Maria Luisa Di Pietro (*) – Roberta Minacori (**)
(*) Ricercatrice confermata e (**) Dottoranda di Ricerca, Istituto di Bioetica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.
Con la locuzione “contraccezione d’emergenza”, detta anche “contraccezione postcoitale”, si indica un insieme di pratiche a cui si fa ricorso dopo un rapporto sessuale presunto fecondante allo scopo di impedire la prosecuzione di una gravidanza qualora questa sia già iniziata. Le modalità oggi utilizzate per la contraccezione d’emergenza sono: la somministrazione di estrogeni o di estroprogestinici o di soli progestinici; la somministrazione di danazolo o di mifepristone; l’inserimento di spirale o IUD (IntraUterine Device).
In questo contributo, si analizzerà la storia, i protocolli, il meccanismo d’azione e gli effetti collaterali degli estrogeni, progestinici ed estroprogestinici utilizzati come contraccezione d’emergenza, detta anche, dal momento che la somministrazione è prevista entro e non oltre 72 ore dal rapporto sessuale, “pillola del giorno dopo”(1).
Breve storia della contraccezione d’emergenza
Salita in Italia, di recente, agli onori della cronaca quando è stata consentita la commercializzazione di un prodotto specifico, il Norlevo (nome commerciale del levonorgestrel), la contraccezione d’emergenza non è una novità: sono oramai ottanta anni che la ricerca sugli animali, prima, e sulle donne, poi, sta tentando di mettere a punto una metodica che interferisca con gli eventi successivi ad un rapporto sessuale(2). Era stato, infatti, dimostrato già dal 1920 che gli estrogeni potevano interferire, se somministrati in fase precoce, con la prosecuzione della gravidanza nei mammiferi, tanto che i veterinari avevano cominciato ad utilizzarli sui cani e sui cavalli.
Anche se l’uso sulla donna di estrogeni dopo un rapporto sessuale è iniziato nel 1940, il primo caso riportato in letteratura risale alla metà degli anni ’60 ed è quello di una ragazza che, violentata in un periodo presumibilmente ovulatorio, è stata sottoposta alla somministrazione di estrogeni(3). Da quel momento, un numero sempre più ampio di donne è stato trattato con elevate dosi di estrogeni coniugati, fino a quando non venne proposta, all’inizio degli anni ’70, la somministrazione combinata di estrogeni e di progestinici.
Risalgono, infatti, al 1972 i primi dati pubblicati da Yuzpe, ricercatore canadese, sull’uso di quella metodica che da lui prese il nome(4). Il protocollo originale di Yuzpe, modificato poi nel tempo, prevedeva la somministrazione di 100µg di etinilestradiolo e di 1 mg di norgestrel ogni 12 ore per 2 volte.
Contemporaneamente, agli inizi degli anni ’70, è iniziata la sperimentazione di prodotti composti da soli progestinici. Nel 1973, vengono pubblicati i primi risultati relativi ad una sperimentazione che prevedeva la somministrazione di cinque diverse dosi di levonorgestrel, compresi tra i 150 µg e i 400 µg per compressa(5).
Verso la fine degli anni ’70 venne introdotto tra le forme di contraccezione d’emergenza anche la spirale(6); mentre più di recente sono stati utilizzati a tale scopo anche il danazolo(7) e il mifepristone o RU486(8).
Messe a punto le metodiche e condotte sommarie sperimentazioni, tese per lo più ad evidenziarne l’efficacia, è iniziata una capillare campagna di informazione e di diffusione della contraccezione d’emergenza, in un crescendo di impegno e di acrimonia per eliminare – è stato scritto – qualsiasi forma di ignoranza e qualsiasi ostacolo. Cerchiamo di ricostruire con l’ausilio di fonti bibliografiche almeno i momenti più salienti di quella che sembra essere divenuta oramai un’autentica “crociata”.
Le strategie di diffusione della pillola del giorno dopo
La richiesta di prodotti con specifica indicazione d’uso: “contraccezione d’emergenza”. Il timore maggiore dei fautori della pillola del giorno dopo riguardava il fatto che la mancanza di un prodotto con specifica indicazione d’uso potesse scoraggiare i medici a prescriverla e le donne ad assumerla, dato che si ricorreva in alternativa alle formulazioni di estrogeni, progestinici o estroprogestinici usate di solito a scopo contraccettivo.
Per questo motivo, nel 1994 il Center for Reproductive Law and Policy (USA), in associazione con altri gruppi tra cui Planned Parenthood di New York City, inviarono una petizione cittadina alla Food and Drug Administration (FDA) per chiedere che venissero prodotte formulazioni di estrogeni e progestinici che avessero come indicazione d’uso la contraccezione d’emergenza. A seguito di questa e di altre pressioni, l’FDA chiese ad alcune grandi case farmaceutiche di mettere in commercio prodotti specifici per la contraccezione d’emergenza: ma le case farmaceutiche, non intravedendo la possibilità di un profitto economico, rifiutarono in un primo momento di impegnarsi in tal senso.
Pur non volendo forzare, almeno in apparenza, la situazione, l’FDA pubblicò nel 1997 sul Federal Register una dichiarazione relativa all’efficacia e alla sicurezza dei regimi ormonali comunemente usati per la contraccezione d’emergenza, sottolineando che avrebbe approvato la messa in commercio di prodotti specifici per la contraccezione d’emergenza senza richiedere ulteriori e costosi trials sperimentali(9).
Una procedura, tra l’altro, insolita dal momento che le decisioni dell’FDA sono sempre successive alla comunicazione dei risultati dei trials sperimentali da parte delle case farmaceutiche.
Probabilmente a seguito di questa dichiarazione della FDA, le case farmaceutiche hanno iniziato ad interessarsi alla contraccezione d’emergenza, tanto che la Gynetics Corporation ha messo a punto il Preven Emergency Kit, che ha ricevuto l’approvazione per la commercializzazione dall’FDA nel settembre 1998.
Il Kit contiene pillole a base di estroprogestinici secondo il protocollo Yuzpe, un test di gravidanza e le istruzioni per l’uso: sul perché alle pillole venga associato un test di gravidanza e sulle polemiche che ciò ha sollevato, torneremo in seguito.
Nel settembre 1998, la Women’s Capital Corporation di Washington D.C., ha fatto richiesta all’FDA perché autorizzasse la commercializzazione di un prodotto a base di levonorgestrel, già in uso nei Paesi dell’Europa orientale con il nome di Postinor. Nel 1999, l’FDA ha concesso l’autorizzazione e il prodotto viene ora commercializzato con il nome di PlanB(10).
Le stesse richieste sono state avanzate in altri Paesi(11). In Europa, la Gran Bretagna ha commercializzato fin dal 1984 un prodotto specifico per il protocollo Yuzpe, mentre dal 1999 è disponibile il Levonelle 2 a base di levonorgestrel, che può essere dispensato dall’1 gennaio 2000 anche senza prescrizione medica(12); lo stesso protocollo è stato introdotto negli anni ’80 in Olanda in aggiunta alla somministrazione di soli estrogeni già in uso dal 1960; in Finlandia, il regime Yuzpe è stato introdotto nel 1987; in Italia, già da tempo gli estrogeni e gli estroprogestinici vengono usati come contraccettivi d’emergenza, anche se l’autorizzazione alla vendita di un prodotto specifico è del 2000. Ed ancora, contraccettivi d’emergenza sono in vendita in Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Lussemburgo, Svezia, Svizzera e Spagna.
