E il giudice aprì la porta alla poligamia

Per un uomo ucciso in un incidente stradale, un giudice vicentino riconosce il risarcimento a moglie e amante, elevando così l’adulterio a istituto giuridico.

Ma è la logica conseguenza delle sentenze che in questi anni hanno cambiato il concetto di famiglia.

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L’infedeltà fa bene al portafoglio. Questa potrebbe essere l’amara conclusione che si dovrebbe trarre dalla seguente vicenda fatta di tresche e soldi. Il 39enne Mirco Ronzani, di Lugo Vicentino, è sposato con Marzia Furlan di anni 44. Ronzani ha una relazione adulterina con la 33enne Arianna Gottardo. Un giorno lui e la Gottardo stanno attraversando una strada e un’auto investe l’uomo che ha appena il tempo di spingere lontano da sé l’amante la quale riesce a salvarsi. L’uomo invece morirà dopo 18 giorni.

Si va a processo e la donna che era al volante viene condannata ad un anno di reclusione per omicidio stradale. Pena poi sospesa.
Nel processo sia la moglie che l’amante si costituiscono parte civile contro l’assicurazione della persona che ha investito per chiedere il risarcimento danni. La moglie ha chiesto 800mila euro, l’amante 200mila.

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Bologna gay pride 2017: oscenità e …

… continua irrisione delle convinzioni altrui

 

 “Non si può invocare il rispetto dei propri diritti, battagliare contro le discriminazioni e gli insulti e poi diffondere immagini come queste sulla Madonna che offendono chi crede. (…) Pessimo gusto.. anzi disgustoso”.

“I nostri pride scandalizzano, irritano, destabilizzano. E lo fanno di proposito.

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Gaystapo. Il Governo contro il Family day.

 La costante opera dei sempre più numerosi Comitati Difendiamo i Nostri Figli ha provocato la scomposta reazione di un vice ministro all'istruzione: il comunista On. Davide Faraone. Qui un resoconto della vicenda.

Quel che sembra infastidire il Partito Democratico è che la famiglie vogliano poter decidere quale tipo di educazione impartire ai propri figli: ciò va contro la politica di diffusione dell'ideologia omosessualista intesa a trasformare gli italiani in schiavi dello Stato, automi senza valori e senza coscienza. Qui una sintesi del progetto socialista del Governo.

Ricordiamo ancora la petizione intesa a fare pressione sul Governo: è solo un modo con cui le famiglie tentano la resistenza: http://www.citizengo.org/it/35380-difendi-liberta-di-educare-i-tuoi-figli

 

Cosa rappresenta davvero l'Italia del Family day?

L’Italia del Family Day

Roberto de Mattei, per Corrispondenza Romana del 3 febbraio 2016, 3 giorni dopo il Family Day.

 

Il Family Day del 30 gennaio ha portato alla luce l’esistenza di un’altra Italia, ben diversa da quella relativista e pornomane che ci viene presentata dai media come l’unica reale. L’Italia del Family Day è quella porzione di popolo, più ampia di quanto si possa immaginare, che è rimasta fedele, o ha riconquistato negli ultimi anni, quelli che Benedetto XVI ha definito «valori non negoziabili»: la vita, la famiglia, l’educazione dei figli, nella convinzione che solo su questi pilastri possa fondarsi una società bene ordinata.

L’Italia del Family Day si pone come antitetica all’Italia della legge Cirinnà, che prende nome dal disegno di legge presentato dalla senatrice Monica Cirinnà, per introdurre matrimonio e adozioni omosessuali nel nostro Paese.
L’Italia del Family Day non è solo un’Italia che difende l’istituto famigliare, è anche un’Italia che si schiera contro i nemici della famiglia, a cominciare dal gruppo di attivisti che, dietro lo schermo della legge Cirinnà, vuole imporre al Paese un’ideologia e una pratica pansessualista.

Questa minoranza è supportata dall’Unione Europea, dalle lobby marx-illuministiche e dalle massonerie di vario livello e grado, ma gode purtroppo della simpatia e della benevolenza di una parte dei vescovi e dei movimenti cattolici.
In questo senso l’Italia del Family Day non è quella di mons. Nunzio Galantino, segretario della Conferenza Episcopale Italiana, né è quella di associazioni come Comunione Liberazione, l’Agesci, i Focolari, il Rinnovamento dello Spirito, che il 30 gennaio hanno disertato il Circo Massimo.

