L’eroico Card. Kung Pinmei, il Mindszenty della Cina

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Martiri sconosciuti e… ignorati


30 anni nelle prigioni della Cina comunista
Fare memoria degli atti gloriosi dei martiri è necessario per non smarrire il senso del presente


Nella notte dell’8 settembre del 1955, cinquant’anni fa, le autorità comuniste cinesi scatenarono un’ondata di arresti nella diocesi di Shanghai. La strategia maoista per annientare la Chiesa cinese separandola dalla comunione visibile col Successore di Pietro mise così a segno uno dei suoi colpi più clamorosi, perché la diocesi di Shanghai e il suo Vescovo Ignazio Kung Pinmei erano un simbolo per tutto l’immenso Paese, la roccaforte della resistenza cattolica al progetto del Partito Comunista di creare una Chiesa nazionale di regime che rinnegasse ogni vincolo con la Sede Apostolica, identificata con la «centrale imperialista» vaticana….


1. Breve biografia del Card. Ignazio Kung Pinmei
2. Intervista al Cardinale
3. Messaggio di Giovanni Paolo II al Cardinale e sua risposta

1.


Breve biografia del Cardinale Ignatius Kung Pinmei


Chi è il Cardinale Ignatius Kung Pinmei?
Il Cardinale Ignatius Kung Pinmei nacque a Shanghai il 2 di agosto del 1901 in una famiglia di tradizione cattolica da almeno cinque generazioni. Venne ordinato sacerdote il 28 maggio del 1930, e consacrato vescovo di Soochow il 7 ottobre 1949, Festa della Madonna del Rosario, quando ormai i comunisti avevano già assunto il controllo della Cina. Un anno dopo, nel 1950, la Santa Sede lo nominò Vescovo di Shanghai e fu il primo vescovo di quella Diocesi nativo della Cina. Nel frattempo continuó a esercitare l’incarico di Amministratore Apostolico della Diocesi di Soochow e, l’anno seguente, anche di quella di Nanchino, cariche che mantenne fino alla sua morte avvenuta alle h. 3.05 del 12 marzo 2000 all’età di 98 anni.
Nell’agosto 1979, all’età di 78 anni, Mons. Kung fu nominato Cardinale in pectore (ovvero nel cuore del Santo Padre, senza che ne sia dato annuncio al mondo e allo stesso Cardinale) da Papa Giovanni Paolo II, mentre stava ancora scontando in isolamento la pena dell’ergastolo in Cina. Questo segreto rimase nel cuore di Papa Giovanni Paolo II per 12 anni, fino al 29 maggio 1991, quando venne annunciato al mondo dallo stesso Giovanni Paolo II.
Una storia di eroismo e di amore
La storia del Cardinale Kung è la storia di un pastore fedele e di un vero eroe.
Mons. Kung era stato Vescovo di Shanghai e Amministratore Apostolico di altre due diocesi solamente per cinque anni, prima di essere  arrestato dal Governo cinese. In soli cinque anni, Mons. Kung divenne un punto di riferimento non solo per i fedeli delle sue Diocesi, ma anche per i 3 milioni di cattolici romani che vivevano in quel momento in Cina e godeva anche del più grande rispetto da parte dei suoi confratelli Vescovi. Per questo motivo Mons. Kung era il Vescovo piú temuto dai comunisti cinesi.
Nei mesi anteriori alla sua cattura, avvenuta nel 1955, Mons. Kung, nonostante gli venissero fatte molte proposte di fuga sicura dalla Cina, rimase vicino ai suoi preti e ai suoi fedeli, incoraggiandoli a perseverare nella fede cattolica e aiutandoli ad offrire la loro vita a Dio.
A dispetto dei comunisti, che avevano creato e autorizzato l’Associazione Cattolica Patriottica Cinese, Mons. Kung diresse personalmente la Legione di Maria – un’organizzazione religiosa di laici cattolici romani dedicata alla venerazione della Beata Vergine Maria.
La reazione del Governo non si fece attendere: la Legione di Maria fu dichiarata “associazione illegale” e accusata di nascondere, dietro la facciata della religione, un’attività di spionaggio. Il Governo pretese che tutti i suoi membri si registrassero all’Ufficio di Pubblica Sicurezza e confessassero che la Legione di Maria era un’organizzazione contro-rivoluzionaria; in caso contrario sarebbero stati arrestati.
Dinnanzi a questa situazione, Mons. Kung invitó i suoi fedeli a non cedere a questo ordine del Governo, affermando che Dio li avrebbe ricompensati, e che essi avevano il dovere di difendere la loro fede in qualunque circostanza. Fu così che, ad eccezione di pochi che cedettero alle pretese del Governo, il 99% dei membri della Legione di Maria, per la fiducia che avevano nel loro Vescovo, gli obbedirono e rifiutarono di registrarsi. In risposta a questo atteggiamento, centinaia di membri, tra i quali numerosi studenti, furono catturati e condannati a 10, 15 o 20 anni di lavori forzati.
In questo clima di persecuzione Mons. Kung dichiarò l’anno 1952 Anno Mariano per Shanghai. Durante tutto quell’anno si doveva garantire un’ininterrotta recita del Rosario, ventiquattro ore su ventiquattro, ai piedi di una statua pellegrina della Madonna di Fatima, che fece il giro di tutte le parrocchie di Shanghai. In fine la statua giunse anche alla chiesa di Cristo Re, dove solo un mese prima aveva avuto luogo il maggior arresto di preti. Lo stesso Mons. Kung si presentò nella chiesa e diresse il rosario, sotto lo sguardo vigile di centinaia di soldati armati. Al termine del rosario, guidando l’assemblea, pregò così: “Santissima Madre, non ti chiediamo un miracolo. Non ti imploriamo di fermare la persecuzione, ma ti imploriamo di aiutarci perché siamo molto deboli”.