La commercializzazione della contraccezione d’emergenza è stata, invece, vietatq in Irlanda dall’Irish Medicines Board(13)
In Africa, viene utilizzato per la contraccezione d’emergenza l’E-Gen-C; in Asia, e, in particolare, in India e in Cina, la contraccezione d’emergenza è diffusa, così come in Australia e in Nuova Zelanda: in quest’ultimo Paese essa viene distribuita, dopo lunghe battaglie tra fautori della contraccezione d’emergenza, medici e farmacisti, senza prescrizione medica. Poco diffusa nei paesi dell’America Latina, la contraccezione d’emergenza è oggetto di grande attenzione da parte delle organizzazioni di pianificazione familiare.
Al di sopra di queste situazioni locali, lavora un’organizzazione internazionale che raccoglie quanti sono impegnati nella pianificazione familiare. Si tratta del Consortium for Emergency Contraception, istituito nel 1996 e che raccoglie le seguenti organizzazioni: Concept Foundation, IPPF, Pacific Institute for Women’s Health, Pathfinder International, Population Council, WHO (World Health Organization), Population Service International, Program for Appropriate Technology in Health. Il Consortium sta svolgendo, tra l’altro, un’azione di pressione sui governi locali e sulle case farmaceutiche per incrementare la produzione /accessibilità alla contraccezione d’emergenza.
La diffusione della contraccezione d’emergenza tra le donne “a rischio”. Il primo target della contraccezione d’emergenza sono state le donne vittime di violenza sessuale. Ne è testimonianza il fatto che per la prima volta la contraccezione d’emergenza è stata utilizzata su una donna vittima di violenza sessuale, e che fino agli anni ’90 più di un terzo della contraccezione d’emergenza aveva questa indicazione d’uso.
Alla valutazione etica del ricorso alla contraccezione d’emergenza in caso di violenza sessuale è dedicato il documento dei Vescovi Cattolici di Inghilterra e Galles del 1986(14).
Dalla situazione occasionale si è passati poi alla “prevenzione” (della gravidanza, non della violenza) pianificata. E dove le donne potevano essere più esposte a violenza? Ovviamente nei campi per rifugiati o nei paesi stranieri ove erano immigrate.
Da qui la proposta, per fare un esempio, a mezzo di una dichiarazione congiunta del 15 novembre 1996 da parte delle Nazioni Unite e dell’International Federation of Red Cross and Red Crescent Society di dispensare aiuti a favore della salute riproduttiva per i rifugiati nelle regioni dei Grandi Laghi dell’Africa Centrale, con la previsione di uno stanziamento di 500.000 dollari. Nell’ambito della Emergency Reproductive Health Care erano inclusi, come precisava la stessa dichiarazione: la pianificazione familiare, la prevenzione dell’unsafe abortion (aborto in condizioni di non sicurezza); la contraccezione post-coitale per le donne vittime di violenza sessuale o che hanno avuto rapporti non protetti o non programmati.
Che l’uso della contraccezione d’emergenza venga considerato quasi un “obbligo” in caso di violenza sessuale si evince anche da un articolo di Smugar e coll.(15). Si tratta di uno studio sul comportamento dei medici nei confronti delle donne che hanno subito violenza, da cui risulta che non sempre esse ricevono l’informazione sulla contraccezione d’emergenza. Questo fatto ritarderebbe – secondo gli Autori – l’accesso delle donne all’uso della contraccezione d’emergenza e renderebbe il medico responsabile delle conseguenze di una sua non assunzione, cioè l’aborto tardivo (!). Per questo motivo, sempre secondo gli Autori, il medico ha il dovere di informare la donna della possibilità della contraccezione d’emergenza: in caso contrario, egli violerebbe il miglior interesse della donna e il suo diritto alla conoscenza di tutte le opzioni possibili.
L’ampliamento del concetto di “rischio”. Pensata in un primo momento per le donne esposte a violenza sessuale, la contraccezione d’emergenza ha poi ampliato i suoi target: a rischio di una gravidanza non voluta non sarebbero solo le donne costrette a subire un atto sessuale contro la propria volontà, ma anche tutte quelle donne che potrebbero iniziare una gravidanza senza averla programmata.
Rientrerebbero, quindi, tra le indicazioni i rapporti sessuali in assenza di un’assunzione costante di estroprogestinici, o a seguito della rottura del profilattico, o senza uso di altre tecniche contraccettive/abortive. E chi meglio delle adolescenti sessualmente attive rientra in una delle fattispecie su descritte?
Proprio le adolescenti, che per varie ragioni (persistenza della fiaba personale, desiderio di non medicalizzare l’atto sessuale, etc.) non fanno uso di alcun tipo di contraccezione(16).
In questo modo, piuttosto che aiutare le adolescenti a vivere e gestire la propria sessualità/genitalità nella responsabilità e nel rispetto della propria e dell’altrui corporeità, si è ritenuto più opportuno facilitare l’accesso alla contraccezione d’emergenza.
Ne sono testimonianza due fatti. Da una parte, l’autorizzazione da parte del Ministro dell’Educazione francese, Segolène Royal, a distribuire nelle scuole la contraccezione d’emergenza, senza informare i genitori, previa una capillare campagna di informazione. Come è noto, però, il Consiglio Costituzionale francese ha respinto nel luglio 2000 questa approvazione (del gennaio 2000), facendo riferimento ad una legge del 1967 che stabilisce che la contraccezione ormonale può essere dispensata solo dalle farmacie su prescrizione medica; non è stata, invece, sottolineata la necessità di chiedere in caso di somministrazione ai minori il consenso dei genitori(17). Recentemente anche la Gran Bretagna ha deciso di consentire la distribuzione della contraccezione d’emergenza nella scuola a partire dall’età di 12 anni.
Da ciò il moltiplicarsi di ricerche sull’uso della contraccezione d’emergenza tra le adolescenti,(18) il crescente interesse a far pervenire queste informazioni alle adolescenti, e la preoccupazione di rimuovere tutti i fattori che si oppongono a tale diffusione, coinvolgendo anche i pediatri(19) e proponendone la prescrizione per telefono(20).
Da una ricerca condotta dall’AIED tra il 1998 e il 2000 su 3265 ragazze in età compresa tra i 14 e i 21 anni, risulterebbe che: l’84% delle intervistate sapeva poco o nulla sugli effetti collaterali della contraccezione d’emergenza; nel 60% dei casi l’informazione proveniva dalle amiche o dal partner; nel 48% dei casi di uso la motivazione era la rottura o l’uso errato del profilattico o il mancato ricorso ad altre forme di contraccezione(21). I colpevoli? Ovviamente, la scuola e la famiglia che non informano, anzi che non creano una “coscienza contraccettiva” la quale , sostituendosi alla oramai “desueta” coscienza morale, renderebbe accorte le adolescenti non sul fatto che la dimensione genitale della sessualità va vissuta in un contesto di stabilità, di fedeltà e di responsabilità anche procreativa, quanto sulla necessità di usare contraccettivi perché questo ridurrebbe il “rischio” di una gravidanza così scomoda a questa età per il singolo e la società.
Lo studio di strategie di informazione per aumentare la diffusione della contraccezione d’emergenza.
Un’altra preoccupazione delle organizzazioni a favore della contraccezione d’emergenza è che l’informazione giunga a quante più persone possibile, perché – si sostiene – il fatto che vi sia ancora una scarsa diffusione di questi prodotti a causa della loro scarsa conoscenza.
Ogni mezzo viene, allora, considerato utile a tale scopo: dal moltiplicarsi dei siti Internet alla istituzione di linee telefoniche per la contraccezione d’emergenza; dalla distribuzione di kit di contraccezione d’emergenza alla cosiddetta “educazione sessuale” nelle scuole. Nulla è rimasto intentato, ma non sempre con i risultati sperati.
E’ il caso dell’istituzione nel 1996 in USA di una ECP hot-line nazionale nell’ambito del Reproductive Health Technologies Project and Bridging the Gap, Inc. per offrire informazioni sulla contraccezione di emergenza e un elenco di cliniche che la potessero dispensare: ma nonostante ciò la contraccezione d’emergenza è rimasta poco nota, poco prescritta e poco usata.
