Aleksandr Solgenitsyn: In Russia non c’é democrazia!

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Dopo tre anni di silenzio il Nobel ex dissidente processa 1′ autoritarismo dell’era Putin

Il ritorno di Solgenitsyn “Russia senza democrazia”


Aleksandr Solgenitsyn, uno dei più noti dissidenti dell’ex Urss, non rilasciava interviste da tre anni. Nel 1945 fu condannato a otto anni di prigionia nei Gulag per aver scritto una lettera in cui criticava il regime stalinista. Nel 70 venne insignito dei premio Nobel. Nel 1973 pubblicò in Occidente Arcipelago Gulag, una descrizione sistematica degli orrori dei lager sovietici.

MOSCA – Dopo tre anni di silenzio Aleksandr Solgenitsyn torna a rivolgersi al suo Paese. In una rara intervista,concessa al secondo canale delle televisione di Stato, l’ex dissidente sovietico mette sotto accusa il Cremlino, il parlamento; i governatori regionali gli oligarchi che «hanno derubato la Russia di tutte le sue ricchezze». Apparendo in Tv domenica sera il premio Nobel per la pace ha affermato che «non c’è alcun pericolo di veder sparire la democrazia dalla Russia per il semplice fatto che qui la democrazia non c’è»: Dopo la condanna-farsa di Mikhail Khodorkovski, le sue parole hanno suscitato grande scalpore e ieri la rete «Rossia» ha diffuso la versione ,integrale del colloquio. A 86 anni, venti dei quali trascorsi in esilio ai tempi dell’ Urss, l’ultima«coscienza» nazionale non ha escluso che una rivoluzione democratica possa investire anche la Russia. Dopo Georgia, Ucraina e Kirghizistan, in attesa di quella in Bielorussia, lo scrittore ha ricordato che «anche nel 1917 alle autorità sembrava impossibile ciò che invece è successo». Feroci le critiche all’autoritarismo dell’era Putin, ma pure le accuse agli Usa di Bush. «La democrazia non può essere esportata ha detto l’autore di «Arcipelago Gulag» – o imposta dall’alto e ovunque nel mondo».
Grazie alla concessione della rete «Rossia» a Repubblica, pubblichiamo i passaggi principali dell’intervista.
Dal modo in cui se ne parla, sembra difficile in Russia accordarsi su cosa sia la democrazia: è forse un mito, come il comunismo?
«L’errore è fermarsi a qualche sintomo, come libertà di parola e di stampa. Prima di Gorbaciov, di democrazia in Russia non vale nemmeno la pena di discuterne. Eltsin si è dato 1’unico obiettivo di abbattere Gorbaciov disintegrando 1’Unione sovietica. Infine è arrivato il saccheggio delle privatizzazioni: su un mucchio di spazzatura sono cresciuti patrimoni miliardari. Ora non c’è pericolo di perdere la democrazia, semplicemente perché non c’è».
Cosa si è sbagliato?
«In tre si sono messi a tavola e si sono spartiti tutto. Frontiere, luoghi di vita di milioni di persone, rapporti economici, non sono stati elaborati in modo graduale. Al crollo dell’Urss ci si vantava che nessuno aveva mal fatto cosi in fretta. Tutto e subito: se poi milioni di risparmiatori sono restati senza un rublo, chi se ne infischia».
Come giudica la riforma che introduce la nomina presidenziale dei governatori?
«Per secoli i governatori russi hanno eseguito la volontà dei capi nelle regioni. Ma quanti abusi, con 1’elezione diretta: tutto si è risolto con denaro e inganni. Le elezioni sono diventate un crimine, si è lasciata sviluppare la corruzione, quando non la mafia».
E gli oligarchi?
«La Russia è stata saccheggiata. Un pugno di persone sono diventate miliardarie spartendosi le nostre risorse naturali: petrolio, metalli, carbone, fabbriche. Qualcuno ha mal proposto un referendum su questo? I miliardari non hanno fatto nulla per la Russia e noi, nella nostra debole disperazione, li stiamo addirittura ammirando».
La democrazia può essere esportata, anche in Russia?
«La democrazia non può essere insediata dall’alto, nemmeno attraverso la più intelligente delle costituzioni. Come ogni cosa naturale, cresce solo dal basso. E’ idiota lo slancio di chi vuole imporla ovunque nel mondo, magari bombardando la Bosnia, la Jugoslavia, o l’Afghanistan, o l’Iraq. La democrazia che si porta con i fucili non vale niente. Chi sarà il prossimo, l’Iran? L’America é in preda a un tale impeto da dieci anni: è una situazione impressionante».
Qual è la situazione nello spazio post-sovietico?
«Le cose non vanno bene. Ci sono dittature vere e proprie, di tipo orientale, che però anche l’Occidente ha legittimato. Ma ora non è più un affare della Russia: ci siamo separati e il solo modo di comportarsi è migliorare noi stessi. Gli Stati dell’exUrss come possono rispettarci, se vedono che i diritti dei cittadini russi possono essere facilmente calpestati? Ormai ogni nazione della Csi vuole operare da sola. Si potrebbe salvare la collaborazione economica,  ma l’Ucraina la fará crollare».
Possono diffondersi, le “rivoluzioni colorate”?
«Condizioni e metodi della rivoluzione in Ucraina sono stati quelli della rivoluzione russa nel 1917: enorme distacco tra opinione pubblica e potere, malessere economico, malcostume della classe dirigente. Con 1’enorme velocità dei finanziamenti, oggi basta una brusca dissonanza tra popolo e autorità, per scatenare la rivolta».
È possibile in Russia?
«Se la situazione viene continuamente riscaldata può accadere di tutto. Il problema è che qui non può essere tolto nulla: al popolo è già stato levato tutto. Lo ripeto: non abbiamo avuto e non abbiamo nulla di simile alla democrazia».
Colpa del parlamento?
«La Duma si comporta come un ubriaco. Adotta le, leggi e poi le abolisce, smentisce se stessa. I parlamentari non assolvono al loro mandato. Se il popolo non fará lo sciopero delta fame, o non scenderà in piazza, nessuno lo ascolterà».
Quale può essere la via d’uscita?
«Ho proposto più volte l’idea suggerita 250 anni fa da un cortigiano alla regina Elisaveta Romanov: risparmiare il popolo. Il problema resta quello: verificare ogni legge e ogni azione in questa prospettiva. Se la soluzione risparmia il popolo bene, altrimenti si cestina. Forse non basterà per sempre, ma per i prossimi 50 anni sì».

di Giampaolo Visetti

La Repubblica, 7 giugno 2005