«Così insegno ai trans a tornare uomini»


MILANO


Kevin Harris ha 53 anni, è un discografico che lavora nel capoluogo lombardo dagli anni ’80, sposato da sette anni con Suzanne. Nulla di strano, se non avesse rivelato il suo passato di transessuale. Ha cercato di raccontarlo alla trasmissione “Il Bivio”, andata in onda giovedì sera su Italia 1 e dedicata al caso di due gemelli transessuali.



Kevin partecipava perché lo avevano invitato, ma “durante la registrazione, quando ho esordito dicendo che ero cristiano, si è alzato un coro di proteste. L’on. Vladimir Luxuria è partito in quarta, mi ha interrotto e ha preteso di avere la parola. E intanto, a me, sono venuti a togliere il microfono, fisicamente“.


Pensa che l’abbiano censurata perché non era allineato alle posizioni di Luxuria?


“Io la considero solo ignoranza, non mi sento offeso. Lo giudico un comportamento infantile”.


Ma non dare spazio alle opinioni diverse non è certo una prova di tolleranza.


“Quello non era un dibattito: era una storia già montata”.


Se le hanno impedito di raccontare la sua storia in tv, le ridiamo noi la voce…


“Abitavo nel Sud della Nuova Zelanda, a Invercargill. Dall’età di 6 fino a 46 anni ho cercato la mia femminilità, travestendomi con abiti da donna. Ero già pronto, in lista d’attesa, per sottopormi all’intervento chirurgico per cambiare sesso, come un transessuale anche se non sono mai stato gay. Ma ero cristiano e continuavo ad andare in chiesa”.


Ci andava vestito da donna?


“No, nessuno era al corrente del mio problema. La mia trasformazione a quell’epoca avveniva soltanto in privato. Io stesso non sapevo che si potesse cambiare. La mia frustrazione era troppa e pensavo non ci fosse un’alternativa per risolvere la mia situazione, tranne quella di diventare una donna. In quel momento Dio ha steso la mano e mi ha salvato con il programma di Living Waters. Ho smesso di assumere gli ormoni femminili, ma ci sono volute 20 settimane di corso per ricostruire la mia identità. Poi nel 2000 mi sono sposato e con mia moglie siamo diventati missionari”.


Missionari?


“Non potevo negare il potere che Dio ha avuto su di me. Dovevo diventare un leader e aiutare gli altri”.


E sua moglie? Conosceva già la sua storia?


“Fino a quando, in Nuova Zelanda, abbiamo partecipato insieme al corso di Living Waters, nessuno era al corrente della mia condizione. Anche lei lo ha appreso lì, quando ho rivelato la mia disperazione. Ma all’epoca non eravamo ancora sposati”.


Living Waters, si traduce all’incirca con Acqua Vivente. Ma cosa intende, una specie di lavaggio del cervello?


“No, è tutto su base volontaria. Diciamo che è la psicologia applicata alla fede. Il nostro è un corso che prevede 32 incontri di tre ore ciascuno o più flessibili e concentrati in una-due settimane. Anche se per risolvere alcune dipendenze sessuali a volte occorre affrontare ferite che risalgono al passato e si sono evolute in narcisismo, in idolatrie relazionali. E in questi casi serve un impegno maggiore”.


Quanti vi seguono?


“In Italia abbiamo appena iniziato. Nel 2006 abbiamo organizzato cinque corsi e hanno partecipato circa 150 persone. Non tutti però avevano problemi di identità di genere, anche se d’altra parte il problema che riguarda più o meno tutti; il corso si rivolge anche a chi soffre, per esempio, di depressione o di mancanza di autostima”.


E si paga per partecipare?


“Chiediamo un impegno di circa 100-150 euro, che servono a pagare l’affitto della sala e il manuale”.


Cosa insegna il manuale?


“È il testo di Andy Comiskey, un pastore evangelico, ex-gay, che ha fondato nel 1980 ungruppo di aiuto per le persone che volevano uscire dall’omosessualità. Si parte da Cristo, che è la base per poter sviluppare delle sane relazioni con gli altri”.


