Al Sistani e al-Sadr: due diverse visioni dell’Iraq

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Secondo Abdelkader Hashem, rappresentante sciita dello Sciri e attuale ambasciatore irakeno a Mosca, l’invasione pacifica di Najaf da parte dei fedeli di Al Sistani è “un plebiscito” a favore del nuovo governo in Iraq. Moqtada al Sadr è invece un relitto legato al passato di Saddam Hussein.

Bernardo Cervellera


AsiaNews 27 Agosto 2004


IRAQ



Roma (AsiaNews) – L’intervento dell’Ayatollah al Sistani nella crisi di Najaf sta portando i primi frutti: le armi tacciono nella città sacra; i miliziani di al-Sadr consegnano le armi e escono dal santuario di Alì, protetti dalla folla enorme di fedeli, radunatisi all’appello dell’Ayatollah al Sistani. Ma l’intervento di Al Sistani è soprattutto un sostegno enorme al nuovo Iraq e all’appuntamento delle prossime elezioni. A Moqtada al Sadr, con il suo facile anti-americanismo, rimane solo la via della lotta politica. Queste sono alcune delle considerazioni di Abdelkarim Hashem, famosa personalità sciita, al quale AsiaNews ha chiesto di spiegare il senso della “Pace di Najaf”. Abdelkarim Hashem, 46 anni, di Kerbala, è stato fino al 10 luglio scorso rappresentante a Parigi dell’Assemblea Suprema della Rivoluzione Islamica (Sciri) una coalizione che raccoglie i partiti sciiti in Iraq e di cui faceva parte l’ayatollah al Hakim, ucciso nell’agosto 2003 a Najaf. Dal 10 luglio Abdelkarim Hashem è stato nominato nuovo ambasciatore dell’Iraq a Mosca. Di ritorno da Baghdad, si sta preparando a partire da Parigi a Mosca ed ha accettato di rispondere per telefono alle domande di AsiaNews.



Che senso ha il confronto fra Al Sistani e al-Sadr?



Anche nel caso di Najaf, dalla caduta di Saddam Hussein abbiamo due visioni che si affrontano: una che possiamo chiamare legalista, che sostiene il nuovo Iraq e le nuove istituzioni; essa lavora perché l’Iraq sia dotato di un governo democratico liberale, ma abbastanza forte per assicurare la sicurezza dei suoi cittadini. L’altra visione, è completamente contro questa tendenza, e alla fine non ha alcun progetto politico: spinge verso il caos, con pretesti più o meno accettabili, come ad esempio la partenza degli americani dall’Iraq… Tutti siamo contrari alla presenza degli americani, non c‘è un irakeno che vuole il proprio paese occupato. Ma occorre preparare le condizione per la loro partenza. Oggi noi abbiamo un governo sovrano, un governo irakeno, con forze di polizia e un esercito appena nato. Ma queste forze per ora hanno bisogno di sostegno per stare in piedi. La partenza degli americani non si può fare in tempi brevi, ma tutti ce lo auguriamo, anche gli americani.



Nel rapporto fra Al Sistani e Al Sadr, non ci sono due modi di vedere l’islam?



Non è una questione di due Islam. L’Islam che si vive in Iraq è un Islam di pace, convivenza, fraternità, un Islam umano. Vi sono piuttosto due visioni dello stato in Iraq. Quello di al Sadr si rifà ancora a Saddam Hussein. Il padre di Al Sadr era l’unico che poteva predicare in Iraq. Lui solo poteva fare le prediche del venerdì ed era tollerato da Saddam. A tutti gli altri era proibito predicare. Lo stesso Al Sistani è stato imprigionato da Saddam. Invece il potere del padre di Moqtada al-Sadr, Muhammad al-Sadr, è cominciato sotto Saddam. Da qui si emergono due visioni: una che sostiene le nuove istituzioni e l’altra che vuole tornare indietro. Le condizioni poste da Al Sistani a Moqtada al-Sadr sono esattamente le stesse richieste dal governo di Allawi, aggiungendo solo un ultimo elemento: preparare un censimento e le nuove elezioni in Iraq.




La visione di al Sistani è in perfetta concordanza con quello che il governo ha pianificato. Al Sistani tiene molto alle elezioni di gennaio. Il governo ha pianificato il censimento per ottobre.



Quale sarà il destino di al-Sadr?



Dal punto di vista ufficiale, le nuove istituzioni irakene sono abbastanza tolleranti per sostenere un’opposizione. Se lui vuole fondare un partito di opposizione, potrà fare opposizione politica. Ma in Iraq non c’è spazio per un’opposizione armata. Ma sarà capace di fare questo? Ho i miei dubbi. La sua è una corrente che non ha nemmeno un progetto politico. Per formare un partito occorre avere almeno un progetto politico.



Al-Sadr è coccolato dalla stampa occidentale e araba come rivoluzionario, come resistente… Quale forza ha al Sadr in Iraq? Ha davvero un seguito?



Purtroppo al-Sadr oggi è molto coccolato dall’occidente e dai media arabi. Soprattutto i media arabi, che hanno sofferto molto a causa degli americani, fanno di tutto perché vi sia qualcuno che combatta gli americani. Sono sempre alla ricerca di qualche eroe che li combatta perché vedono il male che gli americani fanno sostenendo Israele nella regione.




I media arabi hanno visto Saddam Hussein un eroe anti-americano e non si interessavano alle sofferenze degli irakeni…E adesso, i media arabi hanno messo questa immagine sulle spalle di Moqtada al Sadr. Ma se domanda a un irakeno, lui non ha nulla contro gli americani: ha sofferto per 35 anni sotto il regime di Saddam e vuole vivere in pace. Certo è contro i cosiddetti “resistenti”, che fanno scoppiare gli oleodotti, che potrebbe portare denaro agli irakeni. E’ contro chi uccide in modo selvaggio gli amici stranieri che in Irak aiutano il popolo irakeno, come nell’esempio di Baldoni. É contro la resistenza che taglia le linee dell’alta tensione e dell’elettricità… Non è resistenza mettere auto-bombe vicino alle chiese, uccidere passanti, donne, bambini che vanno a scuola…



Purtroppo in Iraq ci sono delle minoranze che prosperavano nel passato regime, che hanno preso le armi, e compiono azioni selvagge. Ma oggi si è visto: la maggioranza degli sciiti sostiene Al Sistani; tutti sono scesi nelle strade in modo pacifico; decine di migliaia sono scesi nelle strade per sostenere al Sistani è sostenere il nuovo regime in Iraq. E’ stato un plebiscito evidente a favore del governo.



La “pace di Najaf” mette fine ai problemi dell’Iraq?



Ci saranno ancora problemi, ma il processo è ormai sul binario giusto e avanza. Giorno dopo giorno si vedono le strutture del nuovo governo che funzionano. Da oggi a Najaf ci sono i soldati e la polizia irakeni. Alcuni mesi fa, quando c’erano problemi a Kerbala, non c’era ancora nessuna polizia irakena. E’ vero: essi sono ancora sostenuti dall’esercito americano, ma oggi almeno vi sono strumenti di potere irakeno. Essi hanno la benedizione chiara e netta e senza ambiguità del Grande Ayatollah al Sistani.



http://www.asianews.it/view.php?l=it&art=1367