Quella duplice vittoria che allevia una sconfitta
È legge l’affido condiviso dei figli per i separati
La società occidentale ha negli ultimi 40 anni “massacrato” la figura del padre. Questa situazione è bene descritta dal Prof. Claudio Risè nel suo bel libro “Il padre. L’assente inaccettabile“. Tutto ciò che è paternità (compreso Dio Padre) e che riconduce all’autorità paterna, è stata volutamente attaccata, screditata ed è oggi una figura sminuita. Molti padri separati/divorziati, da tempo, chiedevano giustamente l’affidamento dei figli, che a causa di una ideologia comunista-femminista (che fa a sua volta parte della “grande” famiglia socialista. La stessa di Zapatero colui che sta attaccando la famiglia tradizionale in Spagna ed il Cristianesimo) dava quasi sempre alla madre. Ma questa non era giustizia. Tuttavia è arrivata, dopo tanti anni, una gran notizia: è stata approvata la legge sull’affidamento condiviso. Possiamo sperare di recuperare valori portanti della nostra civiltà contro questa non-cultura che ha per infausto motto “vietato vietare”.
Quella duplice vittoria che allevia una sconfitta
Spesso la sensazione – magari non fosse mai così – è che la lotta per farseli affidare sia tra un padre e una madre, concentrati nel rivendicare i propri diritti. Impegnati – davvero, magari non fosse mai così – nel poter dire “mio” del figlio, per rivendicare una sorta di proprietà. Per il coniuge rimasto a mani vuote, il senso della sconfitta è spesso bruciante, come se il no del giudice fosse una sorta di condanna, una sentenza di inadeguatezza.
D’ora in poi c’è la possibilità che non sia più così. La legge – certamente perfettibile, come vedremo poi – è una vittoria perché afferma valori positivi e offre opportunità, anziché negarle. Pazienza se la parola “bigenitorialità” è brutta, perché “genitori” dovrebbe bastare e avanzare, si è genitori in due, o si dovrebbe esserlo. Per quanto brutta, sottolinea in positivo che si continua a educare in coppia, anche se separati. E ci si può “dimettere” da marito o da moglie, ma non ci si può mai “dimettere” da padre o da madre; così come ci si può separare dal marito o dalla moglie, ma non dai propri figli. Generando un figlio ci si assume una responsabilità dalla quale per nessun motivo ci si può “dimettere”.
È una vittoria perché è dalla parte dei figli minori e dei loro diritti ad avere due genitori sempre e comunque. È una vittoria perché usa più volte un a parola positiva, “rapporto”, ossia relazione. I figli hanno diritto a non veder svanire le relazioni che nutrono il cuore e l’anima: non solo un «rapporto equilibrato e continuativo» con il padre e la madre, ma anche «rapporti significativi con i parenti di ciascun ramo genitoriale», che tradotto vuol dire soprattutto, anche se non solo, i nonni. È una vittoria perché invita e impegna padre e madre a continuare a fare i genitori prendendo «decisioni (…) di comune accordo», ossia a incontrarsi e dialogare in vista di un bene che li riguarda ma li supera: il bene dei figli. Ed è una vittoria per il Parlamento, che quando ormai le speranze erano al lumicino, grazie alla responsabilità di Polo e Margherita che hanno ritirato i propri molti emendamenti, ha segnato il gol in zona Cesarini.
Certo, poteva essere una legge migliore. Il Forum delle famiglie ad esempio sottolinea quanto sarebbe stato importante prevedere dei percorsi preventivi, nel tentativo di far riconciliare i coniugi; insomma fare di tutto, assolutamente di tutto per salvare il progetto di famiglia. Ma il giudizio è complessivamente positivo, e tutte le leggi sono migliorabili, se osservandone gli esiti ci si accorge che vanno migliorate. Così confidiamo che sarà anche questa volta. Perché arginare gli effetti negativi di una sconfitta è buona cosa. Prevenire la sconfitta è ancora meglio.
di Umberto Folena
Da Avvenire.it