Intuendo che gli eventi sarebbero da lì a poco precipitati e che egli stesso e molti dei suoi preti sarebbero stati in breve arrestati, Mons. Kung si preoccupò da un lato di preparare i suoi sacerdoti alla lotta e alla persecuzione, ormai imminenti, e dall’altro di formare centinaia di catechisti affinché trasmettessero nelle diocesi la fede Cattolica Romana alle future generazioni. In effetti, se ai nostri giorni la Chiesa Cattolica Romana in Cina vibra di vitalità, lo dobbiamo anche agli sforzi eroici dei catechisti, al loro martirio e a quello di molti preti e fedeli.
Nel 1953, in risposta al clima di repressione, Mons. Kung organizzò per gli uomini di Shanghai una speciale veglia di preghiera in onore del Sacro Cuore di Gesú. Quattro giorni prima dell’evento, il Governo comunista occupò lo stabile dei Gesuiti di Shanghai, arrestandone molti. Nonostante questo, Mons. Kung decise di presiedere all’incontro di preghiera. Erano presenti più di 3.000 uomini nella cattedrale, mentre migliaia di ragazze e donne erano sedute nella piazza antistante a recitare il Rosario, quando, davanti a una apparentemente impassibile folla di poliziotti, i fedeli incominciarono a ripetere ritmicamente: “Viva il Vescovo. Viva il Papa. Viva la Chiesa”. Alla fine del momento di preghiera, un gruppo di rappresentanti di tutte le parrocchie, per dimostrare apertamente la determinazione di tutti i fedeli nel seguire il loro Vescovo sulla via del Calvario, portarono una grande croce, seguiti da Mons. Kung
Il posto che egli occupava nel cuore dei suoi parrocchiani venne chiaramente riassunto dal gruppo di giovani di Shanghai radunati in occasione dei festeggiamenti del nuovo anno 1953, quando, rivolgendosi a lui, dissero: “(…) Mons. Kung, nell’oscurità, Lei illumina il nostro cammino. Lei ci accompagna in questo nostro pericoloso peregrinare. Lei sostiene la nostra fede e mantiene vive le tradizioni della nostra Chiesa. Lei è la pietra angolare della nostra Chiesa di Shanghai.”
Nella notte dell’8 settembre 1955 Mons. Kung fu catturato assieme a oltre duecento preti, numerose religiose e centinaia di laici impegnati della Diocesi di Shanghai. La stampa di tutto il mondo denunciò sotto shock questa ondata di catture.
Mesi dopo il suo arresto, Mons. Kung venne mostrato in pubblico per un dibattimento organizzato nel vecchio stadio per corse di cani di Shanghai. A migliaia furono costretti a parteciparvi per ascoltare dalle sue labbra la pubblica confessione dei suoi “crimini”. Con le mani legate dietro la schiena, con addosso la divisa civile cinese, quest’uomo di poco più di un metro e mezzo di altezza, venne spinto avanti verso il microfono perché confessasse. Davanti allo sbalordimento più assoluto della polizia di sicurezza, si udí un solo forte grido del Vescovo: “Viva Cristo Re, Viva il Papa!”.
La folla rispose immediatamente: “Viva Cristo Re, Viva Mons. Kung!”. A quel punto Mons. Kung venne immediatamente trascinato via e spinto dentro un’auto della polizia, scomparendo dagli occhi del mondo fino al 1960, quando venne condotto al processo in cui fu condannato all’ergastolo.
La notte precedente all’inizio del processo, il pubblico ministero gli chiese ancora una volta di collaborare alla direzione dell’Associazione Patriottica Cinese. Ma la sua risposta fu: “Sono un Vescovo della Chiesa Cattolica Romana. Se rinnegassi il Santo Padre, non solo non sarei un Vescovo, ma non sarei nemmeno un cattolico. Potete pure tagliarmi la testa, ma non potrete mai sottrarmi ai miei doveri”.
Così il Mons Kung sparì dietro le sbarre per trent’anni durante i quali trascorse molti e lunghi periodi di isolamento. Varie organizzazioni religiose internazionali e di difesa dei diritti umani avanzarono più e più volte la richiesta di poterlo visitare in prigione, ma non fu loro mai permesso. Mons. Kung non era in nessun modo autorizzato a ricevere visite, nemmeno dai suoi familiari, così come non gli era concesso ricevere lettere o denaro per l’indispensabile – diritti questi che erano comuni per gli altri detenuti.
Gli sforzi per ottenere il suo rilascio furono condotti principalmente dalla sua famiglia, e in particolare dal nipote Josef Kung, ma anche da organizzazioni per la difesa dei diritti umani, tra cui Amnesty International, dalla Croce Rossa e dal governo degli Stati Uniti; tali sforzi non si interruppero mai.
Nel 1985, venne fatto uscire di prigione per scontare un altro periodo di dieci anni agli arresti domiciliari, questa volta sotto la vigilanza di quei vescovi dell’Associazione Patriottica che avevano tradito lui e il Papa e che avevano di fatto usurpato la sua diocesi. In un articolo pubblicato subito dopo la sua liberazione, il New York Times affermava che le ambigue dichiarazioni delle agenzia di stampa cinesi lasciavano intendere che le autorità – non Mons. Kung – avevano incominciato a mostrare segni di cedimento. Dopo due anni e mezzo di arresti domiciliari venne ufficialmente rilasciato, anche se non fu mai scagionato dall’accusa di essere un contro-rivoluzionario, cioè un criminale.
Nel 1987 suo nipote Joseph Kung ebbe modo di recarsi due volte in Cina e ottenne il permesso di accompagnarlo in America affinché potesse ricevere adeguata assistenza medica.