Ed ancora , nel settembre 1998, la Planned Parenthood of America ha attivato due servizi: il DIAL-EC per prescrivere la contraccezione d’emergenza e dare istruzioni per telefono senza la necessità di una visita medica; l’EC-to-Go, che offre alle donne un kit per la contraccezione d’emergenza da portare a casa e usare quando serve.
Alla maggiore informazione dovrebbe associarsi, si dice, anche una maggiore disponibilità della contraccezione d’emergenza presso tutti i presidi di assistenza sanitaria alle donne (ambulatori, consultori, accettazioni ospedaliere d’emergenza, etc.), ma soprattutto che essa venga dispensata come “prodotto da banco” cioè senza prescrizione medica(22).
D’altra parte, almeno negli USA, non si tratterebbe di una novità dal momento che – come già detto – la prescrizione della contraccezione d’emergenza viene fatta anche per telefono.
Sono queste le ragioni per cui gran parte dei progetti di diffusione della contraccezione d’emergenza prevedono il coinvolgimento dei farmacisti(23). Basti un esempio. Nel febbraio 1998 il PATH (Program for Appropriate Technology in Health) ha avviato un progetto, il Washington State Emergency Contraception Pharmacist Pilot Project, che ha visto il coinvolgimento di 500 farmacisti, abilitati in una seconda fase del progetto a dispensare direttamente la contraccezione d’emergenza.
Si può, allora, immaginare il disappunto generato da quei farmacisti o, addirittura, da quelle catene di farmacie, come la Wall-Mart negli Stati Uniti (che comprende 2.400 farmacie distribuite in tutto il Paese), per aver rifiutato la dispensazione della contraccezione d’emergenza(24).
Un rifiuto dettato – secondo i sostenitori della contraccezione d’emergenza – dal considerare tale approccio abortivo, senza rendersi conto, scrive Grimes a proposito di un farmacista di Temecula (California) “reo” di aver respinto una prescrizione medica per la contraccezione d’emergenza, che “ironically, his refusal increased the probability that the woman would eventually have abortion” (!!!)(25).
Sul meccanismo d’azione della contraccezione
Già dagli accenni sulla storia e sulle strategie di diffusione della contraccezione d’emergenza si evince come vi si stata e vi sia una grande confusione sul suo meccanismo di azione, una confusione più ideologica che scientifica. Prima di analizzare la babele semantica che si è creata attorno alla contraccezione d’emergenza, ci soffermiamo a prendere in esame i dati scientifici relativi, in particolare, al meccanismo d’azione della contraccezione d’emergenza. E’ da precisare, però, che vi sono pochi studi in tal senso, essendo l’attenzione dei ricercatori focalizzata soprattutto sull’efficacia e tollerabilità di tali prodotti.
Le modalità per attuare la contraccezione d’emergenza con l’uso di estrogeni e/o di progestinici sono: 1. gli estrogeni ad alto dosaggio; 2. gli estroprogestinici combinati; 3. i progestinici.
Gli estrogeni ad alto dosaggio. Non esiste in commercio un prodotto specifico per la contraccezione d’emergenza a base di estrogeni: si usa solitamente l’etinilestradiolo che, al di fuori dell’uso come contraccettivo d’emergenza, trova indicazione nelle patologie del ciclo mestruale, nella prevenzione della montata lattea, nella terapia dei disturbi prostatici.
Il protocollo utilizzato è il cosiddetto five by five, che prevede la somministrazione di 0,5-2.0mg al giorno di etinilestradiolo per 5 giorni(26). La prima dose di etinilestradiolo viene somministrata entro 72 ore dal rapporto sessuale.
Tra gli effetti collaterali dell’assunzione di estrogeni, vengono segnalati nausea (54-70%), vomito (24-33%), cefalea, metrorragie, nonché qualche episodio di edema polmonare. Vi è, inoltre maggiore incidenza di gravidanze ectopiche, dovuta probabilmente all’interferenza con l’annidamento dell’embrione nell’endometrio uterino ma non nella tuba: per questa ragione una storia di gravidanza ectopica costituisce una controindicazione all’uso di estrogeni ad alte dosi(27).
Gli estroprogestinici combinati. I primi studi sull’uso degli estroprogestinici combinati come contraccezione d’emergenza sono stati condotti da Yuzpe e coll., che hanno messo a punto – come già detto – il cosiddetto “protocollo Yuzpe”, che nella formulazione originale prevedeva la somministrazione di 100µg di etinilestradiolo + 1mg di norgestrel per due volte a distanza di 12 ore. Successivamente il protocollo è stato modificato e, attualmente, vengono somministrati, entro 72 ore dal rapporto presunto fecondante, 100µg di etinilestradiolo+0,5mg di levonorgestrel (che ha sostituito il norgestrel) per due volte a distanza di 12 ore(28).
Tra gli effetti collaterali: nausea (50,5%), vomito (18,8%), cefalea(29). Poiché il vomito entro due ore dall’assunzione potrebbe ridurre l’azione dell’estroprogestinico, è stata proposta la somministrazione di un antiemetico, la meclizina, un’ora prima(30).
Molto discussi gli effetti sulla coagulazione. Infatti, a fronte di casi direttamente collegati con l’assunzione di estroprogestinici – si fa riferimento, ad esempio, al caso di una donna di 33 anni a cui è stata diagnosticata una trombosi della vena retinica dopo assunzione di PC4 (500µg di norgestrel+100µg di etinilestradiolo, in due dosei a distanza di 12 ore)(31) -, vi sono altri studi che tendono a minimizzare tale rischio anche se non ad escluderlo. Si veda a tal proposito un lavoro di Vasilakis e coll. ove si giunge alla conclusione che il rischio di tromboembolismo venoso associato all’uso “post-coitale” di estroprogestinici non è sostanzialmente più elevato del rischio legato all’uso della pillola contraccettiva(32): in altre parole il rischio trombo-embolico non può essere escluso Comunque, l’uso del protocollo Yuzpe viene sconsigliato in presenza di una storia di tromboembolismo, oltre che di cefalea, gravidanza e allattamento(33).
I progestinici. Il passaggio dall’uso di estroprogestinici al progestinico da solo è stato fortemente ricercato al fine di ridurre gli effetti collaterali legati all’estrogeno. Risulta, infatti, che usando il levonorgestrel (due dosi di 0, 75 mg a 12 ore di intervallo)(34) vi sia una minore incidenza di nausea (21,3%) e di vomito (5,6%), ma anche di astenia (16,9%), cefalea (16,8%), perdite ematiche (13%), vertigini (11,2%) e tensione mammaria (10,7%)(35).
Per quanto riguarda gli effetti sulla coagulazione, non vi è accordo neanche per il levonorgestrel, anche se vengono segnalate interazioni tra levonorgestrel e warfarin, nel senso sia di una riduzione sia di un aumento dell’azione anticoagulante(36), e viene raccomandata prudenza alle donne con una storia di malattia tromboembolica(37).
Per tutti i prodotti ad azione ormonale, vengono esclusi effetti teratogeni su embrioni già annidati in utero(38).
Pur limitandosi la nostra analisi alla sola contraccezione d’emergenza con ormoni, è utile qualche accenno all’uso della spirale e del più recente mifepristone come “contraccettivi d’emergenza”(39).
L’inserimento di spirale o IUD, per lo più medicata al rame, viene eseguito fino al 5°-7° giorno dopo il rapporto presunto fecondante(40). Tra gli effetti collaterali vengono segnalati: crampi uterini, metrorragie, aumentata incidenza di malattia pelvica infiammatoria.
