ORISSA: la violenza continua. Ma chi interviene?

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Continua il martirio dei cristiani in Orissa

Due tribali cristiani, un padre e suo figlio di 15 anni, sono stati uccisi da un gruppo di estremisti indù nella notte fra il 2 e il 3 ottobre nel villaggio di Sindhupanka. Lalji Nayak, torturato per costringerlo ad abbandonare la sua fede cristiana, è morto dopo aver rifiutato, a causa delle ferite riportate. Una madre di famiglia è stata uccisa e almeno 300 case di cristiani sono state bruciate nel distretto di Kandhamal (Orissa) a oltre un mese dal pogrom contro i cristiani, lanciato da organizzazioni indù fondamentaliste.
Mons. Agnelo Gracias vescovo ausiliare di Bombay, analizza, in un interessante articolo, le verità e le menzogne dietro alle violenze contro le comunità cristiane in Orissa e in altri Stati.

Padre e figlio cristiani uccisi a colpi di ascia in Orissa

L’uomo era un leader cristiano molto influente. I radicali indù mirano ad eliminare i capi delle comunità. Sfiducia diffusa nell’opera della polizia. Arrestati con molto ritardo 4 estremisti accusati di aver violentato una suora.

Bhubaneshwar (AsiaNews) – Due tribali cristiani, un padre e suo figlio, sono stati uccisi da un gruppo di estremisti indù nella notte fra il 2 e il 3 ottobre nel villaggio di Sindhupanka, distretto di Kandhamal.

Si tratta di Dushashan Majhi  e del suo figlio 15enne Shyam Sunder Majhi. I due stavano dormendo fra i resti della loro casa, distrutta giorni prima dai radicali indù. Dushashan era il capo di una comunità cristiana, molto stimato e influente. L’eliminazione dei capi delle comunità è divenuto il primo obbiettivo dei gruppi fondamentalisti per fermare l’opera dei cristiani e quelle che essi chiamano “conversioni forzate”.

Una fonte locale di AsiaNews ha dichiarato: “Dushashan era un leader importante della comunità. L’anno scorso si era anche presentato alle elezioni locali, per diventare capo villaggio. Di recente aveva denunciato anche alcuni estremisti che avevano bruciato e distrutto la chiesa del villaggio durante le violenze seguite all’assassinio di Swami Laxamananda Saraswati”.

La morte dello Swami, che la polizia sospetta essere opera di maoisti, ha scatenato il 24 agosto un pogrom contro i cristiani e le loro istituzioni che dal distretto di Kandhamal (Orissa) si è diffuso anche in altri Stati della confederazione.

“Questi fondamentalisti – continua la fonte – mirano a eliminare in modo sistematico i capi cristiani più influenti. Dushashan e suo figlio stavano dormendo nella loro casa demolita. Nella notte i radicali li hanno presi, portati fuori e uccisi con un’ascia”.

Ieri sera la polizia ha confermato i fatti. Molte testimonianze accusano però la polizia di inazione, incapace di prevenire e garantire sicurezza alla popolazione cristiana. Altri parlano in modo aperto di connivenza.

Un esempio è dato da ciò che è avvenuto in questi giorni, in cui 4 radicali indù sono stati arrestati accusati di aver stuprato una suora a Baliguda. Le violenze sono avvenute il 24 agosto scorso. Alcune dottoresse hanno visitato la suora la notte stessa dell’incidente e hanno presentato il rapporto confermando le violenze sessuali entro 72 ore dall’incidente. La polizia ha però impugnato il rapporto e fatto gli arresti solo il 1° ottobre. E solo il 3 ottobre, 38 giorni dopo il fatto, Naveen Patnaik, Chief minister dell’Orissa, si è espresso sull’incidente definendolo “selvaggio” e “vergognoso”.

L’ispettore capo della stazione di polizia di Baliguda è stato sospeso dal servizio. Ma molti cristiani sono convinti che tutte queste decisioni sono avvenute solo per la cattiva pubblicità che sta ricadendo sul governo dell’Orissa, dopo che la notizia dello stupro della suora è stata diffusa sui giornali nazionali.