Un gruppo di autoaiuto, sul modello degli Alcolisti Anonimi?


“Sì, anche loro sono partiti da un fondamento cristiano – anche se ora lo hanno abbandonato – dalla constatazione dell’esistenza di un problema, ma anche di una forza che c’è fuori di me, più grande di me. Ma occorre capire che con la sola buona volontà non ti curi. È la fede a darti quella forza straordinaria di cui hai bisogno”.


E per questo lei crede che sia sufficiente la preghiera?


“Noi pensiamo che sarà la verità a renderci liberi. Living Waters insegna quali sono le cause che provocano certi effetti. Molti, che si riconoscono nella situazione descritta durante i corsi, seguono anche il meccanismo che aiuta a uscirne”.


E intanto i media continueranno a censurarvi, come è accaduto al Bivio. Si rende conto che andate in controtendenza?


“Living Waters non può essere fermata, è una potenza. Il nostro programma c’era prima di loro e continuerà a crescere ancora”.


Il metodo Nicolosi


Ricostruire l’identità di genere: 1 su 3 ci riesce


MILANO


Funzionano i metodi di ricostruzione dell’identità di genere. Anche se i risultati di pieno successo riguardano solo un terzo di quelle persone che intendono superare l’omosessualità e si orientano stabilmente e armoniosamente verso l’eterosessualità, magari anche legandosi stabilmente con l’altro sesso. Un altro terzo però migliora la propria capacità di gestirsi con equilibrio, mentre il resto “fallisce” e persiste nell’omosessualità indesiderata.


Gli approcci sono diversi tra loro, “ma noi li consideriamo complementari “, spiega Claudio Agosta, ticinese, che opera in Svizzera da 15 anni, dove annualmente si tengono tra i 20 e i 25 corsi di Living Waters, con una media di una trentina di partecipanti.


“Il corso si basa sulla fede cristiana. Se manca, allora proponiamo percorsi individuali, come quelli che si ispirano alla terapia riparativa”.


È il metodo che si rifà alla teoria e all’esperienza dello psicologo californiano Joseph Nicolosi. Chi lo propone, come i milanesi del Gruppo Chaire, si vede attaccato dagli attivisti gay, che temono, come esito di tale “violenza”, il suicidio. Ma nessun paziente di Nicolosi si è mai suicidato.
In realtà, secondo Giancarlo Ricci, psicoterapeuta milanese, “la teoria riparativa dà così fastidio perché distingue tra gay e omosessuali. E nega che vi sia una terza natura, oltre a quella maschile e quella femminile”.


Diversamente non ci sarebbe possibilità di riorientarsi. “La tecnica consiste nel mettere in evidenza la relazione con il padre e ricostituire l’identità di genere e lamascolinità”, spiega Ricci che nella sua esperienza clinica, in 9 casi su 10, riscontra problemi di identificazione con il padre. “La situazione classica è: “Mia mamma si divertiva a vestirmi da femmina”. E si tratta di una sorta di abuso, non sessuale, ma certamente di genere”. Come vadano d’accordo religione e psicanalisi sembra un mistero, ma “a volte vanno fianco a fianco nello sconfiggere il male”, conclude Ricci.


A.M.


LIVING WATERS


È un programma sviluppato nel 1980 dal pastore protestante ed exgay Andy Comiskey, che mira ad aiutare persone sofferenti a causa di problemi e ferite emotive, relazionali, sessuale e d’identità. Lo propongono Kevin e Suzanne Harris (nella foto). Internet: www.lwitalia.com.


GRUPPO CHAIRE


Il gruppo, nato a Milano nel 2000 per rispondere alla domanda di aiuto di alcuni giovani omosessuali, promuove incontri di formazione spirituale, antropologica e psicologica rivolti a chiunque. Internet: www.obiettivo-chaire.it


ANDREA MORIGI
© Libero, 26 gennaio 2007