Mons. Galantino ha cercato in tutti i modi di evitare la manifestazione, poi nell’impossibilità di fermare la mobilitazione, avrebbe voluto imporre ad essa un altro obiettivo: quello, come osserva Riccardo Cascioli su La Nuova Bussola quotidiana del 1 febbraio di «arrivare a una legge sulle unioni civili che le tenga ben distinte dalla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna e che eviti l’adozione. In altre parole la CEI vuole i DICO contro cui aveva combattuto otto anni fa».
Il primo Family Day, nel 2007, fu promosso infatti dai vescovi italiani contro la legalizzazione delle unioni civili (DICO), giustamente presentata come porta aperta al pseudo-matrimonio omosessuale. Oggi si sente raccontare che bisognerebbe accettare le unioni civili, proprio per evitare il cosiddetto matrimonio gay.

Lo racconta, tra gli altri, in un’intervista, mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano: «In linea di principio, non ho obiezioni al fatto che sotto il profilo pubblico si dia consistenza giuridica a queste unioni. Mi sembra che la reazione riguardi il tema della generatività, le adozioni, non il riconoscimento pubblico delle unioni. L’importante è che non vengano assimilate alla realtà del matrimonio». E, a scanso di equivoci, aggiunge: «Una legge sulle unioni civili si può senz’altro fare» (Corriere della Sera 31 gennaio).

La posizione è chiara: no all’adozione omosessuale, sì alla legalizzazione delle unioni omosessuali, purché non vengano ufficialmente definite matrimonio. Se dal disegno di legge Cirinnà fossero tolti alcuni elementi che equiparano in tutto le unioni civili omosessuali al matrimonio, allora un cattolico potrebbe consentirvi. Mons. Semeraro è considerato, come mons. Galatino, un uomo di fiducia di papa Francesco.

Sorge quindi spontanea la domanda: qual’è la posizione del Papa in proposito? Antonio Socci, su Libero del 31 gennaio, rileva come sia stata «evidentissima l’assenza e palpabile la freddezza» di Papa Francesco, il quale non ha inviato nemmeno un saluto al Family Day e non vi ha fatto accenno né nel discorso dell’udienza del sabato mattina, né nell’Angelus del giorno successivo. Come giudicare questo silenzio, nel momento in cui il Governo e il Parlamento italiano si apprestano a infliggere una ferita morale al nostro Paese?

Eppure la Congregazione per la Dottrina della Fede ha dichiarato che l’omosessualità non può reclamare alcun riconoscimento, perché ciò che è male agli occhi di Dio non può venire ammesso socialmente come giusto (Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, del 1 ottobre 1986, n. 17).

L’Italia del Family Day ignora forse questo documento, che il Papa non può ignorare, ma, armata solo di buon senso, il 30 gennaio ha espresso il suo no, chiaro e netto, non solo alla cosiddetta stepchild adoption, ma a tutto il decreto Cirinnà. E quale fosse il sentimento della folla che gremiva il Circo Massimo lo si può capire dalla forza degli applausi che hanno accompagnato gli interventi più forti di alcuni relatori italiani e stranieri, come Seljka Marrkic, leader dell’Iniziativa civica che in Croazia ha avviato il referendum che ha bocciato le unione civili e tre mesi dopo ha travolto anche il presidente del Consiglio.

Bisogna dar atto, con serena oggettività alla Marcia per la Vita. che si svolge in Italia dal 2011, di aver rotto il ghiaccio, sfatando un complesso che pesava sul mondo pro-life italiano: l’idea che fosse impossibile, o comunque controproducente una grande manifestazione di piazza in difesa della vita.
Sulla scia della Marcia per la Vita, ma anche della grande Manif por tous francese, è nato il Family Day che, per volere agglomerare una massa il più ampia possibile, raccoglie al suo interno anime diverse. Intransigenti alcune, disponibili al compromesso altre.
La ragione del suo successo in termini numerici è anche la ragione della sua debolezza in termini di sostanza e di prospettive.

La battaglia in atto non è infatti politica, ma culturale, e non si vince tanto con la mobilitazione delle masse, quanto con la forza delle idee che si contrappongono all’avversario. È una battaglia tra due visioni del mondo, fondate entrambe su alcuni princìpi cardine. Se si ammette che esiste la verità assoluta e l’assoluto Bene, che è Dio, nessun cedimento è possibile. La difesa della verità deve essere condotta fino al martirio.

La parola martire significa testimone della verità e oggi, accanto al martirio cruento dei cristiani, che si rinnova in tante parti del mondo, esiste un martirio incruento, ma non meno terribile, inflitto attraverso le armi mediatiche, giuridiche e psicologiche, con l’intento di ridicolizzare, far tacere, e se possibile imprigionare i difensori dell’ordine naturale e cristiano.