Fonti ecclesiali locali hanno però detto ad AsiaNews che anche i 4 arrestati sono soltanto dei capri espiatori per frenare le critiche di inazione verso la polizia e il governo: non sono loro gli autori delle violenze contro la suora.
di Nirmala Carvalho
AsiaNews 04/10/2008 12:01

 

Lalji Nayak, martire per la fede in Orissa

Minacciato di morte, non ha rinunciato alla fede cristiana. Ma vi sono anche altri che sotto minacce sono stati costretti a convertirsi all’induismo. Cristiani feriti assaliti anche in ospedale. Nel distretto di Kandhamal altri tre villaggi attaccati. I missionari di Madre Teresa vogliono tornare per prendersi cura dei lebbrosi e dei tubercolotici.

Bhubaneshwar (AsiaNews) – Lalji Nayak, torturato per costringerlo ad abbandonare la sua fede cristiana, è morto 2 giorni fa a causa delle ferite riportate. Il p. Manoj Nayak, dell’episcopio di Bhubaneshwar lo definisce “un martire per la fede”.

P. Manoj racconta: “Loro [gli assalitori radicali indù] gli hanno infisso un coltello al collo, minacciandolo di ucciderlo se non rinunciava alla sua fede cristiana. Lalji, anche se era tutto ferito e sanguinante, ha rifiutato di abbandonare la sua fede. È morto il 1° ottobre all’ospedale”.

Il villaggio di Lalji Nayak, a Rudangia, è stato attaccato dai fondamentalisti indù il 30 settembre scorso, alle 4 di mattina. Rudangia è all’interno del distretto di Kandhamal, l’epicentro da cui è iniziato il pogrom contro i cristiani da oltre un mese.

Gli assalitori hanno sorpreso le famiglie cristiane nel sonno e hanno colpito le persone con asce, bastoni, lance e coltelli. Nell’assalto, una donna cristiana, Ramani Nayak, una madre di famiglia, è stata uccisa. Almeno 6 persone sono state ferite e ricoverate all’ospedale di Behampur. Fra un bambino di 8 anni con sua madre e lo stesso Lalji Nayak.

Lo stesso giorno in cui è morto Lalji, i feriti sono stati attaccati anche dentro l’ospedale. P. Oscar Tete, superiore dei Missionari della Carità, il ramo maschile dell’ordine di Madre Teresa, ha dichiarato ad AsiaNews: “Il 1° ottobre una folla inferocita è entrata all’ospedale di Berhampur creando disordine e confusione. Sono stati fermati solo un momento prima di attaccare i 6 feriti. Ormai i cristiani sono presi di mira anche negli ospedali”. Quest’oggi p. Tete trasferirà i feriti scampati al linciaggio nella Casa Madre Teresa di Bhapur Bazar, sempre a Berhampur.

P. Oscar Tete era il responsabile del lebbrosario Shani Nivas a Srashananda, nel distretto di Kandhamal, che è stato distrutto dai radicali indù il 24 agosto scorso, all’inizio del pogrom.

P. Oscar racconta i fatti di quel giorno: “Avevamo appena lasciato la casa che ospita i malati, quando è arrivata una folla enorme. Hanno bruciato completamente l’edificio in cui erano ospitati i lebbrosi e anche la cappella, appena ricostruita dopo le violenze del dicembre scorso. Gli estremisti hanno cominciato a picchiare i malati per far loro confessare dove eravamo nascosti. Poi hanno versato qualche agente chimico nei loro occhi e hanno distrutto anche la nostra casa. Nei giorni seguenti siamo riusciti a portare questi lebbrosi e tubercolotici prima al campo di rifugio di Udaigiri e poi nella casa Madre Teresa di Berhampur”.

Da allora, in Orissa e in altri stati si registrano ogni giorni violenze e distruzioni. Ieri pomeriggio 120 case di cristiani sono state bruciate nel distretto di Baudh, confinante con quello di Kandhamal. Gli abitanti sono fuggiti nella foresta.

P. Oscar Tete non dispera e vuole ritornare a Srashananda, per prendersi ancora cura dei lebbrosi e dei tubercolotici. “Madre Teresa – dice – ci ha sempre chiesto di essere solidali con i poveri e i sofferenti. Non possiamo abbandonare la nostra missione”.

