La «Madonnina» dei milanesi imbrattata da «madonna»…

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IL MEGASPOSTER DI «madonna» SUL DUOMO DI MILANO


I responsabili: una svista. È la Veneranda Fabbrica del Duomo, ente fondato nel 1387 per costruire e conservare la cattedrale, a decidere quali pubblicità sistemare sulla chiesa. Intanto lo scandaloso e offensivo mega show tenuto a Roma dalla star alla presenza di 70.000 spettatori superpaganti, viene bocciato dai critici. C’è da riflettere…


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MILANO — «Ma come? Proprio lei? Impossibile». Nemmeno monsignor Luigi Manganini, arciprete del Duomo di Milano, ci credeva. Tutto vero, invece: Madonna, Louise Veronica Ciccone, la protagonista dello show-scandalo di Roma, è apparsa sotto la Madonnina. Lato sinistro della cattedrale, lavori in corso per restauro. Lei è lì. Campeggia su un maximanifesto. Testimonial di H&M, il colosso dell’abbigliamento low cost.
Certo, il giubbottino tirato su fino al collo (29.90 euro) e gli occhi bassi non hanno niente a che vedere con la rockstar che l’altra sera, in concerto all’Olimpico, si esibiva crocifissa, indicava il papa tra i cattivi della terra, cantava «Like a virgin» a cavalcioni di una sella. Ma ai milanesi è sembrato pur sempre un affronto: «Lì non la vogliamo». E subito si è scatenata la polemica.
Pro e contro, detrattori e sostenitori. Anche così, le guglie in marmo di Candoglia che troneggiano sopra la sua testa, Madonna fa discutere. «Se i preti vogliono fare affari — sostiene il critico d’arte Philippe Daverio — devono accettare le conseguenze di un gesto così laico come l’affittare spazi pubblicitari ». Peccato che la curia milanese in questa operazione di marketing non c’entri niente. È la Veneranda Fabbrica del Duomo, ente fondato nel 1387 per costruire e conservare la cattedrale, a decidere quali pubblicità sistemare sulla chiesa. Un comitato interno sceglie i cartelloni in base a regole di «decoro e decenza». E, nel caso del giubbottino di Madonna, nessuno il mese scorso aveva avuto da dire. «Eravamo tutti in buona fede — precisa Benigno Mörlin Visconti, direttore della Fabbrica — non ci furono obiezioni. A saperlo oggi, però, soprattutto dopo il concerto romano, avrei chiesto di appendere il manifesto in un altro momento. In ogni caso, esorterei i cattolici a pensare a cose più serie che alle pubblicità».
Alberto Contri, presidente della Fondazione Pubblicità Progresso, si indigna: «Sono senza parole. Quel monumento è il simbolo della cristianità milanese. Ma cosa avevano in testa?». Rabbia e costernazione. Maria Grazia Colombo, presidente nazionale dell’Agesc, l’associazione che riunisce i genitori delle scuole cattoliche, commenta: «Sono amareggiata. È vero che siamo diventati tutti molto tolleranti, ma io mi domando se sia giusto. O se occorra, come dice Benedetto XVI, prendere posizione. Va bene tutto? A me no. Serve più serietà, anche da parte della Chiesa».
Troppa leggerezza nello scegliere quel manifesto. Ne è convinto Vittorio Sgarbi, assessore milanese alla Cultura: «È una presenza inadeguata. Anche se si è trattato di una distrazione, suggerirei di toglierlo». Ma poi il critico d’arte si corregge: «D’altra parte le chiese sono piene di diavoli e demoni. Una Madonna infernale, allora, non dovrebbe colpirci troppo». A difendere la Fabbrica del Duomo ci pensa Luigi Manganini: «I manifesti destinati alla cattedrale sono sempre stati scelti con grande responsabilità. Anche in questo caso: nessuno poteva immaginare quello che la cantante avrebbe detto e fatto. Al massimo, si è trattato di una svista». Questa mattina monsignor Manganini incontrerà i responsabili della Fabbrica «per capire cosa fare». Madonna, per un’altra notte, avrà tenuto gli occhi bassi sulla piazza deserta. Sopra di lei, la Madonnina illuminata.


