Il referendum sulla legge 40: tutto da combattere

No al figlio ad ogni costo. Gli italiani nel sondaggio di Repubblica.


Roma. “Esplosivi e imbarazzanti per Repubblica e per la sinistra”, li definisce Antonio Socci sul Giornale. Sono i numeri del sondaggio Demos-Eurisko pubblicato domenica sul quotidiano diretto da Ezio Mauro. Nel caso di due importanti temi connessi alla legge 40 sulla fecondazione assistita, quel sondaggio ci dice che il 50,1 per cento degli intervistati boccia l’eterologa (fecondazione con uso del seme di un donatore), contro il 38,5 per cento che la approva, mentre l’utilizzo di embrioni per la ricerca è considerato “moralmente inaccettabile” dal 44 per cento del campione, contro il 38,2 per cento di opinione diversa. Alla domanda secca se sia lecito, per una coppia che non può avere figli, ricorrere alla fecondazione assistita, il 68,5 per cento risponde di sì. Ma il sondaggio di Repubblica, come quello che il Foglio (21.10.04) aveva commissionato alla Bruno Poggi Associati, mette in discussione proprio il diritto al figlio “sempre e comunque” (bocciatura dell’eterologa).

I numeri di Repubblica danno quindi ragione a chi pensa che la battaglia in difesa della legge 40 vada combattuta, mentre anche dal mondo cattolico cominciano a emergere segnali in questo senso (ma bisogna sempre ricordare che la Chiesa è contraria a qualsiasi forma di fecondazione in vitro). Il cattolico Socci dice al Foglio che “la battaglia culturale sulla legge 40, liquidata come lontana dal comune sentire degli italiani, si dimostra ancora tutta da giocare, ed è impressionante che lo confermino proprio i dati forniti da Repubblica, uno degli organi ufficiali dell’attacco a quella legge.


Quando si scende nel merito, a essere lontani dal comune sentire sono proprio loro”. Che quella battaglia vada fatta lo pensa anche il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano (An), che lo ha scritto sul Foglio del 28 ottobre. Ora, dice, “dovremmo partire dalla reazione che in tanti, nel centrodestra, hanno avuto dopo la vittoria di Bush. Ci si è accorti che negli Stati Uniti si vince combattendo sui valori e, come spesso capita ai neofiti, c’è il rischio che si passi dall’assoluto disinteresse alla gara per indossare le vesti di Goffredo di Buglione. In realtà, il primo concreto terreno di verifica per capire se in Italia c’è una nuova attenzione ai valori di diritto naturale (non sono solo confessionali) è proprio la scadenza referendaria”. Non bisogna essere pigri, allora, né pensare che la politica sia altrove e che, come ripetono i delusi dal 2 novembre, l’attenzione degli americani sia stata distratta dai fatti concreti (guerra, economia, welfare) verso questioni che, chissà perché, concrete non sarebbero.


I temi della bioetica, invece, nella vita vera s’impongono, sempre di più. “Il riflesso italiano di quella importante battaglia americana, che ha affrontato anche il matrimonio gay, le staminali embrionali, lo statuto dell’embrione – prosegue Mantovano – potrebbe però ridursi a grandi chiacchiere per qualche settimana, e poi tutto come prima. Su questo fronte non s’improvvisa, bisogna avere una prospettiva larga e obiettivi da raggiungere, e dobbiamo esser grati ai radicali che, magari senza volerlo, ci danno la possibilità di una verifica concreta. Politica significa assumersi la responsabilità di scelte su questioni cruciali. Mi colpisce che lo schieramento che esulta per la vittoria di Bush sia lo stesso da cui partono ipotesi legislative che negano i principi della legge 40, nel tentativo di evitare i referendum. Sono convinto che su questi temi ci debba essere spazio politico e rispetto anche per chi la pensa diversamente, e non ho la pretesa di far cambiare idea al ministro Prestigiacomo o a Tomassini (il senatore di FI che con la collega di partito Bianconi ha presentato una proposta di riforma della legge, ndr). Ma mi preoccupa l’orientamento generale del centrodestra. Fermi restando i casi di coscienza, che del resto esistono anche nello schieramento opposto, quello della legge 40 non è un tema neutro. Di quella legge non bisogna pentirsi. Non ci sono ragioni per farlo”. E ci sono sempre più ragioni perché il mondo cattolico abbandoni reticenze e timori di sconfitta, prima ancora di combattere e di valutare la reale consistenza degli eserciti.


© IL FOGLIO – 9 novembre 2004