L’invenzione del DIRITTO d’aborto
Ci sta pensando, a promuoverlo, niente meno che Amnesty International…
La politica dei cosiddetti “diritti riproduttivi”, cioè l’avvilente versione onusiana dei diritti delle donne, che riduce alle vigorose politiche di denatalità stile anni Settanta il fondamentale capitolo delle rivendicazioni femminili per la libertà, per l’istruzione, per la pari dignità, per il godimento dei diritti civili e politici in ogni parte del mondo, sembra in procinto non solo di segnare un inaspettato punto a proprio vantaggio, ma addirittura di essere superata in radicalismo da Amnesty International. L’organizzazione simbolo della lotta contro “la pena di morte, le sparizioni, le esecuzioni extragiudiziali, i processi iniqui, la tortura, le violazioni dei diritti economici e sociali”, come recita il suo statuto, sta infatti considerando la possibilità di abbandonare la politica di neutralità fin qui seguita rispetto al tema dell’aborto, per varare una dichiarazione che riconosca all’aborto legale la qualifica di “diritto umano”. Alla stregua, cioè, di quelli riconosciuti nella Dichiarazione universale (che, chissà, a quel punto andrà a sua volta riscritta). Se questo avverrà (se cioè i responsabili di AI, presso i quali è in corso una consultazione a riguardo, daranno parere favorevole) l’organizzazione finanzierà una campagna perché il “diritto d’aborto” sia riconosciuto come tale in tutto il mondo.
La procedura, che vedrà il prossimo 20 maggio un primo momento di raccolta di pareri all’interno dell’organizzazione, dovrebbe concludersi entro la fine di quest’anno. Se arrivasse a compimento, come sembra assai probabile, si tratterebbe di un vero salto di qualità. Nessun paese al mondo, e nemmeno l’Ippf, la tentacolare Federazione internazionale di pianificazione familiare, sono mai arrivati a usare la parola “diritto” riferita all’aborto. Molti se ne lamentano, qualcun altro pensa che si tratti di ipocrisia, visto che di fatto alla donna che vuole abortire si riconosce la piena libertà di farlo, senza fornire spiegazioni, se l’interruzione di gravidanza avviene entro un certo tempo. Ma le parole contano, ed è impressionante che un’organizzazione come Amnesty International, che pure si è occupata di aborti forzati nel Terzo mondo e di aborti selettivi di massa delle bambine in India e in Cina, decida di guidare una battaglia smentendo se stessa, quando sostiene nei propri documenti che “non c’è alcun diritto all’aborto generalmente accettato nella legislazione internazionale sui diritti umani”.
Il Foglio (09/05/2006)