Il Mifepristone, noto come RU 486, è un antiprogestinico che agisce bloccando i recettori per il progesterone ed antagonizzando gli effetti di questo ormone a livello degli organi e dei tessuti bersaglio di questo ormone(41). Utilizzato solitamente come contragestativo (interruzione della gravidanza dopo l’impianto) entro i primi 49 giorni dalla fecondazione, il mifepristone è stato proposto come “contraccettivo d’emergenza”: a tale scopo viene somministrato in dose unica fino al 5° giorno dopo il rapporto sessuale(42); presenta pochi effetti collaterali ad eccezione di un ritardo di almeno tre giorni nella comparsa della mestruazione successiva, fatto questo che creerebbe nella donna un’ansia eccessiva(43).
La maggiore preoccupazione di chi propone la contraccezione d’emergenza è la valutazione della sua efficacia, ovvero della capacità di mantenere basso il numero delle gravidanze dopo somministrazione: quanto minore è il numero di gravidanze tanto maggiore è l’efficacia. Le percentuali variano in base alla metodica utilizzata: il 99% per gli estrogeni, l’89% per il levonorgestrel e il 75% per il protocollo Yuzpe.
L’efficacia dipenderebbe da due fattori: 1. la precocità dell’assunzione; 2. la fase del ciclo mestruale in cui si trova la donna quando assume i contraccettivi d’emergenza. Si richiede infatti alle donne di assumere i contraccettivi d’emergenza entro le 72 ore dal rapporto sessuale presunto fecondante, anche se vi sono studi tesi a dimostrare che questa somministrazione potrebbe avere la stessa efficacia pur se effettuata più tardivamente(44).
Per spiegare queste “indicazioni” è necessario comprendere, però, il meccanismo d’azione della contraccezione d’emergenza.
I siti d’azione degli estrogeni e/o dei progestinici somministrati allo scopo di attuare la contraccezione d’emergenza sono quattro: 1. l’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio (inibizione dell’ovulazione); 2. il corpo luteo (effetto luteolitico); 3. le tube di Falloppio (alterazione della motilità tubarica); 4. l’endometrio uterino (alterazione dell’endometrio uterino)(45).
Inibizione dell’ovulazione .La possibilità di inibire l’ovulazione è secondaria alla fase del ciclo in cui la donna assume gli estrogeni e/o il progestinico: è, infatti, possibile – anche se questo effetto non si verifica sempre – il blocco dell’ovulazione solo se la somministrazione avviene in fase preovulatoria. Tale effetto viene evidenziato mediante i dosaggi ormonali e l’ecografia transvaginale.
Dagli studi presi in esame si evince che:
– alte dosi di estrogeni non inibiscono l’ovulazione anche se somministrati in fase preovulatoria(46);
– gli estroprogestinici, somministrati secondo il protocollo Yuzpe in fase preovulatoria, hanno bloccato l’ovulazione, in uno studio condotto da Ling e coll. su 11 donne, nel 27% dei casi(47);
– mentre in uno studio di Rowlands e coll. lo stesso regime somministrato a 14 donne in fase preovulatoria ha bloccato l’ovulazione nel 24% dei casi(48). Uno studio di Raymond et al., che prevedeva la somministrazione del protocollo Yuzpe il giorno del picco urinario dell’LH, non metteva in evidenza, invece, alcuna inibizione dell’ovulazione(49).
Ed ancora, in uno studio di Swahn e coll.,(50) 16 donne hanno ricevuto il protocollo Yuzpe al 12°giorno del ciclo (prima che si verificasse il picco dell’LH), e 16 donne hanno invece ricevuto il protocollo Yuzpe due giorni dopo il picco dell’LH, nel primo gruppo nel 23% delle donne non è stato possibile dosare un picco dell’LH, mentre nel secondo gruppo l’ovulazione si è manifestata nel 100% dei casi;
il dienogest, un progestinico sintetico, somministrato da Kohler et al. in fase preovulatoria a 18 donne (e in due dei 18 casi esaminati il dienogest è stato somministrato due giorni prima del picco dell’LH), ha bloccato l’ovulazione in 4 donne su 12 (33,4% dei casi)(51);
uno studio di Landgren e coll., condotto su 72 donne divise in quattro gruppi e sottoposte alla somministrazione di 0,75mg di levonorgestrel per quattro giorni, ha messo in evidenza quanto segue: il gruppo che ha ricevuto il levonorgestrel nel 2°,4°,6° e 8° giorno del ciclo mestruale non ha avuto alcun effetto inibente sull’ovulazione; nel gruppo che ha ricevuto il levonorgestrel il 9°, 11°, 13° e 15° giorno, in 3 donne è stata evidenziata attività follicolare, in 7 donne insufficienza del corpo luteo, in altre 7donne ovulazione; nel gruppo che ha ricevuto il levonorgestrel in 11^, 12^, 16^ e 19^ giornata, 5 donne hanno mostrato attività follicolare, 6 donne insufficienza del corpo luteo, 7 donne ovulazione; il gruppo che ha ricevuto levonorgestrel in 16^, 18^, 20^ e 22^ giornata non ha avuto alcun effetto sull’attività ovarica.(52). In sintesi, il levonorgestrel non ha inibito l’ovulazione se somministrato il fase follicolare precoce o in fase luteale, mentre ha soppresso l’ovulazione solo nel 17,7% dei casi se somministrato tra il 9° e il 15° giorno e nel 23,5% dei casi se somministrato tra l’11° e il 19° giorno del ciclo.
Da questi dati si può evincere che la contraccezione d’emergenza è in grado di inibire l’ovulazione, in percentuale varia se somministrata in fase preovulatoria, ma questo effetto non ne spiega tutto il meccanismo d’azione(53).
Interferenza con l’attività del corpo luteo. L’effetto luteolitico della contraccezione d’emergenza viene valutato mediante lo studio ormonale della lunghezza della fase luteale. Tale azione luteolitica non si evidenzierebbe nelle donne che hanno assunto solo estrogeni(54), mentre sarebbe evidente in meno del 21% delle donne che hanno assunto estroprogestinici secondo il protocollo Yuzpe(55).
Alterazione della motilità tubarica. Tra i possibili meccanismi di azione della contraccezione d’emergenza, vi sarebbe anche il rallentamento o l’accelerazione della motilità tubarica con conseguente difficoltà di trasporto dell’embrione. Questo effetto può essere valutato indirettamente dal momento che sembra essere come una delle cause dell’aumentata incidenza di gravidanze ectopiche dopo assunzione, in particolare, di estrogeni(56).
Modificazione della struttura dell’endometrio. Le modificazioni della struttura dell’endometrio sono responsabili dell’impedimento dell’annidamento dell’embrione in utero, da cui la definizione dei contraccettivi d’emergenza anche come antinidatori o intercettivi.
Per valutare le alterazioni endometriali, i vari studi si avvalgono di metodi indiretti ( si valuta, cioè, la morfologia e la funzionalità dell’endometrio), dal momento che non vengono utilizzati i metodi diretti (il calcolo del rapporto tra fecondazioni e perdite embrionali). Questo non perché manchino i metodi diretti, ma semplicemente perché non vi è interesse (rapporto costi/benefici) a farvi ricorso.
Ovviamente non è utilizzabile il dosaggio dell’hCG (human Chorionic Gonadotropin) che si positivizza dopo almeno sette giorni dalla fecondazione, quindi dopo l’avvenuto impianto(57), ma di altri fattori correlati con la gravidanza. Si fa riferimento, in particolare, all’EPF (Early Pregnancy Factor), presente nel siero materno già dalla sesta ora dalla fecondazione: una sua variazione, essendo la presenza fondamentale nella fase preimpianto e perimpianto, indicherebbe una fecondazione avvenuta a cui non fa seguito, però, l’annidamento dell’embrione in utero(58).
Il ricorso ai metodi indiretti consente, comunque di evidenziare quelle alterazioni endometriali che rendono impossibile l’annidamento dell’embrione in utero. Si tratta di modificazioni morfologiche e di modificazioni biochimiche.