Poco prima che Mons. Kung venisse rilasciato di prigione, gli fu permesso di partecipare a un banchetto, organizzato dal governo di Shanghai, per dare il benvenuto a Sua Eminenza il Cardinale Jaime Sin, arcivescovo di Manila nelle Filippine, in visita di cortesia alla Cina. In realtà il Cardinal Sin si era recato in Cina con la speranza di poter entrare in contatto con Mons. Kung. Questa era la prima volta che Mons. Kung, da quando era stato arrestato, aveva l’occasione di incontrarsi con un Vescovo della Chiesa Cattolica Universale in visita in Cina. Il Cardinale Sin e Mons. Kung furono fatti sedere alle due estremità opposte della tavola, separati da oltre venti commensali comunisti, senza la minima possibilità di dialogare in privato. A un certo punto della cena il Cardinale Sin propose che ognuno dei presenti cantasse una canzone a sua scelta per rallegrare un po’ il convivio. Quando fu la volta di Mons. Kung, alla presenza dei funzionari del Governo cinese e dei vescovi dell’Associazione Patriottica, egli, fissando lo sguardo sul Cardinale Sin, si mise a cantare in latino “Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam” (Tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa) – un canto religioso che proclama le parole di Gesú dirette a San Pietro e a tutti i suoi Successori, i Papi. In questo modo Mons. Kung voleva comunicare al Cardinale Sin che durante tutti gli anni di prigionia era rimasto fedele al Signore, alla Sua Chiesa e al Santo Padre.
Al termine del banchetto, Mons. Aloysius Jin, vescovo di Shanghai appartenente all’Associazione Cattolica Patriottica Cinese, rimproverò Mons. Kung dicendogli “Cosa stai cercando di fare? Stai cercando di manifestare la tua posizione?”. Il Cardinale Kung gli rispose serenamente: “Non è necessario che manifesti la mia posizione, perché la mia posizione non é mai cambiata” [n.d.r.: Mons. Aloysius Jin in questi ultimi anni sembra aver chiesto e ottenuto di ritornare alla comunione con la Santa Sede].
Prontamente il Cardinale Sin portò immediatamente il messaggio del Cardinale Kung al Santo Padre, annunciando al mondo che quest’uomo di Dio, nonostante inimmaginabili sofferenze, l’isolamento e il dolore, mai era venuto meno al suo amore per la Chiesa e per il suo popolo.
Quando il Cardinale Kung giunse negli Stati Uniti venne invitato dall’allora vescovo di Bridgeport (Connecticut), Mons. Walter Curtis, a soggiornare nella residenza dei i sacerdoti della diocesi a riposo e lí rimase, come ospite della diocesi – successivamente guidata da Mons. Edward Egan – per nove anni consecutivi, fino al dicembre del 1997.
Un anno dopo il suo arrivo negli Stati Uniti, il Cardinal Kung si recò a Roma per un’udienza privata con Papa Giovanni Paolo II. Durante tale udienza il Santo Padre gli rivelò che l’aveva nominato Cardinale in pectore (in segreto) già dal 1979, ma chiese al prelato cinese di mantenere il segreto fino al momento in cui egli lo avrebbe annunciato al mondo. Questo avvenne durante il Concistoro del 28 giugno 1991. Fino a tale data il Card. Kung, sempre obbediente, mantenne ilsegreto e non lo rivelò nemmeno ai suoi familiari.
Quando il 28 giugno 1991, in Vaticano, il Santo Padre Giovanni Paolo II presentò il Cardinale Kung con la berretta rossa al Concistoro, l’allora novantenne vescovo Kung si alzò dalla sedia a rotelle, mise da parte il suo bastone e incominciò a salire i gradini per potersi inginocchiare ai piedi del Pontefice. Fu così che il Santo Padre, visibilmente commosso, lo fece rialzare, gli diede la berretta cardinalizia e rimase pazientemente in piedi in attesa che il Cardinale Kung ritornasse alla sua sedia a rotelle, accompagnato da un’ovazione senza precedenti: sette minuti di applausi dei novemila invitati presenti nella Sala Udienze del Vaticano.
Negli ultimi dodici anni, il Card. Kung fu presente a numerose Sante Messe pubbliche in molte parrocchie, a conferenze in ambito cattolico, a trasmissioni televisive, concedendo interviste e pronunciando omelie in tutti gli Stati Uniti, per portare all’attenzione del mondo libero le continue persecuzioni alla Chiesa Cattolica Romana in Cina.
Rimase di fatto il punto di riferimento dei 9-10 milioni di cattolici clandestini della Chiesa Cattolica Romana in Cina, così come rimase l’odiato nemico del Governo comunista cinese. A dimostrazione di ciò, nell’ intervista del 12 febbraio del 1998 alla Chinese Press in New York, il signor Ye Xiaowen, direttore dell’Ufficio Affari Religiosi del Governo cinese, ebbe a dichiarare: “Kung Pinmei commise un grave crimine dividendo il suo paese e causando un danno al suo popolo”. Un mese più tardi, nel marzo del 1998, il Governo cinese confiscò definitivamente il passaporto dell’allora novantasettenne Cardinale Kung, dichiarandolo così ufficialmente in esilio.
In tutte le occasioni il Card. Kung mai smise di invitare alla preghiera a favore di coloro che si erano separati dalla Chiesa Cattolica Romana e si erano uniti all’Associazione Patriottica. Prima del suo viaggio a Roma per partecipare al Concistoro del 1991, il Cardinale Kung si rivolse alla Cina attraverso la trasmissione Voice of America, invitando i vescovi dell’Associazione Patriottica a ritornare alla Città Eterna assieme a lui.
Nella sua rivista Mission del 1957, il vescovo Mons. Fulton Sheen scriveva: “L’Ovest ha il suo Mindszenty, ma l’Est ha il suo Kung. Dio è glorificato nei Suoi Santi”.

