L’ultimo filosofo

Le cose sono andate così. L’arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, doveva parlare giovedì scorso a un convegno parrocchiale organizzato dal centro sportivo italiano. Poteva, parlando, tacere. Cioè parlar d’altro, come si fa di solito, e invitare i parrocchiani a volersi bene e a tirar calci al pallone in piena carità, magari scambiandosi un segno di pace, così trendy di questi tempi.


A pensare la realtà è ormai solo la Chiesa, con pochi compagni di viaggio


Invece ha parlato sul serio. Ha parlato e riflettuto o “filosofato” intorno all’unica cosa che conti, portando la guerra dello spirito nella capitale accademica della semiologia, la scienza delle interpretazioni che sostituiscono quel residuo innocuo che è la realtà (Bologna grassa, dotta, rossa e postmoderna): l’educazione come introduzione alla realtà e al suo significato, ha spiegato l’arcivescovo, è diventata “impensabile”. Non dobbiamo molte spiegazioni ai lettori di questo giornale per la pubblicazione integrale di quel testo (in seconda pagina) e per il commento che abbiamo richiesto a un eccellente storico della filosofia antica (Giovanni Reale, in prima pagina, ma ci torneremo su).



I lettori sanno che per noi “filosofare” non significa impartire lezioni ai filosofi classici dalla cattedra della trionfante modernità, pensando che il tempo storico superi e porti a una sintesi più alta e vera le idee del passato: si tratta piuttosto di capire che cosa abbiano veramente detto e di comprendere il perché, in nome della tolleranza e di una particolare nozione moderna di ragione e di libertà, il mondo abbia smesso di ascoltarli, precludendosi qualcosa di importante (Leo Strauss). Irving Kristol ha detto che i neoconservatori sono dei moderni liberal “assaliti dalla realtà”, e questa frase molto precisa ma anche ellittica, qualunque significato vogliate attribuirle, ottiene piena giustizia dal testo di monsignor Caffarra. I lettori poi conoscono le nostre polemiche contro le versioni sciatte e soggettiviste dell’idealismo, contro l’idea che l’uomo sia il signore del mondo e lo possa placare nella pace perpetua o plasmare, questo o un altro mondo possibile, a propria immagine e somiglianza, forgiandolo nell’idea che se ne fa; e hanno una eco recente del nostro rifiuto, in materia di fecondazione medicalmente assistita, del facilismo dei desideri realizzati “ad ogni costo”, dei desideri scambiati per diritti alla felicità (la differenza tra felicità e beatitudine nel testo di Caffarra è notevole).



Interpellato dal Corriere della Sera, ieri Massimo Cacciari ha reagito da professore d’Università, con saccenti distinguo accademici autoreferenziali, invitando il cardinale a studiare la filosofia. Siamo certi che, letto il testo integrale, il filosofo veneziano saprà emendarsi dall’improvvisazione, saprà domandarsi che cosa significhi, e di quanta laica benedizione sia portatore, il fenomeno di una Chiesa che pensa, e pensa forte, in un mondo abbandonato anche dall’ombra del pensiero.


Giuliano Ferrara


Il Foglio 1.5.2004