Razzismo laico

A Roma una suora in cattedra.
Deve sparire.

Vogliono mandare al confino le suore, estrometterle dalla vita pubblica, chiuderle in monastero. Sta accadendo a Roma in questi giorni, scuola elementare Jean Piaget, via Suvereto. Un gruppo di zelanti genitrici, guidate da una «cassintegrata dell\’Alitalia» ha chiesto la testa di una maestra colpevole di essere suora. Costei, un tipo minuto, è una suora padovana di 61 anni della Congregazione di Maria Consolatrice. Non ha fatto propaganda di Gesù, quando mai. Insegna italiano, ha il curriculum giusto, i titoli di studio, sta in graduatoria. Ma per il fatto di essere suora, secondo la mamma «cassintegrata dell\’Alitalia», non può essere una dipendente dello Stato laico. Deve sparire.
«È per l’abito che indosso – afferma la suora – non per come faccio l’insegnante». È consapevole di «non dover oltrepassare il limite. Misuro ogni parola quando faccio lezione, sono anche troppo scrupolosa – spiega – ma nessuno di noi può negare che scriviamo anno 2009 perché è nato un certo Signore chiamato Gesù Cristo».
La dirigente scolastica Maria Matilde Filippini, che pure si professa atea, taglia corto: «Non chiederò l’allontanamento dell’insegnante» e conferma anche la decisione di non accogliere la richiesta di alcuni genitori di spostare i figli dalla II C. E la direttrice atea rincara la dose:«Questo è razzismo laico, viviamo dei tempi cupi». «Se proprio vogliono, siano loro a cambiargli scuola».
Per il momento la questione si ferma qui. Grazie a Dio. Ma già si intravvede cosa potrà accadere in seguito anche in altre parti d’Italia. Pessimi segnali.

Se la prof è suora il velo non piace più
In una elementare di Roma genitori in rivolta contro la religiosa che insegna italiano: «Questa è una scuola pubblica, faremo ricorso al Tar». Ecco dove può arrivare un malinteso senso del «pluralismo religioso».
 
Vogliono mandare al confino le suore, estrometterle dalla vita pubblica, chiuderle in monastero. Sta accadendo a Roma in questi giorni, scuola elementare Jean Piaget, via Suvereto. Un gruppo di zelanti genitrici, guidate da una «cassintegrata dell\’Alitalia» ha chiesto la testa di una maestra colpevole di essere suora. Costei è un tipo minuto. Non ha fatto propaganda di Gesù, quando mai. Insegna italiano, ha il curriculum giusto, i titoli di studio, sta in graduatoria. Ma per il fatto di essere suora, secondo la cassintegrata dell\’Alitalia (un nome, un programma), non può essere una dipendente dello Stato laico. Deve sparire.
Scrive Fabrizio Caccia sul Corriere della Sera: «Un gruppo di mamme ieri mattina ha incontrato la preside, Maria Matilde Filippini. Il motivo? La nuova maestra d\’italiano della II C, da venerdì scorso, è una suora. Suor Annalisa Falasco, padovana, 61 anni, della congregazione di Maria Consolatrice, è stata mandata dal provveditorato di Roma a sostituire l\’insegnante di ruolo, che ha appena vinto una borsa di studio e se ne è andata altrove. Dice ora Patrizia Angari, trentasei anni, cassintegrata Alitalia, a nome pure delle altre mamme: «La nostra è una scuola pubblica, una scuola statale, perciò se serve faremo ricorso al Tar. Qui non è in discussione la persona, la suora sarà pure bravissima ma io contesto l\’istituzione che rappresenta. Cioè la Chiesa. Voglio vedere cosa dirà la maestra a mio figlio quando Valerio le chiederà come è nato l\’universo. Sono atea e credo che la scuola pubblica debba essere quantomeno laica. O no?».
Che Paese stiamo diventando? Dov\’è che si era vista una scena così? La madre lavoratrice che organizza un comitato di mamme democratiche e smaschera il traditore che corrompe i fanciulli? Va be’, c\’è stato il caso di Socrate, ma non esageriamo. Più vicino a noi: Unione Sovietica, ventesimo secolo. Arcipelago Gulag di Solgenitsin racconta vicende di questo genere. Sbugiardare il finto compagno, rivelare che è un prete, consegnarlo alla vergogna popolare. Sulla Pravda apparivano le lettere delle mungitrici di renne, da noi le più rappresentative sono le hostess Alitalia, ad alcune delle quali i privilegi devono aver dato alla testa. Anche da cassintegrate è più alto il loro mensile di quello complessivo di un esercito di suorine che puliscono il sedere a bambini e a vecchi.
C\’è bisogno di spiegare perché tutto questo è razzismo, convinto per di più di essere progressista? I razzisti sono quelli che dividono gli esseri umani in due categorie: le persone degne di godere dei diritti umani, e quelle meno, molto meno. Qui si nega a una persona il diritto di meritarsi un posto di lavoro sulla base dell\’appartenenza a una religione. Se ci fosse una magistratura seria interverrebbe aprendo un fascicolo sulla vicenda intestandolo alla Legge Mancino, là dove si punisce «… con la reclusione sino a tre anni chi (…) incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi» (art. 1).
Una bella idea di laicità esprime la mamma citata. È in linea di navigazione con una deriva tutta occidentale. L\’Europa si vuole annullare, si odia. Detesta le sue origini. In nome dell\’illuminismo giacobino fa fuori l\’illuminismo ragionevole, e con esso si uccide, lasciando spazio a una tranquilla invasione islamica.
Il principio di uguaglianza è per la cultura dominante come una pialla: implica omogeneizzarsi alla religione di Stato, che a quanto pare esige la riduzione della fede a fatto privato, con una ridicola confusione tra laicità e miscredenza violenta.
La cosa più incredibile non è che ci sia in giro qualcuno con le idee strane, ma che raduni intorno a sé gente normale pronta a darle ragione. E in Italia siamo ancora fortunati, perché questi casi appaiono isolati. Ma ci sono inchieste condotte specie nel Nord Europa dove si rivela che essere cristiani è un vero handicap sociale. Si chiama cristianofobia questa malattia europea, si è espressa nella sentenza contro i crocifissi sulle pareti delle scuole, e in Italia ha questi epigoni. Il risultato? È molto più difficile trovare comprensione se sei una suora che se sei un imam. O un propagandista dello yoga. Fare il presepio è intolleranza, invece introdurre, ad esempio, il buddismo è ritenuto molto laico, in perfetta armonia con la laicità della scuola. La preside Filippini, che è donna di buon senso, dichiara: «L\’insegnante che c\’era prima della suora impartiva ai bambini dei corsi di benessere yoga: li faceva sdraiare in cerchio, disegnava dei mandala e recitavano insieme dei mantra…». Om, Om, Om. Quello andava benissimo alla signora dell\’Alitalia. Invece nominare Gesù a Natale è un delitto.
Noi suggeriremmo alla suora, se non è troppo tardi, di dichiararsi sì suora, ma anche lesbica, o almeno suora incinta, e farsi fare un anatema dal vescovo, come nei film alla moda di Almodóvar. Diventerebbe un\’eroina. Forse le perdonerebbero persino se facesse dire le preghiere ai bambini.
di Renato Farina
Il Giornale venerdì 11 dicembre 2009
 