Per questo attendiamo dal “Comitato in difesa dei nostri figli”, promotore del Family Day, che, continui a denunciare l’iniquità della legge Cirinnà anche se questa malauguratamente passasse, sia pure addolcita. La Manif pour tous francese, portò per la prima volta quasi un milione di persone in piazza il 13 gennaio 2013, qualche settimana prima della discussione in Parlamento della legge Taubira, ma continuò a manifestare, con vigore ancora maggiore, anche dopo l’approvazione del pseudo matrimonio omosessuale, innescando un movimento che ha aperto la strada a tanti altri in Europa. E proprio in questi giorni Christiane Taubira, da cui prende nome la scellerata legge francese, è uscita di scena, dando le dimissioni da Ministro della Giustizia.
Ci aspettiamo dunque in Italia nuove manifestazioni, condotte con forza e determinazione, anche se il numero dei partecipanti dovesse essere minore, perché ciò che conta non è l’ampiezza del numero, ma la forza del messaggio:

Non abbiamo usato l’espressione “Family Day” per connotare gli organizzatori di quell’evento, ma per attribuire identità a una piazza che va ben al di là di quella fisicamente riunita al Circo Massimo il 30 gennaio. Quest’Italia non è rassegnata, vuole lottare e ha bisogno di guide.
Le guide devono essere veritiere, nelle intenzioni, nelle idee, nel linguaggio e nei comportamenti. E l’Italia del Family Day è pronta a denunciare le false guide, con la stessa forza con cui continuerà a combattere i veri nemici.

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Il Governo Renzi promuove l’omosessualismo nella scuola

Il MIUR promuove l’ideologia del gender nella scuola italiana

di Rodolfo de Mattei –
Osservatorio Gender di Famiglia Domani

L’obiettivo dichiarato è la decostruzione degli stereotipi di genere, al motto di “sei come sei” e la promozione dell’indifferenza sessuale per la quale ogni studente deve sentirsi libero di costruire la propria soggettiva sessualità, identificandosi come maschio o femmina, o chissà cos’altro, a seconda del sesso percepito, al di là dell’irrilevante e “datato” sesso naturale e biologico.

 

in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, ricorrenza promossa dall’Unione europea che si celebra dal 2004 il 17 maggio di ogni anno, il MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) ha inviato, con preghiera di massima diffusione, una circolare a tutte le sovraintendenze, ai dirigenti scolastici, alle associazioni dei genitori e studenti e alle consulte studentesche, invitando gli istituti di ogni ordine e grado a svolgere attività per contrastare fenomeni di violenza e “discriminazione omofobica“, con il fine di “rendere l’ambiente scolastico inclusivo di ogni differenza“.

Solo con l’educazionesi legge nel testo recante come oggetto, 17 maggio – Giornata internazionale contro l’omofobia, –  si superano i pregiudizi e gli stereotipi ancora presenti nella nostra società; in tal senso, la scuola deve fornire strumenti, metodologie e deve attivare tutte le necessarie pratiche per interventi di prevenzione”.

La circolare rende noto come il Ministero responsabile dell’istruzione sia intenzionato a garantire il proprio totale supporto ad ogni tipo di iniziativa scolastica volta a favorire il pieno sviluppo dell‘identità di genere degli studenti. Il MIUR – si legge sempre nel testo diffuso il 17 maggio – intende infatti “supportare le istituzioni scolastiche fornendo agli insegnanti strumenti per il proprio aggiornamento e la conoscenza del contesto giovanile, ma anche agli studenti e alle famiglie spazi per potersi confrontare sulle delicate questioni legate all’identità di genere o a qualsiasi altra forma di violenza“.

Il documento presenta inoltre un nuovo servizio di supporto per comunicare fenomeni di bullismo in ambiente scolastico per il quale tutta la comunità scolastica “potrà avvalersi di un servizio di messaggistica al numero 345/3916485, attraverso cui segnalare casi e verificare (…) tutte le possibili forme di intervento, prevedendo un raccordo costante con l’amministrazione centrale e territoriale per verificare la possibilità di effettuare interventi direttamente in collaborazione con gli istituti scolastici stessi, anche in accordo con altri Enti e Associazioni maggiormente impegnate nella lotta alle discriminazioni“.