Cardinal Kung Foundation – www.cardinalkungfoundation.org



2.


Un’intervista al Cardinale Ignatius Kung di Shanghai
«La Persecuzione in Cina continua»


Cardinale Kung, può raccontare ai nostri lettori qualche cosa riguardo alla sua vita?


CARDINALE KUNG: Sono nato a Pudong, nella periferia orientale di Shanghai. La mia famiglia è cattolica da molte generazioni. Io sono il primo di quattro figli. Nel nostro villaggio si trova una chiesa insolitamente spaziosa e bella, dedicata a Nostra Signora di Lourdes, che arriva ad ospitare oltre le duemila persone.
Fino all’età di dodici anni, insieme ai miei fratelli e a mia sorella, ho ricevuto la mia prima istruzione in cinese classico e dottrina cattolica  nella casa di nostra zia Martha, una laica consacrata. A quel tempo infatti, c’erano donne che rimanevano in casa, facevano voto di castità e si dedicavano ad opere d’apostolato. Mia zia Martha, di fatto, ha giocato un ruolo importante nel favorire la mia vocazione.
Ricordo ancora molto bene gli altri miei insegnanti di religione. Fui preparato per la mia prima Santa Comunione da un fratello Marista, ed ebbi modo di frequentare le scuole superiori presso il collegio dei Gesuiti a Shanghai. Sono molto grato sia ai Maristi, sia ai Gesuiti per avermi insegnato a conoscere il Signore e per avermi incoraggiato a proseguire sulla strada del sacerdozio.
All’età di diciannove anni, terminati gli studi superiori, incominciai gli studi presso il seminario diocesano. All’età di ventinove anni, dopo la mia ordinazione, dedicai molti anni all’insegnamento. Insegnai latino e fui anche preside di due collegi gesuiti a Shanghai: l’Aurora High School e il Gonzaga High School.
Nel 1949 la Cina divenne rossa (comunista) e nell’ottobre di quello stesso anno fui consacrato vescovo di Soochow. Un anno più tardi, nel 1950, la Santa Sede mi nominò primo vescovo cinese di Shanghai. Nel frattempo io continuavo ad amministrare la diocesi di Soochow, a cui si aggiunse l’anno successivo quella di Nanchino (Nanjing). Shanghai è uno tra i più grandi centri commerciali e industriali della Cina, mentre Nanchino ne era stata la precedente capitale, prima che il Governo comunista la spostasse a Pechino (Beijing). Soochow, che non é molto distante da Shanghai,  è invece famosa per essere un città pittoresca ed è conosciuta come la Venezia del Est.
A quel tempo, i vescovi cinesi cominciarono a prendere pienamente coscienza del difficile cammino che li attendeva a causa del nuovo Governo comunista. Prima della mia ordinazione, feci un ritiro di trenta giorni per chiedere che Dio mi guidasse, dandomi la forza per affrontare le mie responsabilità e per seguire la Sua volontà e quella della Chiesa. Essendo Shanghai la mia città natale, fui molto lieto di accettare la nomina come primo vescovo cinese di Shanghai.
L’ 8 settembre 1955, assieme a molti dei miei preti e fedeli, venni arrestato dal Governo comunista e messo in prigione, dove trascorsi i successivi trent’anni. Fui condannato all’ergastolo sotto il pretesto di “tradimento contro lo Stato”. Questo “tradimento contro lo Stato” consisteva nel mio rifiuto a rinnegare il Santo Padre, a tagliare i legami tra la mia diocesi e il Santo Padre, e nel mio rifiuto di accettare di mettermi alla guida dell’“Associazione Cattolica Patriottica Cinese” in Cina, che avrebbe dovuto essere completamente sotto il controllo del Governo comunista.
Il 3 luglio 1985, venni scarcerato e messo in libertà vigilata, sotto la sorveglianza dell’Associazione Patriottica, a cui mi ero fermamente opposto. Durante questo periodo non ebbi libertà di spostamento e non mi era concesso di uscire da solo.
Nel maggio 1987, con l’aiuto del Vescovo di Bridgeport, Mons. Walther Curtis, e di Suor Daniel Marie, Presidente del St. Joseph Medical Center di Stamford in Connecticut, atterrai all’Aeroporto JFK di New York.
Il 5 gennaio 1988, il Governo cinese improvvisamente annunciò il termine della mia libertà vigilata e mi vennero restituiti tutti i diritti civili.
Due anni dopo il mio arrivo negli Stati Uniti, le mie condizioni di salute furono sufficientemente buone da consentirmi di andare a Roma, dove fui affettuosamente accolto dal Santo Padre Giovanni Paolo II. Durante quell’incontro il Santo Padre mi mise a conoscenza della mia elevazione in pectore, nel 1979, al Collegio Cardinalizio. Mantenni questo come segreto fino a quando, il 29 maggio 1991, il Santo Padre lo annunciò al mondo.


Ci può fare un breve riassunto della storia della Chiesa in Cina?