Per quanto riguarda le modificazioni morfologiche, è noto che l’endometrio per accogliere l’embrione deve andare incontro a una serie di trasformazioni: invece,la presenza di estrogeni, progestinici o estroprogestinici esogeni riduce lo spessore dell’endometrio; causa atrofia ghiandolare e comparsa di aree edematose che si alternano ad aree di elevata densità cellulare; altera la composizione biochimica e proteica dell’endometrio. In particolare, si considera necessario per un idoneo impianto dell’embrione in utero uno spessore endometriale compreso tra 5 e 13 mm, dato confermato tra l’altro da studi eseguiti nel corso di procedure di embryotransfer(59), in cui la frequente asincronia di sviluppo ovaio-endometrio indotta dalla stimolazione ovarica è la principale causa di abortività.
A seconda dell’ormone somministrato come contraccettivo d’emergenza sono state riscontrate le seguenti modificazioni morfologiche a carico dell’endometrio uterino:
alte dosi di estrogeni causano alterazione del sistema di canali presente a livello delle cellule endometriali: è quanto è stato riscontrato in quattro donne trattate con estrogeni per 5 giorni in periodo luteale(60). Non si esclude anche un’alterazione dei livelli di anidrasi carbonica endometriale, la cui presenza è considerata necessaria nei processi di annidamento(61);
gli estroprogestinici somministrati secondo il protocollo Yuzpe riducono il numero dei recettori per gli estrogeni e per il progesterone, se somministrati 48 ore dopo il picco dell’LH(62), e provocano uno sviluppo asincrono dell’endometrio(63). Ciò si è potuto evidenziare in tale studio condotto su 127 donne, di cui 88 hanno ricevuto il protocollo Yuzpe a metà ciclo o fino al 3° giorno dopo l’ovulazione. L’ambiente endometriale è stato considerato inadatto per l’impianto dell’embrione.
Alle stesse conclusioni sono giunti W.Y. Ling e coll., dopo aver somministrato estroprogestinici secondo il protocollo Yuzpe in fase preovulatoria(64).
Queste alterazioni vengono considerate, dai vari Autori, responsabili dell’impossibilità di annidamento, anche se vi è chi mette in dubbio tale effetto pur avendo riscontrato, dopo somministrazione di estroprogestinici secondo il protocollo Yuzpe, un’alterazione del numero dei recettori endometriali per gli estrogeni, un ridotto spessore endometriale ed una più grande proporzione di vacuoli sopranucleari ghiandolari(65) rispetto alla situazione normale;
per quanto riguarda il levonorgestrel, uno studio del 1998 con somministrazione di due dosi di 0,75 mg di levonorgestrel ad intervalli di 12 ore nel giorno LH+2 (2° giorno dopo il picco dell’LH), indica un ritardo nello sviluppo endometriale, con aumento dei recettori del progesterone. Gli Autori concludono che questi effetti endometriali possono ostacolare l’impianto(66). Lo stesso effetto alterativo sul normale endometrio secretorio è stato riscontrato in donne che hanno assunto 0,75 mg di levonorgestrel in differenti giorni del ciclo(67).
La rilevazione delle modificazioni biochimiche dell’endometrio si avvale della valutazione delle integrine, proteine eterodimeriche presenti sulla superficie delle cellule endometriali e soggette a modificazione durante il ciclo mestruale. Infatti, mentre nella fase medio-luteale sono presenti nell’epitelio ghiandolare le subunità a1 e a4, la subunità b3 è presente sia nell’epitelio ghiandolare sia nell’epitelio di superficie. Queste subunità formano parte delle integrine a1b1, a4b1 e avb3, la cui presenza è correlata con la finestra impiantatoria(68). L’integrina avb3 si riduce verso il 5°-6° giorno della fase postovulatoria(69) e la sua localizzazione nella superficie apicale dell’epitelio cellulare indica la sua partecipazione nell’adesione dell’embrione, nella fase di trofoblasto, all’endometrio quando inizia il processo di impianto nell’utero(70).
Di conseguenza un’alterazione dell’espressione delle integrine, e in particolare delle integrine avb3 e a4b1, è indicativa di alterata recettività endometriale e di impedimento all’annidamento, come è stato riscontrato ad esempio in donne che assumono contraccettivi ormonali(71). Non sarebbero, invece, correlate con la recettività endometriale l’integrina a6 e b4 (72).
Non sono molti gli studi che hanno valutato l’effetto della contraccezione d’emergenza sulle integrine endometriali. Il già citato studio di J. Wang e coll. mette in evidenza un’alterazione delle integrine a1 e a2 endometriali dopo somministrazione di levonorgestrel nel giorno LH+2 e questo viene messo dagli Autori in correlazione con la difficoltà di impianto dell’embrione nell’endometrio(73) .
Per quanto riguarda il metodo Yuzpe, uno studio di Raymond et al(74), pur non mettendo in evidenza una variazione significativa della subunità b3 dell’integrina, ha rilevato una riduzione della MUC-1(75), una proteina solitamente elevata nella fase medio-secretoria del ciclo e un aumento dei recettori per gli estrogeni, che solitamente diminuiscono al momento dell’impianto(76). Gli Autori, tenendo conto anche delle modificazioni morfologiche dell’endometrio e dell’assenza di blocco dell’ovulazione, concludono scrivendo: “Perhaps the regimen effects endometrial function in ways undetectable by the test we chose to perform, or it could cause important changes earlier later in the cycle than when we performed our test” (p. 2354).
Dai risultati di un lavoro di Young sulle proteine endometriali sieriche risulta, inoltre, una soppressione della loro secrezione nel fluido luminale endometriale dopo somministrazione al 9 giorno della fase luteale di estroprogestinci secondo il protocollo Yuzpe: una tale variazione viene considerata dall’Autore incompatibile con l’annidamento dell’embrione in utero(77).
Volendo sintetizzare quanto fin qui detto, la contraccezione d’emergenza è, dunque, in grado di bloccare l’ovulazione, se somministrata prima del picco dell’LH in una percentuale variabile compresa tra il 21 e il 33% a seconda che si ricorra al metodo Yuzpe o al levonorgestrel. Gli altri effetti in fase preovulatoria, peri e postovulatoria, sono a carico del corpo luteo, della tuba e, in particolare, dell’endometrio: tre effetti che interferiscono con la fase post-fertilizzazione.
I termini della questione
Da quanto fin qui detto risulta evidente che la contraccezione d’emergenza agisce impedendo il proseguimento dello sviluppo dell’embrione, rendendone impossibile l’annidamento nella parete uterina. Non si tratta, dunque, di un effetto contraccettivo ma semmai antinidatorio.
L’evidenza scientifica di tale effetto antinidatorio smentisce, quindi, la stessa terminologia utilizzata per definire l’utilizzo di tali prodotti: non si tratta di un meccanismo contraccettivo (abbiamo visto come l’inibizione del concepimento avvenga solo in una piccola percentuale di casi), bensì di un meccanismo prevalentemente abortivo qual è quello antinidatorio, che si estrinseca dopo l’avvenuta fecondazione, quando è già iniziato il processo di sviluppo di una nuova vita umana.
Perché allora si sostiene che la contraccezione d’emergenza non è abortiva? Come mai il comunicato stampa del Ministero della Sanità italiano n. 231 del 29 settembre 2000 recita quanto segue: “Il farmaco deve essere inteso come metodo contraccettivo di emergenza da usare solo in casi eccezionali; non svolge alcuna funzione abortiva in quanto il meccanismo d’azione consiste nell’impedire l’impianto dell’ovulo fecondato o nel blocco dell’ovulazione”?