Ezio De Gesu, responsabile scuola di Arcigay, ha applaudito l’iniziativa del MIUR, commentando con le seguenti parole:

«Ringraziamo il Miur e la direttrice generale Giovanna Boda, che coordina il servizio per lo studente, l’integrazione e la partecipazione, per aver ricordato che la giornata del 17 maggio rappresenta l’opportunità per tutte le scuole italiane di sensibilizzare studenti, genitori ed insegnanti al contrasto del bullismo omofobico e transfobico».

Sulla stessa linea, Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay, che ha sottolineato la propria soddisfazione per la particolare attenzione riservata dalle Istituzioni alle istanze LGBT, dichiarando:

«Il segnale lanciato dal Miur è un’importante conferma di attenzione sul tema. Un segnale che si somma ad altri segnali istituzionali importanti, contenuti tanto nelle parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quanto in quelle della Presidente della Camera, Laura Boldrini. C’è da augurarsi che la comunione di intenti che registriamo in questa giornata dia impulso a un percorso concreto e efficace di contrasto a tutte le discriminazioni. Arcigay, da questo punto di vista, è pronta a giocare la sua parte».

Leggendo questa circolare, tornano alla mente le dichiarazioni del ministro Stefania Giannini la quale nel corso degli ultimi mesi ha più volte respinto indispettita le accuse di promuovere l’educazione gender all’interno delle scuole, arrivando a parlare di “truffa culturale”. Ebbene, il testo appena diffuso dal MIUR, racchiude perfettamente quelle che sono le linee guida per la promozione dell’ideologia gender all’interno delle scuole, utilizzando tutti i “vocaboli totem” e le parole chiave dell’armamentario genderista. L’obiettivo dichiarato è la decostruzione degli stereotipi di genere, al motto di “sei come sei” e la promozione dell‘indifferenza sessuale per la quale ogni studente deve sentirsi libero di costruire la propria soggettiva sessualità,  identificandosi come maschio o femmina, o chissà cos’altro, a seconda del sesso percepito, al di là dell’irrilevante e “datato” sesso naturale e biologico. Questa sì, una vera e imperdonabile truffa culturale, ancora più grave, in quanto perpetrata dall’Istituto preposto all’Istruzione e all’Educazione, emblematicamente esplicitata – come si legge nel testo – dall’affermazione che con “l’educazione si superano i pregiudizi e gli stereotipi ancora presenti nella nostra società”. Un linguaggio volutamente ambiguo e criptico, finalizzato a promuovere subdolamente, all’insaputa delle famiglie, l’ideologia gender nelle scuole italiane.

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Il Papa contro… la “violenza di genere” !!!

di Cristiano Lugli

Pubblicato il:6 maggio 2016 in Osservatorio Gender: http://osservatoriogender.famigliadomani.it/il-papa-contro-la-violenza-di-genere/

 

Un nuovo ed incisivo colpo, di quelli che lasciano senza parole, arriva proprio da chi dovrebbe lottare in prima fila contro il rivoluzionarismo sovversivo che sempre più calca la mano sulle rimaste rovine di questa civiltà. Chi dovrebbe scovare le dietrologie insite nei coordinamenti di chi tenta con ogni forza di destabilizzare l’ordine naturale delle cose, non solo non svolge questa mansione che dovrebbe lor competere, ma anzi si fa promotore di un male che sembra aver assunto una velocità di possesso inarrestabile.

Qualcuno avrà forse avuto modo di visionare l’ultimo ed agghiacciante video di “intenzioni di preghiera per il mese di maggio”, marchiato Santa Sede e controfirmato dalla TV galantiniana, la stessa che si distanziò dal Family Day ( non certo per motivazioni superiori all’assetto di quest’ultimo ) e che invitò Vladimir Luxuria come commentatore del telegiornale serale.
Qualora dunque si avesse avuto la (s)fortuna di vedere questo video, una reazione di brividi lungo la schiena sarebbe stato il minimo fenomeno sensoriale percepito sul momento, davanti a tanta tristezza.
Il bel montaggio per il mese mariano, invece che rivolgersi così, en passant, alla Beata Vergine Maria come unico e solo modello esemplare per ogni donna – e ovviamente anche per ogni uomo – , si cimenta in una sorta di bonin-pannelliano appello vetero-femminista, contro la violenza sulle donne e la schiavitù di esse.

https://youtu.be/7euObXgQZmU

Di primo acchito taluni potrebbero essere portati a credere che non vi sia nulla di male in tutto ciò, se non fosse però che una frase in particolare del video sia incredibilmente grave, pericolosa, e assolutamente degna di nota: al secondo 0:35 compare la frase “No alla violenza di genere”.
 