CARDINALE KUNG: La Chiesa Cattolica in Cina ha una storia molto lunga, che risale probabilmente al VII secolo. Molti missionari contribuirono significativamente all’evangelizzazione della Cina. Tra le prime comunità missionarie ci furono i Francescani, i Gesuiti e i Vincenziani. Tra questi si incontrano le figure del famoso sacerdote gesuita Matteo Ricci e di Fr. Vincente Lebbe.
Quando, nel 1949, la Cina divenne rossa, incominciò una lunga e coraggiosa storia, seminata di eroici sacrifici e martirî. Sin dai primi momenti il Governo comunista dimostrò di voler distruggere la religione, in quanto la considerava oppio del popolo.
Il Governo comunista attaccò continuamente e sistematicamente la Chiesa Cattolica Romana: impose pesanti tasse alla Chiesa, proibì l’istruzione religiosa nelle scuole Cattoliche e limitó o pose fine alle attività dell’apostolato laico, inclusa la Legione di Maria. [ndr. Il Card. Kung, nella sua intervista, usa frequentemente l’espressione “Chiesa Cattolica Romana” per indicare la Chiesa Cattolica in comunione con la Santa Sede e con il Santo Padre, dato che la stessa “Associazione Cattolica Patriottica Cinese” – organismo istituito dal Governo comunista cinese e sotto il suo controllo – pretende attribuirsi l’appellativo di “Chiesa Cattolica”, ma di fatto costituisce un’entità scismatica nazionalista che non è in unione con la “Chiesa Cattolica”, rigettando l’autorità del Santo Padre come capo della Chiesa e nominando autonomamente i suoi Vescovi.]
Vennero arrestati a decine di migliaia tra vescovi cinesi, preti, suore e laici cattolici. Tutti i missionari stranieri, compreso il Pro-Nunzio, furono espulsi, mentre alcuni furono imprigionati.
Il Governo sperò che, imprigionando il clero, distruggendo finanziariamente la Chiesa e isolando la Chiesa in Cina dalla Chiesa Universale, avrebbe messo in ginocchio la Chiesa Cattolica. Al contrario, gran parte del clero e dei fedeli si dimostrarono pronti a portare la loro croce fino al Calvario. Molti fedeli cattolici seguirono l’esempio veramente eroico dei preti e delle suore, preferendo finire in carcere piuttosto che tradire la loro fede. Altri, coraggiosamente, si fecero carico delle responsabilità che il momento esigeva, aiutando nei molti lavori delle diocesi. Quando il Governo si rese conto del fallimento nell’opera di distruzione della Chiesa, istituì l’Associazione Cattolica Patriottica Cinese, che avrebbe dovuto, nei loro piani, rimpiazzare la Chiesa Cattolica Romana.
A coloro che si rifiutarono di aderire alla Associazione Patriottica e rimasero fedeli al Santo Padre, furono comminate condanne di 10, 20, 30 e più anni di prigione. Allo scadere della condanna venivano generalmente inviati ai campi di lavoro forzato. Per i cattolici della Chiesa Romana erano frequenti le torture, le straordinariamente severe condizioni di vita nelle prigioni e le lunghe ore di duro lavoro. Furono in migliaia a morire come testimoni di Cristo.
L’ 8 settembre 1955, venni arrestato a Shanghai assieme a più di duecento preti e laici. Cinque anni più tardi, nel 1960, fui condannato all’ergastolo per tradimento contro lo Stato, per il fatto di essermi rifiutato di rompere il mio legame e la fedeltà alla Santa Sede, e per essermi rifiutato di assumere la guida dell’Associazione Patriottica. Alla fine fui scarcerato e, nel 1986, messo agli arresti domiciliari sotto il controllo dell’Associazione Patriottica. Durante i trent’anni di reclusione, non mi fu mai permesso di ricevere visite o qualsiasi tipo di corrispondenza, nemmeno quella proveniente dalla mia famiglia.


Ci può spiegare quale sia la differenza tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Patriottica?


CARDINALE KUNG: Il nome ufficiale dell’Associazione Patriottica è “Associazione Cattolica Patriottica Cinese”. Fu istituita dal Governo comunista cinese all’inizio degli anni ’50 sotto il controllo dell’Ufficio Affari Religiosi del Governo. In concreto rifiuta di riconoscere l’autorità del Papa come capo della Chiesa Cattolica, nomina e ordina i suoi stessi vescovi senza l’autorizzazione del Papa. È di fatto scismatica e non è in unione con la Chiesa Cattolica Romana. Tutte le proprietà della Chiesa Cattolica Romana vennero confiscate dal Governo cinese e trasferite all’Associazione Patriottica, lasciando così senza un soldo la Chiesa Cattolica Romana fedele.
Al contrario, la Chiesa Cattolica Romana in Cina appartiene alla Chiesa Cattolica Universale Romana, unita al Papa, successore di Pietro, riconoscendolo fermamente e apertamente come capo della Chiesa. In Cina è considerata illegale e, con l’istituzione dell’Associazione Patriottica, è diventata clandestina. Per queste ragioni la Chiesa Cattolica Romana è stata perseguitata per oltre 40 anni e tale persecuzione continua anche ai giorni nostri.
Le suddette differenze sono estremamente importanti. Gesú infatti istituì la Chiesa sulla pietra che è San Pietro. Chiunque affermi di appartenere alla Chiesa Cattolica Universale Romana, ma non riconosca il Sommo Pontefice come capo della Chiesa, di fatto non appartiene alla Chiesa Cattolica Universale Romana. È stato proprio per questa ragione che ho scelto la via della prigione piuttosto che aderire all’Associazione Patriottica e quindi rinunciare alla mia fedeltà alla Santa Sede.
Mi spiego meglio. Rimasi in prigione per 5 anni, fino al 1960, senza un regolare processo. Prima del dibattimento il pubblico ministero mi informò che sarei stato liberato se avessi rinunciato alla mia obbedienza al Papa e avessi accettato di assumere la guida dell’Associazione Patriottica. La mia risposta al pubblico ministero fu un categorico “no”. Mi chiese allora se avessi intenzione di riconsiderare la decisione. Io gli dissi che non ci pensavo affatto. Se fossi stato disposto anche solo a pensarci, avrebbe significato considerare la possibilità di rinnegare il Santo Padre e continuare a ritenermi cattolico; ma il mio buonsenso mi diceva chiaramente che ciò era impossibile.
Così dissi al pubblico ministero che ero un Vescovo Cattolico Romano e che se avessi rinnegato il Santo Padre, non solo non sarei stato più un Vescovo Cattolico, ma nemmeno un Cattolico Romano. E aggiunsi che avrebbe potuto anche tagliarmi la testa, ma non per questo sarei venuto meno ai miei doveri.
Bene, lei sa cosa successe in seguito: fui condannato all’ergastolo e rimasi in prigione per trent’anni.


Quali sono le condizioni della Chiesa Cattolica in Cina ai nostri giorni?