Annachiara Sacchi
Corriere della sera 08 agosto 2006



L’ESTATE IN MUSICA
Dopo le polemiche della vigilia, alla prova dei fatti l’artista non passa l’esame degli esperti. Il «Corriere della sera» invece non prende posizione e l’«Unità» fa la fan
IL TOUR DI MADONNA BOCCIATO DAI CRITICI
Dopo la tappa romana Repubblica, Qn, Stampa e Messaggero criticano lo show della popstar. «Esagerato e di cattivo gusto. Un trucco di cartapesta»



«Madonna? Viaggia sempre sul ciglio del baratro del cattivo gusto». Se fossimo in vena di scherzare, lanceremmo un gioco: chi ha scritto questa frase? Risposta banale e distratta: Avvenire o un altro media cattolico. Invece arriva dalle pagine della laicissima Repubblica. Che in un articolo del critico Gino Castaldo definisce il concerto di domenica della popstar «un trucco di cartapesta». Aggiungendo: «Se si riesce a non sentirsi offesi, c’è da divertirsi. A patto di non prenderla sul serio». Come dire: le «tesi» di Madonna sono baggianate. Tanti se n’erano già accorti. Comunque, grazie. Visto che, come si suol dire, repetita iuvant.
Tanto più che, fino a ieri mattina, sullo show di Madonna si erano sprecati dal mondo della critica musicale solo commenti positivi. Invece, a leggere bene le recensioni apparse ieri sui principali quotidiani, perfino i critici più entusiasti (come quello del Giornale) le hanno riservato delle frecciate. La tesi più gettonata è: l’hanno applaudita 70mila persone, ma lo show è un carozzone di cattivo gusto.
Durissimo il commento di Andrea Spinelli su QN, il quotidiano nazionale: «In questo Confessions World Tour tutto è esasperato, forzato, dopato, all’estremo. Anche il pensiero». E ancora: «Nostra signora delle Hit Parade, non si è fatta un esamino di coscienza. Altrimenti sulla soglia dei 48 anni che compirà il 16 agosto non sarebbe ricorsa a 253 sedute di massaggio e 700 ore di palestra per conquistarsi un fisico da trentenne. Non sarebbe fuggita da se stessa, sgobbando per dodici settimane attorno ad uno spettacolo in cui prova a raccontarsi per quello che era quindici anni fa, senza timore di scivolare nel deja-vu o, peggio, nell’autoparodismo… fra balli sfrenati e inutili provocazioni».
E se il Corriere della sera non prende posizione, limitandosi ad una cronaca della serata e lasciando ai commenti dei vip eventuali stroncature (come quella di Chiambretti che ass egna alla popstar un 5 con la motivazione;: «Monetizza qualunque cosa, la canzone, la gravidanza, il matrimonio»), la Stampa, dopo avere sottolineato la soddisfazione dei fan, scrive: «Il tour di Madonna è una sorta di specchio della società che di tutto fa spettacolo, appiattendo nella stessa valenza semantica l’alto e il basso, il vizio e la virtù, ma è anche specchio del cinismo che domina i nostri tempi». Scrive ancora il critico Marinella Venegoni: «Onestamente, quella di Madonna è una macedonia più spettacolare che emozionale». Più forma che sostanza, quindi. Con tante “idee” e tante “provocazioni” che finiscono con appiattire tutto.
In fondo è la tesi che sposa anche Marco Molendini sul Messaggero: «C’è tutto e il contrario di tutto nella discoteca-palestra di Madonna… il suo show è montato per conquistare e confondere gli occhi e la mente. Ma, soprattutto, si ha l’impressione che Madonna si sia preoccupata soprattutto di dare soddisfazione al suo carattere capriccioso e al suo ego ipertrofico».
Capricciosa, ipertrofica, banale, autoparodistica. Uno show di cartapesta. L’avessero scritto i “soliti” cattolici, i fan della popstar sarebbero scesi in piazza. Chissà cosa faranno ora, visto che più o meno tutti i critici, alla fine, hanno bocciato così la loro beniamina. Forse si abboneranno all’Unità che, in assoluta controtendenza, ha definito il concerto della Material Girl «un ritiro dance spirituale». Chissà, forse la giornalista Silvia Boschero ha visto un altro show.


di Gigio Rancilio
Avvenire 08 agosto 2006