P. Manoj a Bhubaneshwar racconta anche una storia di umiliazione: il dolore di suo padre anziano che minacciato con una scure al collo, è stato forzato a convertirsi all’induismo. “Mio padre era il postino del distretto, una persona molto rispettata. È stato anche catechista della diocesi negli ultimi 30 anni. Il 27 agosto una folla di radiclai indù sono arrivati al villaggio di Tiangia e si sono scatenati prendendo di mira proprio mio padre, Analekt Nayak. Avevano preso informazioni su chi erano i leader della comunità. Hanno piazzato un’ascia sul collo di mio padre e lo hanno costretto a diventare indù. Ora, dopo più di un mese, mio padre è loro prigioniero, continuamente circondato da estremisti che non lo lasciano un istante. Ma il dolore di essere stato forzato a convertirsi all’induismo è la tortura più profonda che sta attraversando”.
di Nirmala Carvalho
AsiaNews 03/10/2008

 

Orissa: uccisa una cristiana, altre 300 case bruciate

La donna uccisa è Ramani Nayak, una cristiana madre di famiglia. Il marito e le due figlie sono riusciti a fuggire. I feriti sono una diecina. Fra essi un bambino di 8 anni e sua madre. Due giorni prima un uomo è stato torturato per costringerlo a rinunciare alla sua fede cattolica. La polizia appare incapace di intervenire e prevenire gli incidenti che si susseguono da oltre un mese.

Bhubaneshwar (AsiaNews) – Una donna è stata uccisa e almeno 300 case di cristiani sono state bruciate nel distretto di Kandhamal (Orissa) a oltre un mese dal pogrom contro i cristiani, lanciato da organizzazioni indù fondamentaliste.

Quest’ultima violenza è avvenuta ieri alle 4 di mattina. Gruppi di organizzazioni radicali indù hanno sorpreso 3 villaggi cristiani nel sonno e hanno colpito le persone con asce, bastoni, lance e coltelli.

La cristiana uccisa è Ramani Nayak, una madre di famiglia. Il marito e le due figlie sono riusciti a fuggire. Una decina di persone sono state ferite e sono ora all’ospedale di Behampur. Fra quelli più gravi vi è un bambino di 8 anni e sua madre. Dopo aver messo in fuga gli abitanti, i gruppi radicali hanno razziato le case e usato  bombe molotov per innescare gli incendi. Le fiamme e il fumo nei tre villaggi continua ancora oggi. Anche una cappella è stata danneggiata.

I villaggi attaccati sono 3 : Rudangia, Telingia e Gadaguda, tutti nel G. Udaygiri Block. Secondo testimoni oculari, la polizia era presente e non ha mosso un dito. Quando alcune famiglie cristiane hanno cominciato a difendersi, i poliziotti sono intervenuti e hanno arrestato 10 persone. Non è chiaro se gli arrestati sono i radicali indù o gli abitanti dei villaggi.

Due giorni prima, un cattolico dell’area di Phiringia è stato condotto all’ospedale dopo aver subito torture da parte di indù che volevano costringerlo a rinunciare alla sua fede cristiana.

La polizia ha imposto di nuovo il coprifuoco nella zona.

Dal 24 agosto, da quando è cominiciata la campagna di violenze contro i cristiani, vi sono stati 60 cristiani uccisi; 178 chiese distrutte e danneggiate; 4600 case di cristiani incendiate; 13 scuole o centri sociali distrutti; più di 50 mila persone in fuga; oltre 18 mila feriti.
AsiaNews 01/10/2008 10:47

 

Ancora incendi contro case cristiane in Orissa. Recuperati 3 corpi nel fiume

I cadaveri sono di un gruppo che giorni fa aveva vaccinato gli abitanti di un villaggio. L’eliminazione dei cristiani si attua secondo un progetto in varie tappe. È iniziata anche una campagna di disinformazione a livello internazionale.

di Nirmala Carvalho

Bhubaneshwar (AsiaNews) – I corpi di tre persone sono stati trovati ieri nel fiume vicino a Kandhamal, il distretto che è divenuto da oltre un mese l’epicentro delle violenze contro i cristiani in Orissa. I corpi sono quelli di una coppia e di una donna che nei giorni scorsi erano scomparsi dopo aver distribuito e iniettato vaccini a un villaggio vicino. Intanto i radicali indù hanno continuato la loro opera di distruzione nella zona di Raikia (Padrikia, Mondasoro), Tikabali e Didrabadi (vicino a Daringbadi).

Una fonte di AsiaNews, la cui casa è stata distrutta, afferma: “La situazione è insostenibile. C’è un vero e proprio progetto sistematico per eliminare la vita cristiana, uccidendo persone e distruggendo proprietà. Nessuno ci aveva preparato a tanta violenza”.