CARDINALE KUNG: La Cina ha fatto grandi progressi economici e la gente ha maggiore libertà nella scelta del proprio lavoro e nella possibilità di aprire piccole imprese private. Tuttavia, contrariamente a quanto è accaduto per il progresso economico, non ci sono stati sostanziali miglioramenti in termini di libertà religiosa. Un individuo può praticare la religione che è stabilita e controllata dal Governo comunista, ma non gli è consentito praticare un culto in conformità con la propria coscienza e la propria fede.
La Chiesa Cattolica Romana è considerata illegale dal Governo comunista e, anche in questo momento in cui le sto parlando, molti vescovi, preti e fedeli cattolici continuano ad essere perseguitati. Molti di loro sono in prigione o agli arresti domiciliari e vengono esasperati dalle continue indagini della polizia di pubblica sicurezza e dalle confische dei loro beni personali.
A dispetto di questa persecuzione che dura da oltre quarant’anni, la Chiesa Cattolica Romana clandestina (sotterranea) è molto forte. La maggioranza dei cattolici scelgono di non appartenere alla Chiesa Patriottica approvata dal Regime comunista, non partecipano alle sue funzioni, né ricevono i sacramenti dalle mani dei sacerdoti “patriottici”. Nonostante questo clima di forte repressione, le vocazioni religiose nella Chiesa clandestina continuano a fiorire. Sono in molti che preferiscono seguire le attività della Chiesa Cattolica Romana piuttosto che entrare nei seminari dell’Associazione Patriottica, malgrado le grandi difficoltà e i rischi per la propria incolumità.
Restando sull’argomento, a beneficio dei molti ecclesiastici americani e dei molti viaggiatori che si recano in Cina, desidero render loro note le direttive della Santa Sede relativamente ai cattolici che visitano la Cina: gli ecclesiastici in visita in Cina non possono celebrare la Santa Messa nelle chiese dell’Associazione Patriottica e nemmeno concelebrare con sacerdoti appartenenti all’Associazione Patriottica. Allo stesso modo i turisti Cattolici in Cina non devono partecipare alla Messa o ricevere i sacramenti nelle chiese patriottiche, in quanto questo potrebbe dare al Governo cinese l’erronea impressione che i turisti riconoscano l’Associazione Patriottica (che di fatto non ha il riconoscimento del Santo Padre) e ciò infliggerebbe indirettamente un duro colpo alla Chiesa clandestina fedele e perseguitata.


Quanto è forte la persecuzione e che forme assume?


CARDINALE KUNG: Il Governo comunista cinese ha emesso un decreto alla fine del 1991 in cui ordinava agli agenti del servizio segreto e alla polizia di dare inizio ad una serie di repressioni delle attività religiose “illegali”. È chiaro che, dal loro punto di vista, il gruppo più consistente in termini di attività religiose “illegali” fosse la Chiesa Cattolica Romana (la Chiesa clandestina).
Io stesso sono a conoscenza di molti vescovi e preti fatti incarcerare, agli arresti domiciliari o trasferiti con la forza lontano dalle loro diocesi. Questi sono tutti metodi che mirano a distruggere gli sforzi eroici della Chiesa clandestina. Addirittura alcuni vescovi sono morti come conseguenza delle torture loro inflitte. Anche recentemente un vescovo di ottant’anni della Chiesa clandestina di Shanghai è stato sottoposto a una sorveglianza continua, e tempestato di interrogatori quotidiani da parte della polizia di pubblica sicurezza.
Un anno fa fu ricevuta una “lettera aperta” scritta da un gruppo di Cattolici clandestini in cui si implorava il mondo libero di “salvare i vescovi Cinesi”. Così scrivevano: “(…) confidiamo che tutte le persone di pace in tutto il mondo, coloro che sostengono la giustizia, i diritti umani e la vita dell’uomo… che tutte le persone di compassione e tutti i mass media si mobilitino a usare le parole e gli scritti per levare alta la voce in difesa della giustizia (…)”.
Dal novembre 1991, tre vescovi fedeli sono morti in prigione e uno di questi era Mons. Peter Fan, Vescovo di Boarding. Fu pubblicata una testimonianza riportata da Avvenire, un giornale cattolico italiano, in cui si rivelava che Mons. Fan era stato torturato prima della sua morte all’età di 85 anni. In poche parole, la persecuzione alla Chiesa Cattolica Romana in Cina non è storia passata. È più che mai viva oggi.



Si dice che il sangue dei martiri è semente della Chiesa futura. Che futuro vede per la Chiesa in Cina?


CARDINALE KUNG: Uno dei simboli della Chiesa Cattolica Romana è la Croce. A partire dall’Impero Romano fino ai nostri giorni l’intera storia della Chiesa Cattolica Romana negli ultimi duemila anni è disseminata di croci, in forma di persecuzioni e martirî. Come disse quarant’anni fa la gioventù cattolica di Shanghai, “(…) siamo profondamente onorati di essere nati e vissuti in questo tempo così importante, che ci dà l’occasione di dare testimonianza di Cristo”. Quarant’anni di continua persecuzione non hanno certo paralizzato la Chiesa Cattolica Romana in Cina, al contrario i suoi membri sono raddoppiati e molte sono le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto”. (Gv 12,24)
Sono molto ottimista riguardo la Chiesa Cattolica Romana in Cina. Sono certo che il martirio, i sacrifici e le preghiere non solo proteggeranno e promuoveranno la Chiesa Cattolica Romana in Cina, ma l’intera Chiesa Universale.
Dato che la Chiesa Cattolica Romana è la vera Chiesa istituita da Dio, non esiste sforzo umano capace di eliminare la Chiesa di Dio. Guardando alla storia, il Governo dovrebbe capire che tutte le volte che la Chiesa è stata perseguitata, non solo è sempre sopravvissuta, ma si è sviluppata nella stessa persecuzione. La Chiesa Cattolica Romana non verrà mai meno in Cina. Spero che il Governo lo riconosca, concedendo alla Cina vera libertà religiosa e veri diritti umani, in conformità con gli standard internazionali.
Quando il 25 Marzo 1984 il Santo Padre invitò tutti i vescovi del mondo ad unirsi a lui per consacrare la Russia e il mondo al Cuore Immacolato di Maria, io ero in prigione, isolato dal mondo. Non sapevo nulla di questa disposizione di Sua Santità.
L’anno scorso, il 30 maggio 1992, accompagnato dal vescovo emerito di Bridgeport, Mons. Walter Curtis che per primo mi accolse al mio arrivo negli Stati Uniti, da preti e da cattolici cinesi mi sono recato presso il Santuario del Cuore Immacolato di Maria a Washington (New Jersey) per consacrarci alla nostra Santissima Madre. In particolare, in quell’occasione consacrai al Cuore Immacolato di Maria le mie tre diocesi: Shanghai, Nanchino e Soochow.
Sono certo che nel momento da Lei stabilito, la Madonna di Fatima salverà la Cina, così come ha salvato la Russia e l’Europa dell’Est dalla persecuzione religiosa. Noi continueremo a recitare il Rosario e a implorare la nostra Santissima Madre affinché abbia misericordia di noi e salvi la Cina.


