “l’approvazione” di Pio XII.
E’ un documento che – a nostro modesto parere – ribalta completamente la questione. Naturalmente si può dare un giudizio diverso, ma va argomentato perché, fino a prova contraria, questo è il documento completo e non se ne può prescindere. Eppure, con nostra grande sorpresa, ieri il Corriere della sera – che pure prosegue l’infuocata polemica – l’ha totalmente ignorato. Strana distrazione per un giornale che, nei giorni scorsi, aveva correttamente informato sugli sviluppi del dibattito. Penso che tale silenzio non proseguirà nei prossimi giorni, perché a dirigere il Corriere è un grande giornalista e storico come Paolo Mieli che non solo è noto per la sua apertura intellettuale, ma è stato uno dei protagonisti della “civilizzazione” del dibattito culturale italiano. Fino a qualche anno fa infatti nel confronto culturale sui giornali dominavano gli anatemi reciproci, le demonizzazioni, la guerra per bande, il pregiudizio ideologico, il boicottaggio degli “isolati” o delle “culture minoritarie”, l’aggressione in branco.
Mieli – insieme a una piccola cerchia di intellettuali liberali – ha per anni demolito, giorno dopo giorno, questo settarismo nazionale (specialmente radicato a sinistra), insistendo fino alla noia sul dovere del rispetto, sulla necessità di ascoltare tutte le campane, sull’obbligo della correttezza nell’uso dei documenti storici, sulla trasparenza e sul bisogno di dare diritto di cittadinanza a tutte le voci, le culture e le verità, anche quelle più scomode e anticonformiste.
Credo peraltro che il giorno in cui fu lanciato quel discusso “scoop”, Mieli fosse appena arrivato alla direzione. Molto probabilmente in condizioni normali lui stesso si sarebbe accorto che – così com’era – la pubblicazione di un simile documento era a dir poco frettolosa e incauta. Fin dai primi giorni padre Gumpel, uno storico competente e rigoroso, richiesto di pareri dai mass media, ha continuato a ripetere che non aveva senso dibattere di una nota dattiloscritta senza firma, di cui non si conosce la provenienza esatta, il destino e l’attendibilità, dal tono molto insolito, oltretutto scritta in francese (che non è la lingua del S. Uffizio) e presentata in traduzione senza originale e pure senza foto del documento (perfino la data, si è scoperto, era un’altra). Invece il Corriere ha proposto il tutto fuori da ogni cautela e si è scatenato un dibattito durissimo, si sono menati fendenti micidiali sul povero Pio XII e poi pure su Giovanni XXIII che, con sommo dispiacere dell’autore dello scoop, un cattolico progressista, è finito anche lui nel tritacarne.
Non era questa la strada. Soprattutto trattandosi di un tema tragico come la shoah e della dignità della Chiesa. Come ha ricordato Pietro De Marco su Avvenire, già Federico Chabod, nelle Lezioni di metodo storico, spiegava l’abc che ogni storico dovrebbe conoscere a mente: “prima di servirci di una fonte documentaria (…) è chiaro che noi dobbiamo essere ben sicuri della sua autenticità formale: vale a dire, che quel documento sia stato effettivamente emanato, sotto quella data, dall’autorità, ufficio, persona da cui appare emanato”.
Lo scoop (vero e rigoroso) di Tornielli e del Giornale dimostra che quella cautela era essenziale, perché oggi, di fronte al documento completo la verità appare essere tutt’altra. Ed è semplice da riassumere: Pio XII, minacciato lui stesso di deportazione dai nazisti e a rischio della sua vita e della vita di centinaia di religiosi inermi, ha fatto salvare in Italia e in Europa migliaia e migliaia di ebrei. Si può avere Pacelli in antipatia, ma nessun’altra istituzione – oltretutto inerme ed esposta a qualsiasi vendetta (che vi furono, e durissime, sui religiosi) – ha fatto nulla di paragonabile per gli ebrei braccati dagli sterminatori nazisti.  Pio XII inoltre aveva dato l’ordine di non battezzare nessun bambino ebreo se non richiesto dai genitori. I pochissimi casi isolati di battesimo dato a bambini affidati a cattolici (i quali forse temevano che fossero in pericolo di vita) non avevano l’approvazione della Chiesa. Furono eccezioni e comunque poi risolti al meglio. Per avere un’idea del rispetto della Chiesa di Pio XII per la fede degli ebrei perseguitati basti ricordare il meravigliato articolo del “Palestine Post” (22.1.1946) che racconta come i frati di Assisi, nascondendo una grosso gruppo di ebrei, avevano fatto allestire loro una sinagoga nel sotterraneo del convento di S. Francesco.  Straordinaria è anche la storia che proprio oggi, su queste colonne, ricostruisce Tornielli e che ha al centro proprio Pio XII. Una vicenda esemplare per capire il suo personale atteggiamento. Molto significativa anche la testimonianza, su queste colonne, di R.A. Segre, per capire come andarono le cose negli anni epici della commovente fondazione di Israele (un vero Risorgimento). Proprio negli anni Cinquanta tutte le maggiori autorità dell’Ebraismo vollero far avere al Papa il loro commosso ringraziamento per quanto lui e la Chiesa avevano fatto. A cominciare dal rabbino Isaac Herzog che è stato così citato in questi giorni.  Se la Chiesa fosse stata considerata allora da tali autorità alla stregua di un sequestratore di bambini ebrei, non sarebbe certo stata coperta di ringraziamenti da tutte queste autorità ebraiche. Ciò fa capire che l’interpretazione da dare a tutto l’affaire è esattamente opposta rispetto a quella che è passata: questi documenti non sono il segno di uno scontro fra Pio XII ed Ebrei, ma – al contrario – rispecchiano il clima di collaborazione e di stima reciproca che si era venuto a creare dopo la shoah. Un clima che c’è bisogno di ricreare. Anche ripristinando la verità storica e documentaria.


Il Giornale 13.1.2005