Prodi vuole sdoganare Hamas in Europa

Prodi ha già tradito l’Ue «Ora rivalutiamo il governo di Hamas» 


Inizia con una clamorosa dimostrazione di doppiezza, il Prodino-bis apparecchiato dalle sinistre. Intervistato dall’emittente araba Al Jazeera, il Professore dice senza peli sulla lingua che «bisogna accettare i risultati delle elezioni palestinesi» e aggiunge che si impegnerà personalmente «a livello europeo per definire una nuova posizione nei confronti del nuovo governo palestinese» avendo guardato «con molta attenzione ai segnali d’apertura di Hamas». 

Gongola l’emittente araba, sottolineando come fosse tra l’altro «la prima volta» che Prodi rilasciava una intervista al canale satellitare. Peccato però, che poche ore dopo, sottoposto ad analoga richiesta di chiarimento davanti alla stampa straniera riunita a Roma, lo stesso leader dell’Ulivo tenesse a garantire come il suo governo intendesse «agire seguendo la logica europea», visto che ci sono «alcuni problemi legati al riconoscimento dello stato di Israele e al terrorismo».
Insomma nel   breve giro di poche ore il Professore concede la patente d’agibilità ad Hamas parlando con gli arabi e gliela nega – visto che da Bruxelles i ministri degli Esteri giusto lunedì scorso hanno ribadito il divieto assoluto di dialogo con Hamas fino al riconoscimento degli accordi siglati a suo tempo dall’Anp – parlando con giornalisti per lo più europei. Prodi1 e Prodi2: quale il vero? Senza contare che spunta in serata addirittura un Prodi3. Quello – rilanciato da Al Jazeera che magari si era resa conto di averlo fatto sporgere un po’ troppo – che assicura come «il problema palestinese è la madre di tutti i problemi» e che farà di tutto per riunificare l’Europa nella ricerca della pace, altrimenti «vedremo».
Marco Taradash, già deputato azzurro e portavoce dei Riformatori Liberali trova che non ci sia contraddizione tra i due primi Prodi, ma semmai un ispiratore. «Yasser Arafat, parlando inglese porgeva l’ulivo a Israele e all’opinione pubblica internazionale, ma quando si rivolgeva in arabo ai suoi connazionali incitava all’odio contro gli ebrei e alla distruzione del loro Stato».  Una accusa molto dura quella rivolta al Professore. Che ha evitato di tornare sull’argomento. Forse perché per lui, il Medio Oriente è terreno minato. Non solo all’interno della sua coalizione, ma anche per i precedenti vissuti a Bruxelles, nei panni di presidente Ue.
Fu infatti sotto la sua guida che il Centro Europeo di Vienna, incaricato di sondare le paure degli europei, sfornò un documento in cui al primo posto figurava lo stato di Israele. La cosa venne tenuta nascosta per un po’; poi un giornale inglese si impadronì del malloppo e fu scandalo.  Per riparare si organizzarono convegni nella capitale belga. Ma anche qui Prodi ebbe sfortuna: fu ripreso dalle telecamere dell’Europarlamento mentre Israel Singer, direttore del congresso ebraico mondiale, cercava di frenarne la rabbia assicurando che lui era diverso da altri ebrei, «quei sapientoni che avevano deciso di sedere al fianco di Berlusconi» durante un suo viaggio a New York.
Sempre all’Europarlamento fiorirono raccolte di firme che chiedevano lo stop dei finanziamenti ad Arafat,  accusato di usarli per suoi scopi personali, anziché alleviare le sofferenze nella striscia di Gaza o nei territori. Aggiungendo a ciò fotocopie – inviate naturalmente dagli israeliani – in cui si evidenziavano pagamenti ai terroristi di Hamas. Ma Prodi faceva rispondere ai suoi che «prove certe» non c’erano. Come fece finta di nulla quando, dopo l’attentato alle sinagoghe di Istanbul, che costarono 26 morti e 242 feriti, Stefano Di Segni – esponente della comunità ebraica italiana – rivelò che giusto un mese prima della strage,  rivendicata dal «Fronte islamico combattenti Grande Oriente», il cui fine è trasformare la Turchia in uno stato islamico basato sulla Sharia, proprio la sua Ue si era rifiutata di inserire quel gruppo tra le organizzazioni terroristiche, nonostante il governo di Ankara ne avesse fatto esplicita richiesta.
Adesso le moine tv ad Hamas, seguite dalla fermezza promessa ai giornalisti europei. È solo un davvero criticabile Giano bifronte o siamo già al Prodi-Arafat?

da Il Giornale 13/04/2006