Potrebbe raccontarci uno o due episodi di eroi o martiri della Chiesa in Cina degli ultimi anni?


CARDINALE KUNG: Una mattina d’estate dello scorso anno, Padre Liao di Jiang Xi stava pronunciando la Preghiera Eucaristica durante la Messa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria – erano presenti alla celebrazione circa 200 cattolici clandestini – quando, una ventina tra funzionari dell’Ufficio Affari Religiosi, dell’Associazione Patriottica e della Polizia di Pubblica Sicurezza, irruppero nella casa durante la celebrazione e intimarono a Padre Liao di scendere dalla cappella che si trovava al piano di sopra. Alla risposta di Padre Liao che li avvisava che sarebbe sceso al termine della celebrazione, gli ufficiali del Governo si precipitarono nella cappella, spingendo giù i fedeli che incontravano nella corsa.
In quel momento Padre Liao stava distribuendo la Santa Comunione, quando gli agenti comunisti gli strapparono di mano la Santissima Eucaristia. Testimoni dell’atto sacrilego e dimentichi della loro stessa incolumità, spontaneamente i fedeli reagirono, cercando di rientrare in possesso della Santa Eucaristia, ma il loro tentativo fu vano. Gli ufficiali del Governo si impossessarono del Santissimo Sacramento, del calice e del messale; frantumarono le campane di vetro delle immagini sacre e portarono via Padre Liao come fosse un criminale.
Ancora oggi non sappiamo né dove si trovi Padre Liao, né quali siano le sue condizioni. Il Padre svolgeva il suo ruolo di pastore tra circa milletrecento famiglie ed era stato arrestato già tre volte nel passato, scontando in totale ventitre anni di prigione. Questo era il quarto arresto.
Tra gli anni 1991-1992 tre vescovi morirono durante la prigionia.
Nel 1990 un gruppo di vescovi cinesi della Chiesa sotterranea (clandestina), dopo un periodo molto lungo di preparazione, riuscirono a trovare il modo di incontrarsi e realizzare la prima Conferenza Episcopale. Tuttavia, facendo un paragone con le conferenze episcopali di tutto il mondo, il grado di somiglianza si limitava al fatto che vi erano dei vescovi riuniti. Poco tempo dopo la realizzazione della conferenza, tutti i vescovi partecipanti assieme ai loro assistenti vennero arrestati dal Governo in varie parti della Cina. Molti di loro avevano tra i 70 e gli 80 anni. Alcuni di loro furono successivamente rilasciati.
In un villaggio della provincia dell’Hebei, oltre 4000 tra poliziotti e soldati attaccarono un gruppo di circa 1000 cattolici che stavano partecipando alla Santa Messa. Due persone vennero uccise, alcune centinaia ferite e molte arrestate. In quella circostanza non fu permesso alcun soccorso a coloro che erano stati feriti.
Questo episodio venne riportato nel numero di agosto 1991 del Reader’s Digest.



Il messaggio di Fatima è conosciuto tra i Cattolici in Cina? Ha avuto qualche impatto sulla Chiesa in Cina?


CARDINALE KUNG: Sí, i Cattolici Romani cinesi conoscono molto bene la Madonna di Fatima e le sue promesse. Da sempre in Cina esiste una profonda devozione al Santo Rosario. Uno dei modi con cui la diocesi di Shanghai si è preparata spiritualmente durante i primi giorni della salita al potere dei comunisti fu proprio la recita continua del Rosario, giorno e notte, ventiquattro ore su ventiquattro per un anno intero davanti ad una statua pellegrina della Madonna di Fatima. Questa statua fece il giro di tutte le parrocchie di Shanghai. Quando ci trovavamo in prigione, non avevamo né Santa Messa, né sacramenti e nemmeno libri religiosi. Ma avevamo le nostre dita per recitare il Santo Rosario, che ci diede la forza e la grazia per rimanere fedeli nei dieci, venti o trent’anni di prigionia.


Cosa possono fare i nostri lettori per assistere i nostri fratelli e le nostre sorelle della Chiesa in Cina?


CARDINALE KUNG: L’aiuto più efficace per aiutare i nostri fratelli e sorelle cinesi in Cristo è la preghiera. Senza la preghiera della Chiesa Universale, io e migliaia di altri avremmo avuto enorme difficoltà a sopravvivere dieci, quindici, venti o anche più di trent’anni in prigioni sperdute. Dieci, quindici e trent’anni senza libertà, senza Santa Messa, senza sacramenti e senza libri religiosi costituiscono di fatto un lungo periodo di sofferenza. Non sono certo la nostra forza e il nostro merito che ci aiutano a perseverare in  mezzo a tali sofferenze. Se sopravviviamo è per la grazia di Dio e per le vostre preghiere. Spero che i vostri lettori pregheranno la nostra Santissima Madre perché protegga i vescovi, il clero e i fedeli della Chiesa clandestina. Spero anche che i lettori pregheranno per quei fratelli e quelle sorelle che hanno deciso di allontanarsi da Nostro Signore, perché possano ritornare all’unico gregge e all’unico Pastore.
I vostri lettori possono assistere i nostri fratelli e sorelle cinesi anche sostenendo finanziariamente la Chiesa clandestina. È difficile per un Cattolico americano immaginare l’estrema povertà in cui versa la Chiesa clandestina. Tutte le sue proprietà furono confiscate dal Governo, molti seminaristi non hanno mai posseduto una Bibbia e sono costretti a copiarla a mano, pagina per pagina. Inoltre molti preti e vescovi fedeli hanno già un’età superiore ai 75 anni e sono costretti a vivere di stenti, a meno che non accettino di compromettere la loro fede, unendosi all’Associazione Patriottica.
Proprio per il fatto che il Governo ha trasferito tutte le proprietà della Chiesa Cattolica Romana alla Associazione Cattolica Patriottica e ha confiscato molte delle proprietà personali di vescovi e preti, la Chiesa clandestina ha un bisogno disperato di fondi per mantenere i preti e il lavoro apostolico. Qualsiasi cifra di donazione è gradita. La Cardinal Kung Foundation è una fondazione no-profit ed esente da tasse, che opera esclusivamente per la Chiesa Cattolica Romana in Cina. Per ulteriori informazioni o per eventuali donativi è possibile contattare la fondazione al seguente indirizzo:
Cardinal Kung Foundation
PO Box 8086, Stamford, CT 06905, U.S.A
Tel.:  203-329-8415
E-Mail:
jmkung@aol.com
Web Site:
www.cardinalkungfoundation.org


