Al Qaeda ora ha uno Stato a sua immagine e somiglianza

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Somalia, l’emirato islamico minaccia il mondo

È il primo Stato “controllato” da Bin Laden. Ora l’Occidente teme un effetto domino

A lungo è sembrata una previsione fantasiosa, impossibile, ci siamo illusi che si trattasse solo di una minaccia ideologica, di nessuna concreta realizzazione, invece ha visto la luce una bozza di Emirato islamico, a Mogadiscio. Uno Stato guidato dagli adepti di Osama Bin Laden, meglio noto come lo sceicco della morte, l’imprendibile, l’onnipresente. Così si rafforza la figura del “leggendario artefice” della riscossa islamica, naturalmente contro i “crociati”. È il momento che l’Occidente metta da parte gli egoismi di casa, come i veti di fermare l’Iran alla conquista dell’atomica, perché la difesa dell’economia dei singoli Stati potrebbe portare – e non in troppo tempo – al risveglio della nostra civiltà alle prese con la tragedia. E non c’è un Goffredo di Buglione a guidarci.
Non tutta la Somalia è caduta nelle grinfie delle Corti islamiche, ma il cedimento dell’Alleanza «per la ricostruzione della pace e contro il terrorismo», formatasi con l’appoggio degli Usa, è ormai cosa fatta. I “signori della guerra” non sono stati in grado di bloccare quel movimento nato da malintese priorità durante la lotta armata tra somali e etiopi, questi ultimi cristiani ma anche comunisti, e quindi nemici “naturali” degli americani.
Una guerra considerata di rango tribale e quindi dimenticata, fin quando la stampa occidentale si è “svegliata”, stranita, alla notizia della caduta di Mogadiscio nelle mani dei seguaci di Bin Laden. E il gioco geo-politico si ripete con quel balletto di alleanze che gli Usa giocano in molti parti del mondo. Come per l’Afghanistan è successo ora per la Somalia, dove i “signori della guerra” hanno goduto appunto di appoggi americani per combattere il terrorismo di cui loro stessi verosimilmente erano fautori. Si pensa che siano stati proprio loro a organizzare le prime Corti islamiche.
Per la verità, eco di malefatte era balzati già lo scorso anno agli onori della cronaca: è del settembre 2005 l’ultima grande campagna di stampa contro i pirati somali che continuano a sequestrare navi cariche di aiuti umanitari. Una piaga vecchia di una quindicina di anni, non opera di liberi “fratelli della costa”, ma di terroristi affiliati ad Al Qaeda, insensibili anche alle grandi disgrazie come lo tsunami. Lo scontro tra Somalia ed Etiopia risale al 1977, ma è dal 1991 che la Somalia è sconvolta da una feroce guerra civile. Da un lato un governo debole, retto ad interim da Ali Ghedi, che deve far fronte agli interessi dei “signori della guerra”, in lotta tra loro per il controllo dei traffici, dei porti e degli aeroporti; dall’altro la popolazione che vive nella miseria più nera, dopo che l’Onu, nel 2005, ha sospeso ogni attività umanitaria, anche perché impaurita dall’azione di Al Qaeda nel Corno d’Africa. L’Unione islamica ha quindi preso il controllo della situazione, mentre non è chiaro se i terroristi siano del tutto indipendenti dai “signori della guerra”. Certo la leadership è nelle mani militari di Hassan Ashi Aeru, addestrato nei campi di Bin Laden in Afghanistan e autore dell’oltraggio al cimitero italiano del gennaio 2005 (le tombe furono rase al suolo per destinarne il terreno a campo di addestramento), mentre l’imam è Sharif Shek Ahmed, capo spirituale e quindi guida politica dell’Unione delle corti.
In questo quadro l’annuncio che Mogadiscio, capitale di uno Stato che non esiste, è caduta in mano al fondamentalismo islamico era cosa da prevedere. Anche perché era noto che i “signori della guerra” avevano, nei giorni scorsi, affannosamente cercato l’aiuto degli Usa e degli stessi etiopi. Nessuno si nasconde che la battaglia di questi mesi – al di là di ogni valenza “ideologica” – sia stata combattuta principalmente per il controllo delle infrastrutture, come lo scalo marittimo e quelli aeroportuali che per tre lustri hanno consentito traffici illeciti di ogni tipo e notevoli guadagni alle bande armate che li hanno controllati, sia per fini terroristici che per pirateria vera e propria. Gli ultimi quattro mesi sono stati un vero massacro e ora toccherà alle organizzazioni umanitarie salvare orfani e vedove, sempre che i fondamentalisti diano il permesso di intervenire. Era da febbraio che si erano intensificati gli scontri tra le truppe legate ai tribunali coranici e la sedicente Alleanza, lasciando sul campo oltre 400 morti e più di 1.500 feriti, come sempre in gran parte civili.
Le Corti, che hanno comunque rassicurato le rappresentanze commerciali occidentali presenti a Mogadiscio che ci saranno «pace e sicurezza», hanno già istituzionalizzato la Sharia. Mentre il premier cerca di salvare la testa: nelle stesse ore in cui è stata militarmente sconfitta l’Alleanza anti-terrorismo, il governo ha annunciato la rimozione di quattro ministri di Mogadiscio. Una presa di distanza dai corrotti che non incanta nessuno e tantomeno attenua la cruda realtà: Al Qaeda ora ha uno Stato a sua immagine e somiglianza. E potrebbe essere l’avvio di quel grande disegno di conquista del mondo da parte della piovra islamica che è negli incubi dell’Occidente e nei sogni di Bin Laden.


di Emiddio Pietraforte


La Padania [Data pubblicazione: 08/06/2006]