ISLAM EUROPEO? NO. GRAZIE!

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Il sogno di un islam europeo
In Francia e nel Regno Unito grandi progetti per far emergere un islam moderato, mentre si cerca di contrastare gli imam estremisti. Ma sia repressione che prevenzione incontrano grossi ostacoli.

Maneggiano, non senza contrattempi e controversie, il bastone, ma puntano molto sulla carota che contano di poter prossimamente offrire. I grandi paesi europei hanno finalmente optato per la linea dura contro gli imam radicali, arrestati o espulsi a decine verso i paesi d’origine nelle scorse settimane, ma nello stesso tempo hanno concentrato nuove energie sui progetti di “islam nazionale”, l’araba fenice del discorso politico europeo sull’integrazione degli immigrati di religione musulmana. Persino il Wall Street Journal, abituale portavoce delle critiche americane alle tiepidezze europee in materia di contrasto al radicalismo islamico, esprime compiacimento: “L’Europa fa sul serio coi suoi imam canaglia, finalmente (…). Azioni di polizia efficaci possono combattere questa minaccia in Europa nel breve termine, ma i governi devono pensare creativamente a soluzioni di lungo termine per dare una “faccia europea” alle moschee d’Europa”.
Imam cacciati dalla porta rientrano dalla finestra
La cronaca del mese di maggio parrebbe eloquente: Metin Kaplan, predicatore estremista turco noto come “il califfo di Colonia”, notificato di un decreto di estradizione verso la Turchia; Ahmed Ammar, imam a Poznan e dottorando presso la locale università, espulso dalle autorità polacche verso lo Yemen di cui è originario; Abu Hamza Al-Masri, già imam della moschea di Finsbury Park a Londra, arrestato su richiesta degli Stati Uniti con 11 capi di imputazione per cospirazione terroristica; Midhat Güler, responsabile turco di una moschea parigina, sottoposto a procedura di espulsione; Yashar Ali, imam irakeno di Argenteuil (regione di Parigi), arrestato; Abdelkader Bouziane, imam algerino di Venissieux (Francia meridionale), indagato per apologia di reato avendo dichiarato in un’intervista che i mariti hanno diritto, a certe condizioni, di picchiare le mogli, e minacciato di espulsione.
Se però si scava un po’ nelle varie storie, si scopre che il maglio repressivo è molto meno efficace di quanto si potrebbe credere di primo acchito. Da più di un anno le autorità tedesche cercano di estradare Kaplan verso la Turchia, dove è accusato di aver voluto distruggere il mausoleo di Atatürk con un aereo pieno di esplosivo, ma i suoi ricorsi hanno finora sempre avuto successo. Due settimane fa “il califfo di Colonia”, leader di un’organizzazione paramilitare con 1.300 membri sul suolo tedesco, ha coperto di ridicolo i servizi di sicurezza evadendo la loro sorveglianza, rendendosi latitante per cinque giorni, il tempo di depositare e di vedersi accolto un altro ricorso contro l’estradizione. La vicenda ha fatto salire la temperatura del dibattito fra maggioranza rosso-verde e opposizione democristiana sull’eccessivo garantismo delle leggi tedesche in materia di espulsioni e di immigrazione. In Polonia l’università di Poznan e la sezione locale di Amnesty International minacciano di ricorrere alla Corte di Strasburgo se l’espulsione di Ahmed Ammar non verrà debitamente giustificata. In Francia Abdelkader Bouziane, espulso frettolosamente su ordine dell’esuberante ex ministro degli Esteri Dominique de Villepin, passato agli Interni, ha vinto il suo ricorso ed è rientrato tutto sorridente dall’Algeria. In Gran Bretagna hanno scoperto che delle 544 persone arrestate in base alla draconiana legislazione antiterrorismo dopo l’11 settembre solo 6 sono state rinviate a giudizio.
E Villepin si mise la laicità francese sotto i piedi
Sarà forse anche per questi inconvenienti, oltre che per bruciare un po’ di incenso sull’altare del “politicamente corretto”, che in Francia e Regno Unito sono in preparazione ambiziosi piani per conquistare i cuori e le menti dei musulmani che vivono in Europa. Il fiammeggiante Villepin punta soprattutto sulla formazione di nuovi “imam repubblicani”, capaci di trasmettere ai fedeli una visione dell’islam compatibile coi princìpi e le pratiche della laicità alla francese. I suoi progetti comprendono la “formazione continua” degli imam e la creazione di una facoltà teologica islamica parzialmente finanziata dallo Stato, in deroga – udite, udite – alla legge sulla separazione fra Stato e Chiesa del 1905. Il ministro degli Interni ha deciso di perseguire questi obiettivi aggirando le istituzioni create dal suo predecessore, Nicholas Sarkozy, sotto i cui auspici l’anno scorso è stato eletto un Consiglio francese del culto musulmano (Cfcm) che rappresenta tutte le tendenze islamiche presenti in Francia ed è l’interlocutore del governo. Insoddisfatto dell’azione della commissione del Cfcm incaricata della supervisione degli imam, Villepin ha creato un comitato di esperti di cui fanno parte solo due esponenti del Cfcm e che finora si è riunito in sedi non istituzionali. A proposito della formazione degli imam esponenti del comitato fanno correre le parole “riciclaggio” e “rimessa a nuovo”. Chissà cosa ne penseranno i marocchini dell’Fnmf (Federazione nazionale dei musulmani di Francia) e i simpatizzanti dei Fratelli Musulmani dell’Uoif (Unione delle organizzazioni islamiche di Francia), le due associazioni più grandi che avevano accettato di giocare il gioco del Cfcm.
Ambizioni simili e problemi analoghi nel Regno Unito
Il Sunday Times ha reso pubblici estratti di un documento riservato relativo ad un piano di azione governativo chiamato Contest (“lotta”), che mira a promuovere un islam moderato in Gran Bretagna ed è stato steso da Andrew Turnbull su richiesta di Tony Blair. Il piano propone di proibire l’ingresso nel paese a imam estremisti stranieri e di favorire parallelamente il successo di imam moderati che costituirebbero un esempio positivo. Verrebbero organizzati corsi di formazione per una nuova generazione di guide islamiche e finanziati giornali, radio e tivù favorevoli ad un islam moderato. Contemporaneamente sarebbero combattuti più intensamente l’islamofobia e il razzismo, in cambio dell’impegno da parte dei rappresentanti della comunità musulmana di condannare senza equivoci il terrorismo. Il documento opta per una spiegazione sociologica delle derive estremiste nella comunità islamica britannica: i disoccupati (14,5%) sono il triplo della media nazionale e il 46 per cento dei musulmani è privo di qualifiche contro una media nazionale del 36 per cento. Bisogna dunque “occuparsi delle radici del problema, che rimandano alla discriminazione e all’esclusione di cui soffrono numerose comunità musulmane”.
Confrontati con la realtà, i programmi di Blair e di Villepin appaiono come minimo velleitari: nel Regno Unito, secondo le ammissioni dello stesso documento riservato, “il numero dei musulmani britannici che sostengono attivamente” Al Qaeda sarebbe già fra le 10 e le 15mila unità (su 1 milione e 600mila islamici). In Francia, dove i musulmani sono 5 milioni, 9 imam francesi su 10 sono nati all’estero e la metà di loro non parla il francese abbastanza bene per tenere le prediche in questa lingua anziché in arabo o simili. Per un islam dal volto europeo la strada è tutta in salita.


Casadei Rodolfo – Tempi – Numero: 24 – 10 Giugno 2004