Le affermazioni del Ministero della Sanità italiano sono, in effetti, le ultime di una lunga serie di dichiarazioni simili. Già nel 1995, Lahteenmaki e coll.: “Altough the use of post-coital contraception has increased, all too often it is not used when it should be… The annual number of abortion in Finland has decreased…it is specially true in teenagers”(78).
Dello stesso tono le affermazioni di Kosunen e coll.: “It has been suggested that widespread awareness and use of emergency contraception is one of reasons for low rates of induced abortion in Netherlands”(79). Quindi la contraccezione d’emergenza – secondo questi Autori – non solo non sarebbe abortiva, ma quando utilizzata ridurrebbe, il numero degli aborti (!).
Ed ancora, sulla rivista dell’International Planned Parenthood Federation – Europe Region, si legge: “In order to meet the potential demand for emergency contraception, several action are urgently need. Among these are: clarification that emergency contraception is not abortion and thus is legally permitted in countries where abortion is illegal” (p.2); “service providers are too often reluctant to provide this method. In case there is any misunderstanding, emergency contraceptives are not abortifacients. Emergency contraceptives prevent unwanted pregnancy”(p.3)(80).
Perché questa manipolazione semantica? La risposta la possiamo trovare in una lettera pubblicata dal The New England Journal of Medicine: “to manipulate public opinion toward to acceptance of it (the emergency contraception). Redefining the meaning of contraception to include the prevention of implantation does not change the fact that preventing implantation is what many people find problematic with the drug”(81).
“Manipolare l’opinione pubblica per far accettare la contraccezione d’emergenza”: non è un fatto nuovo che le parole vengano utilizzate come una forma di potere (si pensi al Newspeak di Orwell(82)) o di difesa. Scriveva Italo Calvino nel saggio “L’antilingua” del 1965: “Caratteristica principale dell’antilingua è quello che definirei terrore semantico, cioè la fuga di fronte a ogni vocabolo che abbia di per se stesso un significato. Nell’antilingua i significati sono costantemente allontanati, relegati in fondo ad una prospettiva di vocaboli che di per se stessi non vogliono dire niente o vogliono dire qualcosa di vago e di sfuggente…”(83).
Un’antilingua, che tende a sostituire in particolare quelle parole che evocano fatti comunque drammatici, al punto che chi ascolta possa “perdere la sensibilità per determinate situazioni o per certi problemi etici”, diventando “più accomodante magari non sul piano dei principi ma su quello della prassi…”(84).
Per poter dire che un prodotto ad azione antinidatoria non è un abortivo, è stata necessaria una duplice manipolazione semantica: la ridefinizione del termine di gravidanza; l’ampliamento del concetto di contraccezione.
La ridefinizione del concetto di gravidanza. Come è noto, agli inizi degli anni ’70 l’ACOG (American College of Obstetricians and Gynecologists) ha ridefinito il concetto di gravidanza(85): con il termine “gravidanza” si indica il periodo compreso tra l’annidamento in utero dell’embrione e il parto. Di conseguenza un prodotto che agisce impedendo l’impianto o annidamento dell’embrione in utero, non porrebbe termine ad una gravidanza, essendo questa – seguendo la ridefinizione – ancora non iniziata e, quindi, grazie a tale escamotage terminologico, un prodotto da abortivo diverrebbe non abortivo, ma contraccettivo.
Una definizione ripresa, poi, nella maggior parte degli studi sull’argomento. Scrive, ad esempio, Grimes: “However, even if emergency contraception worked solely by preventing the implantation of a zygote, it would still not be an abortifacient. Pregnancy begins with implantation, not fertilization. (…) Fertilization is a necessary but insufficient step toward pregnancy” (p. 1078)(86).
Una definizione, però, non è altro che una definizione, frutto di un accordo che dovrebbe essere basato possibilmente su valide ragioni scientifiche: ma quali sono, invece, queste ragioni?
Probabilmente due: una prima mutuata dalle procedure di fecondazione artificiale, per cui la gravidanza inizierebbe solo dopo il trasferimento dell’embrione nelle vie genitali della donna in prossimità dell’annidamento; una seconda mutuata più che dalla teoria sull’impianto secondo la quale l’esistenza individuale inizierebbe solo nel momento in cui l’embrione prende contatto con l’endometrio uterino e i l’organismo della donna “si rende conto ” della presenza dell’embrione.
Due ragioni che ci sembrano fondate su un duplice errore: da una parte, una forzata rilettura alla luce dell’artificialità di un processo, qual è la gravidanza che è invece naturale poiché concerne la natura stessa umana; dall’altra, la negazione della reazione “biologica” quasi immediata della donna alla presenza dell’embrione rilevabile attraverso la produzione dell’EPF, il fattore precoce di gravidanza.
Ciò che stupisce poi, è che una definizione degli anni ’70 venga ripresa dalla letteratura specialistica, solo tanti anni dopo, nel momento – si potrebbe dire – del bisogno.
Infatti, nel 1987, il Dizionario Medico dell’USES definisce ancora la gravidanza come “lo stato in cui si trova la donna dal momento del concepimento alla nascita del feto”(87), mentre nel 1985 il Concise Medical Dictionary definisce la gravidanza come “the period during which a women carries a developing fetus. Pregnancy last for approximately 266 days, from conception until the baby is born and the fetus normally develops in the womb”(88).
Più di recente nel noto Manuale di Pescetto e coll. si legge: “Nella specie umana (presumendo una durata media del ciclo mestruale di 28 giorni) la durata normale della gravidanza, calcolata dal giorno di inizio dell’ultima mestruazione è di 40 settimane, pari a 280 giorni. Invece, tenendo conto del giorno dell’ovulazione, la durata normale dello sviluppo del prodotto del concepimento è di 38 settimane, pari a 266 giorni”(89).
In questo caso, dunque, il termine “gravidanza” comprende non solo il periodo che va dalla fecondazione al parto, ma anche i 15 giorni precedenti l’ovulazione dal momento che il riferimento empiricamente rilevabile è l’ultima mestruazione.
Appare, allora, contraddittorio che sempre a pagina 823 vi sia scritto: “Quando si parla di giorni di sviluppo si vuol fare riferimento al giorno della fecondazione come giorno ‘0’. Poiché di norma ovulazione e fecondazione coincidono nel medesimo giorno, o al massimo (salvo eccezioni) vi è una differenza di 24 ore o poco più, lo sviluppo dell’embrione può essere misurato in giorni a partire dall’ovulazione. Si rammenta a questo proposito che alcuni indicano con il termine progestazione il periodo che va dalla fecondazione all’annidamento dell’embrione”.
Ed ancora a pagina 1325 si definisce “aborto” l’interruzione di gravidanza entro il 180° giorno completo di amenorrea (25 settimane e 5 giorni): viene cioè compreso non solo il periodo che va dalla fecondazione all’impianto, ma anche i giorni che precedono l’ovulazione (in media due settimane).
Come mai sono stati necessari oltre trenta anni per “tirare fuori dal cassetto” una definizione, a cui fra l’altro non si fa riferimento nella prassi clinica? Ignoranza o non condivisione?
Inoltre, ancora una volta, i dati scientifici vengono utilizzati come strumento di battaglia ideologica e dell’eterna contrapposizione tra “laici” e cattolici: i cattolici sostengono che la contraccezione d’emergenza è un abortivo; i “laici” sostengono che la contraccezione d’emergenza è un contraccettivo. I dati scientifici sono, però, talmente obiettivi che anche i laici non possono non riconoscerli, sempre che lo vogliano.
Scrive Baulieu – noto “padre” dell’RU486 e certo non tacciabile di posizioni confessionali – che “l’interruzione della gravidanza dopo la fecondazione può essere considerata alla stregua di un aborto…”(90).
Si parla, dunque, di gravidanza e di aborto, e non di contraccezione: così come di gravidanza parla anche Grimes in una pubblicazione del 1999(91), distinguendo tra “pregnancy more than 10 days earlier” e “pregnancies conceived more recently”, ma non escludendo che si tratti sempre di gravidanza, prima e dopo l’impianto.