 
La fede non può essere "vista"? Protesta a Roma
È arrivata la nuova maestra. È abilitata all’ insegnamento, ha alle spalle anni in cattedra, secondo le graduatorie il posto tocca a lei. Ma quando entra in aula, in una elementare statale di Roma, delle madri corrono dalla preside. A protestare, indignate. Perché quella maestra, è una suora. Visibilmente una suora: porta perfino la veste nera sopra al velo bianco. Troppo, davvero, per quelle mamme "laiche e democratiche", che ora minacciano ricorso al Tar.
Chi ha paura di una suora? Quella di Roma è una donna di 61 anni, i capelli grigi, l’aria, a dire il vero, mite. Ex allieva del cardinale Martini, neanche porta sulla veste quel crocefisso attorno al quale oggi tanto animatamente si discute. Sorride tranquilla: «Tanto ce l’ho qui dentro, nel mio cuore». E dunque la storia di Roma nemmeno è una questione di segni esibiti o rifiutati. «Cosa risponderà», trema invece una madre, «se mio figlio chiedesse come è nato l’universo?» Già. Non le verrà mica in mente, alla sorella, di accennare, accanto alla corretta idea evoluzionista, l’assurda ipotesi di un Creatore? (Dove si vede come certo laicismo radicale sia in realtà un credo integralista, spaventato all’idea del confronto con l’altro).
E non importa se la legge italiana non preveda – e ci mancherebbe altro – la esclusione dei religiosi dall’insegnamento, in un’inimmaginabile discriminazione fra cittadini e sotto-cittadini. Tuttavia in qualcuno permane un meccanismo automatico, quasi pavloviano, per cui quell’abito è intollerabile. L’abito che sta a indicare, netta, ben visibile, l’appartenenza cristiana. Altrettanto cristiani però sono, nelle loro vesti borghesi, migliaia di maestri e professori nelle nostre scuole.
Qual è il punto di attrito, allora? Forse l’abito di una suora come segno indiscreto e visibile della propria fede. Che è ammessa finché sia faccenda pudica, privata, mantenuta estranea alla vita quotidiana. Finché stia in chiesa e non si immischi di cose concrete come la politica, o l’educazione. Come farebbe, altrimenti, un maestro che manifestamente creda in un Dio a presentare agli alunni l’umano scibile con la dovuta neutralità, con la necessaria prudente equidistanza da ogni visione del mondo? Come farebbe a insegnare che nulla è oggettivamente vero, ma tutto invece opinabile, secondo l’imperativo del relativismo in cui oggi, coscientemente o no, si crescono i figli?
Una suora in cattedra, questo no. Il rigurgito di una sorta di razzismo laico. No, nemmeno se non porta il crocefisso sul petto: tanto ce l’ha nel cuore, dice. Peggio, direbbero quelle madri, se fossero più acute. Perché un crocefisso di legno potrebbe anche essere lì, e non rappresentare niente. Potrebbe restare sul muro di un’aula a impolverarsi, innocuo sotto a sguardi abituati.
Ma se davvero uno ce l’ha, come dice la suora di Roma, nel cuore, allora ha un’attenzione all’altro che meraviglia, col tempo, anche i bambini di una chiassosa classe elementare. Perché quella veste e quella croce si testimoniano nella passione all’altro. Perfino al ragazzo dell’ultimo banco, apparentemente il peggiore. E quanta ce ne vorrebbe, di questa passione, in certe nostre aule di ragazzi lasciati soli, di figli bulli per noia.
di Marina Corradi
Avvenire 11 Dicembre 2009