P. Nithiya segretario generale della Commissione Giustizia e Pace indiana, conferma che il Vhp (Vishwa Hindu Parishad) e il Bd (Bajrang Dal) stanno forzando tutti i cristiani a diventare indù. “Questo progetto non risponde solo a motivazioni politiche, ma è una strategia per cancellare i cristiani dall’Orissa”. Il sacerdote spiega che vi è un vero e proprio programma le cui tappe vengono seguite in modo puntiglioso:

1)      I dalit e tribali cristiani vengono minacciati se non si convertono all’induismo. Per ogni villaggio selezionato, i gruppi fondamentalisti annunciano la data entro cui deve avvenire la conversione.

2)      I fondamentalisti avvertono i cristiani di quel villaggio di far tornare per quella data anche i loro familiari fuggiti, che si trovano nei campi di rifugio o altrove.

3)      Alla data stabilita, i cristiani devono firmare un documento che afferma che la loro riconversione è avvenuta “in piena libertà”. Se non accettano di firmare sono torturati e uccisi.

4)      Se diventano indù, sono costretti comunque a pagare una multa di 1000-1500 rupie (15 – 22 Euro);

5)      Come segno di tale conversione, essi devono distruggere statue cristiane, vandalizzare chiese e perfino uccidere altri cristiani che resistono alla riconversione.

6)      Quelli che non ritornano ad essere indù vengono depredati: le organizzazioni fondamentaliste ordinano che casa, terreni, proprietà siano presi dai loro vicini indù. Il resto viene dato alle fiamme.

7)      I cristiani che rifiutano la conversione sono fuggiti nelle foreste o nei campi di rifugio. Vi sono circa 25 mila persone in 17 campi. È vietata l’entrata a organizzazioni non governative e a individui. Sono permessi solo dottori per cure mediche, ma essi sono vigilati per timore di “conversioni forzate” al cristianesimo.

8)      Il Vhp e il Bd sono a caccia soprattutto di sacerdoti, suore, pastori e delle loro famiglie per ucciderli.

9)      Tutte queste violenze avvengono alla luce del giorno, nelle città, sulle strade principali, senza che la polizia intervenga. Per i gruppi fondamentalisti in Orissa c’è perfetta impunità.

Intanto il governo dello Stato  continua a proclamare che è tutto sotto controllo e che tutto è a  posto. Poche notizie trapelano dall’Orissa. E quelle poche che si diffondono sono manipolate. Nei giornali indiani nazionali e perfino alla Bbc si parla di associazioni tribali del’Orissa (il Kui Samaj) che cerca di difendere i diritti dei tribali poveri contro “l’arroganza” dei cristiani, che derubano i terreni dei tribali, e che minacciano i responsabili dell’organizzazione.

Un sacerdote che lavora in Orissa spiega: “Anzitutto non si dice che il Kui Samaj non è un’associazione qualunque, ma è legata al Bjp (Bharatiya Janata Party) e al Bd, e quindi al mondo indù fondamentalista. Quello che si vuol far passare come scontro etnico è in realtà uno scontro di casta. Gli indù non dalit non accettano la crescita sociale ed economica  dei dalit e dei tribali cristiani. A loro dà man forte anche la comunità dei commercianti: sono loro che procurano il kerosene e la benzina per bruciare le proprietà dei cristiani”.
AsiaNews 29/09/2008 13:27

 

Vescovo di Mumbai: Perchè gli indù attaccano noi cristiani

Mons. Agnelo Gracias vescovo ausiliare di Bombay, analizza le verità e le menzogne dietro alle violenze contro le comunità cristiane in Orissa e in altri Stati. Le menzogne sulle conversioni forzate. Il diritto dei cristiani a evangelizzare e di ogni uomo a convertirsi. Anche perché non vi è religione più missionaria di quella indù.

di mons. Agnelo Gracias

Mumbai (AsiaNews) – Guardiamo da vicino i recenti attacchi contro i cristiani. Esaminiamo anzitutto le supposte ragioni per questi attacchi e quindi approfondiamo quali siano le cause reali delle violenze. E poiché le conversioni forzate sono la più comune ragione che viene espressa, in una terza parte esaminiamo proprio il tema “conversione”.

1. Le ragioni (false) degli attacchi

a) I cristiani vengono colpiti per l’uccisione di Swami Laxmanananda Saraswati, avvenuta in Orissa. Le inchieste ufficiali indicano i maoisti fra gli autori dell’assassinio. In effetti, l’esecuzione [dello Swami] è stata subito condannata dai cristiani. Personalità come il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, hanno condannato l’uccisione in una conferenza stampa. Anche la Conferenza episcopale dei vescovi cattolici ha pubblicato una dichiarazione di condanna. Lo stesso ha fatto il presidente dei vescovi dell’Orissa, mons. Thomas Thiruthalil. In una conferenza stampa egli ha detto: “La comunità cattolica dell’Orissa è rimasta ancora una volta sconcertata in modo terribile dal brutale assassinio di Swami Laxmanananda Saraswati e di quattro suoi collaboratori… Noi, la comunità cattolica dell’Orissa, condanniamo profondamente il barbaro incidente…”.

