Il ”radicale” Obama e l’aborto

Nella riforma sanitaria di Obama
c\’è anche il sostegno pubblico all\’aborto

Dopo aver fatto alcuni cortesi commenti sulla necessità di trovare un “terreno comune” con i “pro-life”, l’amministrazione non ha mostrato alcun interesse nel portare avanti questo tipo di politica. Il programma di Obama, al contrario di ciò che si pensa, sta  ‘tessendo’ il sostegno governativo all’aborto nel tessuto della vita americana, per renderlo una parte ancora più integrale della politica nazionale ed estera del presidente, e più che mai rispetto al passato…

Durante la sua prima settimana al governo, il presidente Obama ha emesso un ordine esecutivo che revoca la “Mexico City Policy” dell’epoca di Reagan, che proibiva al governo americano di finanziare organizzazioni che sostengono l’aborto all’estero.  Poche settimane dopo, la società di rilevamento Gallup ha registrato che l’ordine esecutivo di Obama è stato l’atto meno popolare preso dal presidente durante il suo periodo di “luna di miele” con l’elettorato.  In un momento in cui il patrimonio netto delle famiglie americane è diminuito in media del 25 per cento, aumentare quello di chi pratica aborti all’estero non sembra proprio in cima alla lista delle cose da fare.
La reazione degli americani appare meno sorprendente alla luce di un altro recente sondaggio Gallup: per la prima volta in più di dieci anni, gli elettori che si definiscono “pro-life” hanno sorpassato quelli che si definiscono “pro-choice” (51 per cento contro il 42 per cento). E potrebbe anche essere che il  sentimento antiaborista sia sottostimato, visto che molte persone che si definiscono “pro-choice”, quando rispondono ai sondaggi, appoggiano le restrizioni sull’aborto che l’attuale Corte Suprema ha introdotto con la sentenza sul caso Planned Parenthood v. Casey.
Vista l’ampiezza della sua agenda domestica, il presidente avrebbe potuto fare una correzione di medio-termine per quanto riguarda l’aborto. Perché sbandierare una questione che va nel senso opposto a quelle gradite dalla maggioranza del popolo americano – compresa una fetta abbastanza grande di quel 52,9 per cento dell’elettorato che ha votato per lui – e su cui gli americani hanno posto delle serie riserve?
Ma ormai, dopo quasi sei mesi, l’obiettivo finale per Obama è diventato chiaro. Dopo aver fatto alcuni cortesi commenti sulla necessità di trovare un “terreno comune” con i “pro-life”, l’amministrazione non ha mostrato alcun interesse nel portare avanti questo tipo di polica. Il programma di Obama, al contrario di ciò che si pensa, sta  ‘tessendo’ il sostegno governativo all’aborto nel tessuto della vita americana, per renderlo una parte ancora più integrale della politica nazionale ed estera del presidente, e più che mai rispetto al passato.
La "prova regina" è il progetto di riforma dell’assistenza sanitaria che sta emergendo fra i democratici. Mentre scrivo, il progetto di legge in discussione al Congresso è il migliore indicatore della direzione che stanno seguendo l’amministrazione e i vertici del Partito Democratico. Stabilita da tre potenti responsabili del “committee” democratico – Henry Waxman (energia e commercio), George Miller (istruzione e lavoro) e Charles Ranger (che presiede la Commissione “Ways and Means”) -, la legge presentata alla Camera offre un pacchetto di benefici minimi che saranno universali – nel senso che potranno valere per tutti i programmi di assicurazione forniti agli americani, che siano erogati da aziende private o dal governo.
Il piano include tra le altre cose due categorie: “i servizi ospedalieri per pazienti esterni” e “i servizi clinici per pazienti esterni”. Ma quali saranno precisamente i servizi inclusi sotto queste categorie? L’aborto è compreso oppure no?  Se i democratici che hanno scritto la bozza di legge l’avranno vinta, questo aspetto non verrà mai specificato nel testo della legge. La decisione spetterà alla Health Benefits Advisory Committee controllata dal presidente Obama e da Kathleen Sebelius, il ministro della sanità che i “pro-life” del Kansas ricordano bene perché usò il suo potere di governatore per mettere il veto sulle restrizioni agli aborti tardivi.
Chiaramente, se la riforma della sanità proposta da Obama diventasse legge, l’aborto verrà automaticamente definito come un “beneficio sanitario” da fornire ad ogni famiglia americana. L’emendamento Hyde, che per 30 anni ha proibito quasi tutti i finanziamenti federali dell’aborto, e che ha goduto di un ottimo sostegno al Congresso, diventerà quasi irrilevante una volta che l’aborto su richiesta venisse definito come un “benificio sanitario” universale.
La stessa inflessibile agenda della Casa Bianca è emersa anche "localmente", per così dire, quando il presidente ha approvato l’abrogazione dell’emendamento Dornan.  Se Obama ottenesse il suo scopo, il governo liberal di sinistra del Distretto di Columbia sarà libero di spendere i soldi del governo negli aborti, per la prima volta dal 1995.  Apparentemente, Obama ha deciso che la capitale della nostra nazione ha bisogno di questo, nonostante la sua popolazione sia continuamente in declino, così come il tasso di formazione delle famiglie, e il numero di aborti legali e registrati risulti pari al numero dei bambini nati vivi.
Questa visione verrà aggressivamente promossa anche all’estero dal Segreterio di Stato Hillary Clinton. La Clinton ha recentemente dichiarato che l’amministrazione promuove “la salute riproduttiva” che, come riconosce lei stessa, include “l’accesso all’aborto”. Recentemente, alla Camera è passato il Foreign Affairs Authorization Act che, se dovesse ottenere anche l’ok dal Senato, darà vita ad un "Ufficio sui temi globali della situazione delle donne" che dovrebbe occuparsi anche delle questioni internazionali legate al mondo della donna.  Quando Chris Smith, un membro del Congresso proveniente dal New Jersey, ha avanzato un emendamento che proibiva al nuovo ufficio di promuovere l’aborto, la norma è stato bocciata e la leadership democratica ha impedito di valutare l’emendamento nella Camera dei Rappresentanti.
Perché Obama sta spingendo su un programma abortista tanto radicale? Visto che non possiamo spiegarcelo dicendo che lo fa per opportunismo politico – basta guardare ai risultati dei sondaggi di opinione – il motivo il più plausibile deve essere una sua sincera convinzione. In certi casi la risposta più semplice e franca è anche quella che aiuta a dare un senso a delle decisioni politiche. Un presidente che una volta ha detto che non vorrebbe mai punire sua figlia con un bambino, se quel bambino è frutto di un "errore", è un presidente profondamente impegnato a liberalizzare l\’aborto, a renderlo facile e gratuito, come un elemento inevitabile della cultura americana.
Marjorie Dannenfelser è la presidente del Susan B. Anthony List, un’organizzazione che promuove, mobilita e rappresenta le donne "pro-life" nella vita politica americana.
Tratto da The Weekly Standard
Traduzione di Ashleigh Rose
L’Occidentale 20 Luglio 2009