In Soul Magazine Luglio/ Agosto 1993 pag. 18-21


3.


Messaggio di Papa Giovanni Paolo II al Cardinal Ignatius Kung Pinmei e sua risposta


Il 31 luglio, festa di Sant’Ignazio, il Cardinal Kung Pinmei non celebró la festa del suo onomastico, ma si recò nella chiesa dello Spirito Santo a Stamford – negli Stati Uniti, dove dal 1987 vive in esilio – per celebrare una Santa Messa di ringraziamento in onore della Madonna di Sheshan (un Santuario mariano nella periferia di Shanghai). In effetti aveva molti motivi per ringraziare il Signore: 20 anni da cardinale, 50 anni da vescovo, 70 anni di sacerdozio, 98 anni di vita. Sembra però che il Card. Kung desideri soprattutto ringraziare la Madonna per la sua “amorevole protezione… nel corso di 50 anni di persecuzione”. Per l’occasione Papa Giovanni Paolo II che segretamente l’aveva nominato Cardinale in pectore nel 1979, gli inviò attraverso l’Arcivescovo di Bridgeport, Mons. Edward Egan, un messaggio di saluto. Al messaggio del Santo Padre, datato 19 giugno, il Cardinale rispose il giorno 6 di luglio.
Presentiamo i testi di entrambi i messaggi:



Messaggio di Sua Santitá Papa Giovanni Paolo II a Sua Eminenza il Cardinale Kung Pinmei


Vaticano, 19 giugno 1999


Mentre è riunito con la famiglia e gli amici nella celebrazione di una Messa solenne di ringraziamento per il 50º anniversario della sua ordinazione Episcopale e per il ventesimo anniversario della Sua elevazione al Collegio Cardinalizio, invio cordiali saluti e assicuro la mia vicinanza nella preghiera. Grato a Dio Onnipotente per le grazie concesse a tutta la Chiesa attraverso la Sua fedele testimonianza al Vangelo, La affido all’amorevole intercessione della Madonna di Sheshan e lieto Le imparto la mia Benedizione Apostolica come pegno di gioia e di pace in Gesú, Suo divino figlio.


Giovanni Paolo PP II



Risposta di Sua Eminenza il Cardinale Kung Pinmei a Sua Santitá Papa Giovanni Paolo II


Stamford, 6 luglio 1999
Sua Santità
Papa Giovanni Paolo II
Città del Vaticano


Santissimo Padre


Laudetur Iesus Christus! Ho ricevuto con gioia e gratitudine i Suoi auguri, unitamente alla Sua benedizione e alla Sua promessa di preghiere per i miei anniversari. Quest’anno segna anche il cinquantesimo anniversario dell’inizio della persecuzione della Chiesa Cattolica Romana in Cina. Il clero e i fedeli in Cina sono grati a Nostro Signore Gesú Cristo per aver scelto i più piccoli tra i Suoi figli come testimoni della Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica. Grazie alla premurosa protezione della Madonna di Sheshan, il numero dei Cattolici Romani in Cina è pressoché triplicato durante questo mezzo secolo di persecuzione. Al momento della mia consacrazione, avvenuta cinquant’anni fa, ho promesso totale fedeltà e obbedienza a Sua Santità il Papa Pio XII, alla presenza del suo Nunzio l’Arcivescovo Mons. Riberi. Oggi umilmente rinnovo la stessa promessa di totale fedeltà e obbedienza a Sua Santità, il Vicario di Cristo in terra. Ringrazio il Signore per la mia vocazione, in occasione del mio settantesimo anniversario di sacerdozio. In tutti gli anni da sacerdote non ho mai smesso di ricevere gioia da Lui, anche nei giorni più difficili. Sua Santità, Le sono per sempre grato per il Suo paternale affetto. Vent’anni fa, dalla prigione cinese in cui mi trovavo mi ha elevato al Sacro Collegio dei Cardinali. Mi ha tenuto nel Suo cuore e nutrito con le Sue preghiere per dodici lunghi anni. È difficile che i Vescovi clandestini o io abbiamo la possibilità di venire  alla Città Eterna per incontrarLa. Tuttavia il Suo volto, i Suoi insegnamenti e le Sue parole di incoraggiamento rimarranno vivi nei cuori dei Suoi nove milioni di figli in Cina. Mi inginocchio alla Sua presenza e imploro la Sua benedizione per la Conferenza dei Vescovi Cattolici Romani in Cina, unitamente a tutti i Suoi figli spirituali laggiù. Non osiamo pregare per un miracolo, ma per ottenere la grazia e il coraggio di vivere la pienezza della nostra fede, imitando i gloriosi esempi dei molti martiri che hanno condiviso la nostra esperienza e ci hanno preceduto. Preghiamo perché ci sia “un solo gregge e un solo Pastore” e perché si possa essere presto liberi di poter dare a Lei, nostro Supremo Pontefice, il benvenuto in terra cinese.


Suo devoto servo in Cristo,


Ignatius Cardinal Kung
Vescovo di Shanghai
Amministratore Apostolico di Nanchino e Soochow



Cardinal Kung Foundation – www.cardinalkungfoundation.org