Nonostante ciò, il Vhp (Vishwa Hindu Parishad) e il Bd (Bajrang Dal) hanno spinto le folle indù ad attaccare i cristiani. Essi volevano un pretesto per lanciare i loro attacchi.

b) I cristiani vengono attaccati per un pamphlet che disprezza l’induismo. Tale libretto sembra essere stato pubblicato dal movimento protestante New Life.

Se davvero questo libretto è circolato, si dovrebbe anzitutto investigare su chi lo ha pubblicato e punire gli autori, non usarlo come un pretesto per attaccare tutti i cristiani in modo indiscriminato. È estremamente improbabile che un gruppo cristiano abbia compiuto una simile pazza azione, in un momento come questo. Come tutti sanno, il libretto potrebbe essere anche stato pubblicato da qualche gruppo anti-cristiano, proprio per attizzare le fiamme del conflitto etnico-religioso.

Un pregiudizio molto diffuso dice che i cristiani disprezzano le altre religioni. La posizione della Chiesa cattolica su questo punto è molto chiara; il Concilio Vaticano II ha espresso con molta lucidità la posizione della Chiesa verso le altre religioni: “La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini” (Nostra Aetate, n. 2). Per questo la Chiesa esorta i cattolici perché “con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi” (Ibidem).

c) I cristiani sono attaccati per le conversioni. Il Vhp e il Bd agitano in modo costante questo spettro delle conversioni. Cerchiamo di guardarlo con realismo: se ci fossero [come si dice] molte migliaia di conversioni, il numero dei cristiani sarebbe altissimo. Invece è vero l’opposto. I dati statistici mostrano un abbassamento della percentuale nella popolazione cristiana dell’India a confronto con tutta la popolazione: 2,6% nel 1971; 2,44% nel 1981; 2,32% nel 1991; 2,3% nel 2001. E il calo continua.

Conversioni forzate? La Chiesa cattolica è del tutto contraria all’uso di ogni forza. Il Concilio Vaticano II l’ha dichiarato: “La Chiesa proibisce severamente di costringere o di indurre e attirare alcuno con inopportuni raggiri ad abbracciare la fede, allo stesso modo in cui rivendica energicamente il diritto che nessuno con ingiuste vessazioni sia distolto dalla fede stessa” (Ad Gentes, n. 13). E il diritto canonico è esplicito: “Non è mai lecito ad alcuno indurre gli uomini con la costrizione ad abbracciare la fede cattolica contro la loro coscienza” (Can. 748, 2).

Conversioni attraverso lusinghe? Questa è una bugia ripetuta spesso. La Beata Madre teresa ha scritto nel 1979: “Non sminuite la religione indù dicendo che i nostri poveri indù abbandonano la loro religione per ‘un piatto di riso’. Da parte mia, non ho mai visto nulla del genere, sebbene noi nutriamo migliaia di poveri di tutte le caste e tradizioni, sebbene migliaia siano morti fra le nostre braccia, in splendida pace con Dio”.

È vero il contrario: quelli che divengono cristiani rinunciano ai benefici che il governo dà alle caste disagiate [garantiti invece agli indù – ndr], alle quote riservate per loro. Nonostante essi perdano così tanto, i dalit accettano di diventare cristiani!

Diversi Stati hanno varato leggi anti-conversione. Il primo è stato l’ Arunachal Pradesh nel 1978, il Gujarat nel 2003, il Madhya Pradesh e il Chhattisgarh in 2006 ; l’ Himachal Pradesh in 2007. Essi prevedono pesanti punizioni in caso di conversioni forzate o ottenute con lusinghe. Noi abbiamo sfidato pubblicamente i governi a portare delle prove su questi casi. Ma fino ad oggi, non un singolo caso di conversione simile è stato messo in luce.