Vi è, poi, chi si dimostra titubante sulla qualifica della contraccezione d’emergenza, definendola simile all’aborto: “Post-coital steroid – si legge in Planned Parenthood in Europe – may well act between fertilisation and implantation (nidation); and whether contranidation resembles abortion may trouble some women and health personnel”(92).
2. L’ampliamento del concetto di contraccezione. Se la gravidanza inizia dopo l’annidamento dell’embrione in utero, tutto ciò che agisce tra la fecondazione e l’impianto non può essere considerato abortivo bensì contraccettivo. Il termine “contraccettivo” significa letteralmente contra-cezione = contro la fecondazione: come si può, allora, impedire qualcosa che è già avvenuto, cioè la fecondazione(93)?
Per questo motivo, scrive Rahwan, “il termine contraccezione d’emergenza è equivoco … bisogna parlare di intercezione d’emergenza o di interruzione della gravidanza d’emergenza”(94).
Considerazioni conclusive
La cosiddetta “contraccezione d’emergenza” agisce, dunque, impedendo nella maggior parte dei casi che un embrione si annidi nella parete uterina e che continui, dunque, il suo processo di sviluppo iniziato al momento della fecondazione. Interrompere lo sviluppo, quindi quel dinamismo biologico che testimonia l'”essere vivente” del nuovo individuo umano, equivale a privare questi della vita stessa, e, nel Dizionario Garzanti della Lingua Italiana, “privare della vita” equivale ad uccidere(95).
La donna deve conoscere questa realtà e il medico, anche se propendesse per il ricorso alla contraccezione d’emergenza, ha l’obbligo morale e deontologico di informarla sul suo reale meccanismo d’azione. La donna potrebbe, infatti, non condividere l’orientamento del medico.
L’informazione deve essere chiara e obiettiva, sicché la donna possa acquisire la piena consapevolezza della sua scelta e sappia che, qualora opti per l’uso della contraccezione d’emergenza, non sta evitando ma sta attuando un aborto(96). Né vale come giustificazione alla non-informazione l’imprevedibilità dell’effetto contraccettivo o abortivo, poiché, come si è visto, la possibilità di un meccanismo abortivo è presente nel 70-100% dei casi.
NOTE
(1) I fautori della “contraccezione d’emergenza” o “pillola del giorno dopo” sostengono che l’uso di queste locuzioni sia errato, poiché la donna potrebbe essere indotta a ritardarne l’assunzione, fatto questo responsabile di una minore efficacia del prodotto (H. Calabretto, The description “morning after”is both wrong and misleading, 18 July 2000 (electronic responses): http://www.bmj.com/cgi/eletters/321/7253/70/b#EL4).
(2) Per questa parte storica, cfr.: C. Ellertson, History and Efficacy of Emergency Contraception: Beyond Coca-Cola, Fam Plann Perspect 1996; 22(2):44-48. Vedi anche: http://www.plannedparenthood.org/library/BIRTHCONTROL/EmergContraHistory.htm/ .
(3) Il caso è riportato da: A.A. Haspels, Emergency Contraception: a Review, Contraception 1994; 50: 101-108.
(4) Cfr.: A.A. Yuzpe, H.J. Turlow, I. Ramzy, J.L. Leyshon, Post-coital Contraception. a Pilot Study, J Reprod Med 1974; 13: 53-58.
(5) E. Kesserü, A. Larranaga, J. Parada, Postcoital Contraception with D-Norgestrel, Contraception 1973; 7: 367-379.
(6) P.F. Van Look, H. von Hertzen, Emergency Contraception, Br Med Bull 1993; 49: 158-170.
(7) S. Rowlands, J. Guillebaud, W. Bounds, M. Booth,., Side Effects of Danazol Compared with Ethinylestradiol/ Norgestrel Combination when Used for Post-coital Contraception, Contraception 1982; 27: 39-49.
(8) M.L. Swahn, M. Bygdeman, S. Cekan, et al., The Effect of RU 486 Administred during the Early Luteal Phase on Bleeding Pattern,Hormonal Parameters and Endometrium, Hum Reprod 1990; 5: 402-408.
(9) Food and Drug Administration, Prescription Drug Products: Certain Combined Oral Contraceptives for Use as Emergency Postcoital Contraception, Fed Regist 1997; 62(37): 8610-8612; T. Rutter, Emergency Contraception Approved in USA, BMJ 1998; 317: 697.
(10) Cfr: http://www.kff.org/repro/.
(11) Cfr.: E. Westley, Emergency Contraception: a Global Overview, JAMWA (http://www.jamwa.org/vol 53/53-5-1a.htm C. Ellertson, T. Shocket, K. Blanchard, J. Trussel, Emergency Contraception: a Review of the Programmatic and Social Service Literature, Contraception 2000; 61: 145-186.
(12) M. Harrison-Woolrych, A. Duncan, J. Howe, C. Smith, Improving Access to Emergency Contraception, BMJ 2001; 322: 186-187.
(13) News, BMJ 2000; 321: 1306.
(14) Cfr.: Documento dei Vescovi del Regno Unito sull’uso della pillola del giorno dopo, Medicina e Morale 1987; 1-2: 232-240.
(15) S.S. Smugar, B.J. Spina, J. F. Merz, Informed Consent for Emergency Contraception: Variability in Hospital Care of Rape Victims, Am J Publ Health 2000; 90(9): 1372-1376.
(16) M.L. Di Pietro, Adolescenza e sessualità, La Scuola, Brescia 1994; ID., Adolescenza e comportamenti a rischio, La Scuola, Brescia 1995.
(17) A. Dorozynsky, France Bans Morning after Pill from School, BMJ 2000; 321: 70. Cfr anche: http://www.plannedparenthood.org/.
(18) Vedi, ad esempio: A. Graham, L. Green, A.F. Glasier, Teenagers’ Knowledge of Emergency Contraception: Questionnaire Survey in South East Scotland, BMJ 1996; 312(7046): 1567-1569; E. Kosunen, A. Vikat, M. Rimpela et al., Questionnaire Study of Use of Emergency Contraception among Teenagers, BMJ 1999; 319: 91; D.B. Langille, M.E. Delaney, Knowledge and Use of Emergency Post-coital Contraception by Female Students at a High School in Nova Scotia, Can J Public Health 2000; 91(1): 29-32; T. Raine, C. Harper, K. Leon, P. Darney, Emergency Contraception: Advance Provision in a Young High-risk Clinic Population, Obstet Gynecol 2000; 96(1): 1-7.
(19) M.R. Sills, J.M. Chamberlain, S.J. Teach, The Associations among Pediatricians’Knowledge, Attitudes and Practices Regarding Emergency Contraception, Pediatrics 2000; 105 (4Pt2): 954-956.
(20) M.A. Gold, Prescribing and Managing Oral Contraceptive Pills and Emergency Contraception for Adolescents, Pediatr Clin North Am 1999; 46(4): 695-718.
(21) Cfr.: http:///www.Kwsalute.Kataweb.it/Notizia/0,1044,1080,00.html.
(22) J.O. Drife, Deregulation emergeency contraception, BMJ 1993; 307: 695-696; P.D, Thomas, Emergency Contraception: Time of Deregulation, Br J Obstet Gynaecol 1994; 101: 361-364.
(23) Cfr.: E.S. Wells, J. Hutching, J. S. Gardner, et al., Using Pharmacies in Washington State to Expand Access to Emergency Contraception, Fam Plann Perspect 1998, 30(6):
(24) S.A. Cohen, Objections, Confusion among Pharmacists Threaten Access to Emergency Contraception, The Guttmacher Report on Public Policy 1999; 2(3), in http://www.agi-usa.org/pubs/journals).
