Il ministro per le politiche comunitarie si smarca dal governo
Buttiglione/Turchia: ci vuole un referendum anche da noi
“Il dibattito sulla Turchia si rifletterà inevitabilmente sulle future elezioni”
DIECI buone ragioni perché la Turchia non entri in Europa. Sostiene Rocco Buttiglione che “dobbiamo chiederci che ne sarà del nostro Mezzorgiono, della politica agricola comunitaria”. Che “bisogna riflettere sui costi”. Insiste e invita a meditare: “Vogliamo che la Turchia sia un paese democratico, ma il ruolo dei militari in quel paese ancora non è chiaro. E per converso, noi non vogliamo che essa diventi una repubblica islamica: cosa che invece potrebbe accadere, fuori dalla tutela dei militari”. E poi, i diritti umani: “Ci sono buone leggi, ma il livello di applicazione lascia a desiderare”.
Insomma, anche lei come i leghisti grida ai turchi alle porte di Bruxelles. Eppure si è solo deciso per l’apertura di negoziati che dureranno dieci anni…
“Come lei sa in Europa sono molti ad essere contrari. Non c’è solo la Lega. Ci sono anche Chirac, Angela Merkel, Hans Poettering…Io credo che questo non sia un allargamento come gli altri. La storia stessa della Turchia ci impone di riflettere sull’identità della Turchia e su quella dell’Europa”.
E al centro di quella identità c’è l’Islam. E’ un problema di religione? L’Unione è piena di cittadini musulmani…
“E’ uno degli elementi. Con la fede religiosa sono connesse questioni che attengono alla cultura e alla vita dei cittadini. Per un cattolico è importante che in un grande paese islamico vi sia libertà di religione, che vuol dire anche libertà di conversione e di missione. Poi ci sono questioni attinenti ai diritti, che ci spingono a chiederci qual è l’identità europea. Cos’è l’Unione, perché se essa deve rimanere un fatto essenzialmente economico, con alcune pretese politiche ancora non ben definite, è un conto. Se invece essa deve divenire una vera famiglia di nazioni, allora vanno risolte alcune questioni. A cominciare dai valori e dalla politica estera. Per esempio, negli Stati Uniti c’è chi vuole l’allargamento alla Turchia puntando a un’Europa più sconnessa. Più debole”.
Crede che questa sia l’idea di George Bush?
“Può darsi. Certo, a Bush bisognerebbe chiederlo. Io capisco il punto di vista americano. Ma mi chiedo se sia anche quello europeo. L’Europa vuole giocare un ruolo di primo piano nel Medio Oriente? O ha bisogno di metabolizzare l’allargamento appena effettuato, da 15 a 25 paesi? Ci va bene di avere un confine in comune con l’Iran? E con l’Iraq? Perché in quel caso la questione della guerra a Saddam ci avrebbe visti per forza in campo come protagonisti primari. E vogliamo esserlo anche in ogni crisi che coinvolga il Caucaso? Perché sin lì arriverebbero di fatto i confini di un’Unione che comprendesse la Turchia”.
Eppure, il processo di avvicinamento di Ankara a Bruxelles durerà dieci anni, nel corso dei quali la Turchia dovrà flettersi alle richieste dell’Unione, a cominciare dal riconoscimento pieno di Cipro. Un percorso lungo, che porterà anche a una piena “europeizzazione” della Turchia. E l’Europa potrebbe diventare più larga e anche più sicura.
“I turchi sono un popolo fiero, che mantiene la parola data. Hanno chiesto di entrare, l’Europa ha fatto loro delle promesse, ed era giusto dare una risposta. Per giunta, i turchi stanno compiendo un grande processo di democratizzazione che va incoraggiato. Ma io dico che dobbiamo andare avanti con grande cautela. Non sottovalutare la portata dei problemi. E sapere che i negoziati potrebbero anche concludersi con un’opzione diversa, con una stretta associazione secondo la formula “tutto, tranne le istituzioni politiche””.
Abbiamo già elencato alcuni punti. Quali sono gli altri?
“Mettiamoci nei panni del mondo islamico. C’è anche chi vede l’allargamento ad Ankara come se si ricostruisse l’impero di Bisanzio per tenere sotto il tallone la nazione araba”.
Chirac ha detto che in Francia in proposito ci sarà un referendum. In Italia la decisione sta alla politica, poiché la nostra Costituzione non prevede il ricorso al refendum su quelli che sono comunque trattati internazionali…
“Io credo dovremo discutere, e che il dibattito inevitabilmente si rifletterà su tutte le elezioni politiche che abbiamo davanti. E credo anche che bisognerà riflettere se sia il caso di fare una legge per prevedere un referendum popolare sull’ingresso della Turchia in Europa”.
Tutti problemi che sono o verranno posti. Sicuro che il problema non sia di religione? Accetti la provocazione: e se a chiedere l’allargamento fosse stato Israele?
“Sarebbe stato diverso, certo. L’Europa ha radici giudaico-cristiane. Israele è uno stato moderno. Certo rimarrebbe la questione dello spostamento dei confini dell’Europa sino al Medio Oriente”.
Anche l’Islam è parte della storia culturale dell’Europa. Averroé era culturalmente contiguo ad Aristotele…
“Sì, ma l’identità europea si è formata respingendo i turchi alle porte di Vienna. E Averroè la sua battaglia l’ha persa. San Tommaso d’Aquino la sua l’ha vinta”.
La Stampa 20 dicembre 2004