Il fatto che i governi non siano in grado di evidenziare alcun caso, è un segno che questa accusa è solo una bugia. Il fatto stesso che gli indù stravedono per portare i loro figli alle nostre scuole per ricevere l’educazione è un segno che essi non sono per nulla preoccupati dalle conversioni. [Se quell’accusa fosse vera] essi dovrebbero essere preoccupati perché noi potremmo influenzare le tenere menti dei loro figli. E invece succede il contrario: essi ci supplicano che noi li ammettiamo nelle nostre scuole!

2. Qual è la ragione della violenza contro i cristiani e il loro lavoro fra i tribali e i dalit?

La risposta è socio-economica. Attraverso l’educazione, i tribali e dalit non accettano più di essere sfruttati. La stratificazione economica viene capovolta. Non dimentichiamo che l’Rss [Rashtriya Swayamsevak Sangh, gruppo di militanti indù fondamentalisti] è composto da membri di caste alte che hanno grossi interessi a mantenere lo status quo.

Secondo gli insegnamenti e l’esempio di Gesù, l’amore per Dio e per i nostro simili sono inseparabili, come i due lati di una stessa moneta: Chi non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede?” (1 Giov 4,20). Gesù descrive la sua missione nel modo seguente: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con  l\’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto  messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione  e ai ciechi la vista;  per rimettere in libertà gli oppressi…” (Luca 4,18).

Quando Gesù ha guarito i malati, si è mescolato con gli emarginati [i fuori casta], ha assistito i poveri, queste opere non erano lusinghe, ma il concreto realizzarsi del “Regno di Dio” che lui predicava: un regno di amore e di giustizia. Allo stesso modo, le attività umanitarie della Chiesa cattolica non sono per nulla delle lusinghe. Essa cammina sulle orme di Gesù.

Non per apologetica, ma possiamo essere orgogliosi del servizio che svolgiamo nella nostra nazione, specie verso i più poveri e i più diseredati. Vorrei che qualcuno dei fondamentalisti che ci stanno attaccando, visiti la casa di Madre Teresa per i moribondi e gli abbandonati a Sanali street. Che contino quanti sono i cristiani e quanti di loro sono stati battezzati. Che visitino la Niramay Niketan a Trombay [quartiere a nord di Bombay- ndr], dove si curano i malati di Aids. Un uomo affetto da Aids, aveva bisogno di avere l’amputazione delle gambe, ma quasi 100 dottori lo hanno rifiutato; alla fine ne ha trovato uno che ha accettato di operarlo. Quest’uomo e molti altri come lui sono curati con amore dalle suore. I fondamentalisti non accetterebbero mai di venire così a contatto con questi pazienti, nemmeno a toccarli. Per essi questi sono rifiuti umani da consegnare alle immondizie. Per noi questi non sono cristiani, indù o musulmani, ma solo esseri umani da amare e curare.

3. La questione della conversione

Nessuno di noi è nato cristiano, indù o musulmano: nulla, nel nostro sangue appre segnato come caratteristica di una religione o di un’altra. Ma siamo nati in una religione – o meglio, in una comunità religiosa. La gente di solito rimane nella comunità religiosa in cui è nata. Vi sono anche quelli che esercitano la loro libertà per abbracciare una religione che li soddisfi di più  nella loro ricerca di Dio e della pienezza. In questioni religiose, nessuno deve essere forzato ad agire in una maniera contraria alle sue credenze; nessuno deve essere limitato nel vivere secondo i suoi principi di fede. Questa è la questione della conversione. Non è un diritto religioso, ma piuttosto un diritto umano.

Non abbiamo il diritto a convertire gli altri. Abbiamo diritto di parlare del nostro credo e della nostra religione , il diritto di propagare la nostra fede. Questo è garantito dalla Costituzione. E l’altro ha diritto a convertirsi se lo sceglie.

Oggi più che mai viviamo in un “villaggio globale”, in una società aperta dove le idee si trasmettono e attraversano tutte le frontiere. Come vi sono persone che cambiano la loro ideologia o militanza politica, così vi sono persone che cambiano la loro religione. Se io posso cambiare il mio partito politico, perché non posso cambiare la mia religione?

Per concludere, possiamo sottolineare che è falsa la rivendicazione così diffusa che l’Induismo non ha mai fatto conversioni, né ha mai inviato missionari. Nell’anichità, nessuna nazione ha mai inviato così tanti missionari come l’India per diffondere la religione (indù e buddista): dallo Sri Lanka alla Cina! A tutt’oggi vi sono più missionari indù in India e in occidente che missionari cristiani in India. Templi indù continuano ad essere edificati in Europa e in America.

AsiaNews 29/09/2008 16:49