(25) D.A. Grimes, Emergency Contraception. Expanding Opportunities for Primary Prevention, NEJM 1997; 337(15): 1078.
(26) G.W. Dixon, J.J. Schlesselman, H.W. Ory, R.P. Blye, Ethinylestradiol and Coniugated Estrogens as Postcoital Contraceptives, JAMA 1980; 244: 1336-1339; A.A. Haspels, Interception: Post-coital Estrogens in 3016 W omen, Contraception 1976; 14: 375-381.
(27) A.R. Smyth, Ectopic Pregnancy after Post-coital Diethylstiboestrol, Am J Obstet Gynecol 1975; 121: 284-285.
(28) AA. Yuzpe, W.J. Lance, Ethinylestradiol and Dl-norgestrel as a Postcoital Contraceptive, Fertil Steril 1977; 28: 932-936.
(29) Task Force on Postovulatory Methods of Fertility Regulation, Randomised Controlled Trial of Levonorgestrel versus the Yuzpe Regimen of Combined Oral Contraceptives for Emergency Contraception, The Lancet 1998; 352(8): 4428-433.
(30) E.G. Raymond, M.D. Creinin, K.Tl Barnhart et al., Meclizine for Prevention of Nausea Associated with Use of Emergency Contraceptive Pills: a Randomised Trial, Obstet Gynecol 2000; 95(2): 271-277.
(31) S.R. Lake, S.A. Vernon, Emergency Contraception and Retinal Vein Thrombosis, Br J Ophtalmol 1999; 83 (5): 630-631.
(32) C. Vasilakis, S.S. Jick, H. Jick, The Risk of Venous Tromboembolism in Users of Postcoital Contraceptive Pills, Contraception 1999; 59: 79-83.
(33) J. Cayley, Emergency Contraception, BMJ 1995; 311: 762-763.
(34) I primi studi con l’uso di levonorgestrel sono stati condotti da: P.C.Ho, M.S.W. Kwan, A Prospective Randomised Comparison of Levonorgestrel with the Yuzpe Regimen in Post-coital Contraception, Human Reprod 1993; 8: 389-392.
(35) http://www.go2planb.com; Task Force on Postovulatory Methods of Fertility Regulation, Randomised Controlled Trial of Levonorgestrel versus the Yuzpe Regimen of Combined Oral Contraceptives for Emergency Contraception, The Lancet 1998; 352(8): 428-433.
(36) J. Ellison, A.J. Thomson, I.A. Greer, Apparent Interaction Between Warfarin and Levonorgestrel Used for Emergency Contraception, BMJ 2000; 321: 1382.
(37) C. Wellbery, Emergency Contraception, Arch Fam Med 2000K; 9: 642-646.
(38) M.B. Braken, Oral Contraception and Congenital Malformations in Offsprig: a Review and Metanalysis of Prospective Studies, Obstet Gynecol 1990; 76: 552-557.
(39) Come contraccettivo d’emergenza viene utilizzato talora anche il danazolo (800-1200 mg ripartiti in 2-3 dosi a distanza di 12 ore l’una dall’altra), che svolge un’azione luteolitica e di alterazione dell’endometrio uterino (A.M.C.Webb, J. Russell, M. Elstein, Comparison of Yuzpe Regimen, Danazol and Mifepristone (RU486) in Oral Postcoital Contraception, BMJ 1992; 305: 927-931; G. Zuliani, U.F. Colombo, R. Molla, Hormonal Postcoital Contraception with an Ethinylestradiol-Norgestrel Combination and Two Danazol Regimens, Eur J Obstet Gynecol Reprod Biol 1990; 37: 253-260.
(40) J. Trussel, C. Ellertson, Efficacy of Emergency Contraception, Fertil Con Rev 1995; 4: 8-11; L. Zhou, B. Xiao, Preliminary Analysis of a Multicenter Clinical Trial Using Multiload Cu 375SL for Emergency Contraception, Adv Contracept 1998; 14: 161-170.
(41) D.T. Baird, Antigestogens, Br Med Bull 1993; 49(1): 73-87; M.L. Swahn, M. Bygdeman, S. Cekan, et al., The Effect of Ru486 Administred during the Early Luteal Phase on Bleeding Pattern, Hormonal Parameters and Endometrium, Hum Reprod,1990; 5: 402-408; A. Glasier, K.J. Thong, M. Dewar et al., Mifepristone (RU486) Compared with High-dose Estrogen and Progestogen for Emergency Postcoital Contraception, NEJM 1992; 327: 1041-1044.
(42) Task Force on Postovulatory Methods of Fertility Regulation, Comparison of 3 Single Doses of Mifepristone as Emergency Contraception: a Randomised Trial, Lancet 1999; 553: 697-702.
(43) P. C. Ho, Emergency Contraception: Methods and Efficacy, Curr Opin Obstet Gynecol 2000; 12(3): 175-179.
(44) J. Trussel, C. Ellertson, G. Rodriguez, The Yuzpe Regimen of Emergency Contraception: How Long After the Morning After, Obstet Gynecol 1996; 88: 150-154.
(45) Cfr.: F. Grou, I. Rodriguez, The Morning-after Pill. How Long After?, Am J Obstet Gynecol 1996; 171: 1529-1534; A. Glasier, Emergency Postcoital Contraception, NEJM 1997; 337(15): 1058-1064.
(46) A.R. Smythe, Ectopic Pregnancy after Post-coital Diethylstilbestrol, Am J Obstet Gynecol 1975; 121: 284-285.
(47) W.Y. Ling, A. Robichaud, I. Zayid, et al., Mode of Action of dl-Norgestrel and Ethinylestradiol Combination in Postcoital Contraception, Fertil Steril 1979; 32: 297-302.
(48) S. Rowlands, A.A. Kubba, W. Bounds, A Possible Mechanism of Action of Danazol and an Ethinylestradiol/Norgestrel Combination Used as Postcoital Contraceptive Agents, Contraception 1986; 33: 539-545.
(49) E.G. Raymond, L.F. Lovely, M. Chen-Mok et al., Effect of the Yuzpe Regimen of Emergency Contraception on Markers of Endometrial Receptivity, Human Reprod 2000; 15(11):2351-2355.
(50) M.L. Swahn, P. Westlund, E. Johanisson, M. Bygdeman, Effect of Post-coital Contraceptive Methods on the Endometrium and the Menstrual Cycle, J Hum Nutrition 1996; 75(8):738-744.
(51)G. Kohler, G. Goretzlehner, K. Rudolf et al., The Effect of a Single Midcycle Administration of 0,5 or 2,0mg Dienogest(17-cyanomethyl-17-beta-hydroxyestra-4,9-dien-3-one) on Pituitary and Ovarian Function: Investigation for the Dienogest as a Postcoital Contracetive, Exp Clin Endocrinol 1984; 84: 299-304.
(52) B.M. Landgren, E. Johannisson, A.R. Aedo, et al., The Effect of Levonorgestrel Administered in Large Doses at Different Stages of the Cycle on Ovarian Function and Endometrial Morphology, Contraception 19789; 39: 275-289.
(53) Per quanto concerne il protocollo Yuzpe, cfr. anche lo studio statistico di J. Trussel, E.G. Raymond, Statistical Evidence about Mechanism of Action of the Yuzpe Regimen of Emergency Contraception, Obstet Gynecol 1999; 93: 872-876; in cui gli Autori giungono per l’appunto alla conclusione che il meccanismo d’azione degli estroprogestinici non può essere spiegato con la sola inibizione dell’ovulazione.
(54) M.R. Van Santen, A. A. Haspels, A Comparison of High-dose Estrogens versus Low-dose of Ethinyestradiol and Norgestrel Combination in Postcoital Interception: a Study in 439 Women, Fertil Steril 1985; 43: 206-213.
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