Brigata Arcobaleno:
ieri il fascista, oggi l’omofobo
E’ un filo rosso assolutamente coerente quello che lega la nascente Brigata arcobaleno che ha sfilato sabato per le vie del Roma Pride 2018 e l’aneddotica partigiana.
Non è una provocazione, è il naturale sbocco di due realtà che vivono di ideologia e che nascondono il loro odio accusando falsamente gli altri di essere portatori di odio e discriminazione.
Ieri il fascista, oggi l’omofobo.
Dopo 70 anni l’Anpi sfila assieme ai collettivi Lgbt con in testa l’associazione Mario Mieli per una battaglia comune al motto di “la Liberazione continua”.
Il nemico è sempre quello: ieri il fascista, oggi è ancora il fascista, identificato stavolta con il ministro della famiglia Lorenzo Fontana.
Se non fossimo di fronte ad una carnevalata potremmo aggiungere: chi si somiglia si piglia.
Quelli che sfilano accanto alla brigata Lgbt non sono i partigiani che combattevano il nazifascismo. Quelli, di tutte le estrazioni, comunisti, cattolici, monarchici, repubblicani hanno già deposto le armi da un pezzo. Precisamente il 26 aprile del ’45 quando la Liberazione impose a tutti loro di guardare la realtà con occhi diversi, senza vendette, senza rancori.
I partigiani che oggi per sopravvivere alla loro storia scendono in strada con il caravanserraglio Lgbt sono quelli che tengono viva l’aneddotica del nemico fascista di turno da combattere solo ed esclusivamente per poter esistere. E sono rappresentati oggi dall’Anpi, un’associazione di ex combattenti di estrazione comunista, che deve trovare un nemico in ogni stagione per giustificare a se stessa la sua esistenza.
Ieri erano i tanti cittadini italiani, anche sacerdoti, uccisi dalle formazioni gappiste con il solo sospetto di essere fasciste quando fasciste non lo erano mai state. La storia, la contro storia e la revisione storica ormai questo dato lo ascrivono ai posteri con assoluta certezza. Erano partigiani che con la scusa dell’occupante in suolo italico approfittarono della situazione di caos per preparare nella popolazione, spesso con terrore, una imminente rivoluzione comunista.
Anche loro, a differenza della maggioranza dei partigiani, avevano bisogno di un nemico. E oggi è curioso che per poter sopravvivere l’Anpi, orfana ormai di tutti i combattenti che fecero della Resistenza una guerra civile, scenda in campo con alcuni reduci per intestarsi una nuova battaglia.
Quella dei diritti Lgbt. Ieri si accusava il nemico di essere fascista, oggi di essere omofobo. In fondo, il canovaccio è lo stesso. Accusare gli altri di limitare la libertà e non accorgersi che questo è il modo migliore per limitare la libertà degli altri.
L’imposizione della terminologia “omofobia” è diventato il nuovo credo di una Chiesa che gode del sostegno di giornali, politici di varie estrazioni e di poteri forti. Accusare di omofobia un ministro Fontana o chiunque altro non si pieghi a certi diktat in fondo è la stessa metodologia che veniva utilizzata da molti partigiani rossi quando per giustificare un omicidio bastava derubricarlo ad esecuzione di una spia fascista. E’ stato così per molti civili ed è stato così per molti sacerdoti italiani, almeno 130 che dall’ambone avevano capito che quei liberatori avrebbero voluto instaurare una dittatura peggiore di quella dalla quale volevano liberare gli italiani.
Oggi chi riceve l’accusa di omofobia deve difendersi nel vuoto, esattamente come accadeva a quegli italiani che venivano prelevati di notte dalle squadre di vigilanza democratiche e giustiziati anche in fosse comuni, come accadeva nel Triangolo della morte.
E’ per questo che, al di là della mitologia dei diritti, al di là delle sfilate colorate, il collegamento tra una delle stagioni più buie della nostra storia e l’avanguardia potente ed economicamente sostenuta della causa omosessualista, non deve stupire. Semmai fare riflettere su quale sia davvero la posta in gioco che si cela dietro questa strategia.
Andrea Zambrano, per http://www.lanuovabq.it/it/brigata-arcobaleno-ieri-il-fascista-oggi-lomofobo