Ora, tutto ci si potrebbe aspettare, e da tutti, ma non di certo che da un Papa – che di “bombe” ne ha già lanciate assai, checché se ne dica – esca un elogio con pacca sulla spalla a tutti gli organismi che, con il pretesto della “discriminazione di genere”, hanno introdotto senza particolari problemi il gender nelle scuole ( si veda la c.d. “Riforma buona scuola” ).
Qualunque persona avente un minimo di dimestichezza con questo ambiente, sa bene come alla radice del gender ci stia il femminismo incallito, proprio quello che in questo prorompente video viene fatto emergere, fra l’altro discostandosi letteralmente dall’insegnamento cristiano del ruolo femminile e maschile all’interno della società – e soprattutto delle famiglie – su cui torneremo in seguito.
 
L’ideologia del gender parte infatti dai movimenti ultra-femministi della rivoluzione del ’68, si in radica fortemente nel pensiero di “filosofe” – per la maggior parte lesbiche – fra le quali spiccano Simone De Beauvoir, che sintetizzò con la breve frase “Donne non si nasce, lo si diventa”, tutto il nucleo centrale di questa mostruosa teoria.
Un’altra radical femminista che ha combattuto per deostruire gli stereotipi di genere e per far finalmente cessare la violenza di genere è Judith Butler la quale dice che “(…) portata alle logiche conseguenze, la distinzione sesso/genere suggerisce una discontinuità radicale tra i corpi sessuati e i generi costruiti socialmente”.
 
Si potrebbe continuare a citare femministe a volontà, anche in Italia ( Marzano, L’allineamento, ecc. ) , per calcare sulla finta distinzione che alcuni vorrebbero far credere esista tra femminismo e gender: il primo partorisce inevitabilmente il secondo.
Numerosi progetti scolastici approvati ed incentivati da organismi come MIUR e UNAR, vengono presentati a genitori e bambini come “educazione all’uguaglianza” e contro le discriminazioni, il bullismo, la violenza di genere o gli “infamanti stereotipi” ( come il nostro video in questione vuole )  quando in realtà poi promuovono nemmeno troppo velatamente l’equiparazione di ogni orientamento sessuale e di ogni modello di “famiglia”. Da questo subdolo moto viene poi proposta la prevalenza dell’ “identità di genere” sul sesso biologico, la svirilizzzazione del maschio e la mascolinità della femmina, attraverso un percorso che disintegra ogni ruolo tipicamente maschile o femminile, accusando le imposizioni culturali e cristiane che hanno fatto i secoli e la storia.
 
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Caso Varani, «la comunità Lgbt ora teme che emerga lo stile di vita gay»

«Marco Prato era “uno di noi”. Nel senso che faceva la vita che molti gay facevano, al netto di certi eccessi: penso a quello della droga. La comunità Lgbt ha paura che si raccontino cose che tutti conoscono. Che si scoperchi il vaso di Pandora. Tutti sanno, ma è meglio non parlarne». A dirlo è Marco Pasqua, attivista omosessuale e giornalista presso Il Messaggero. Marco Prato (nella foto) è uno dei due killer del 23enne Luca Varani, barbaramente massacrato e ucciso il 4 marzo scorso in un quartiere romano.

La morte è avvenuta durante un festino gay a base di cocaina e alcol e si sta rivelando uno dei casi più terribili degli ultimi anni. Gli agghiaccianti particolari che emergono, ora dopo ora, descrivono uno scenario fuori da ogni immaginazione, tanto che c’è già chi afferma che il delitto consumatosi è ben peggiore del massacro del Circeo, poiché non c’è più nemmeno l’elemento politico come movente, ma soltanto la pura violenza e il vuoto esistenziale vissuto dai protagonisti.

E’ stata rilevata molta iniziale reticenza mediatica nel raccontare che l’omicidio è avvenuto all’interno di un’orgia omosessuale, pochi hanno raccontato che Marco Prato -assieme all’altro omicida, Manuel Foffo- è un noto attivista Lgbt della movida romana: «Nella Romanella frociona e godona Marco Prato era noto come “la lesbica con la parrucca”», si legge su Dagospia. «Assai noto nella Roma gaya e benestante». Organizzava serate al «primo e unico club transgender d’Italia» e su Twitter ritwittava chi sbeffeggia i credenti, i fedeli di Padre Pio e i difensori della famiglia. E’ effettivamente significativo che l’ultimo post pubblicato su Facebook dalla vittima, Luca Varani, sia stato contro i matrimoni omosessuali. Lo ha fatto notare Mario Adinolfi, anche se per ora non sembra che gli inquirenti abbiano indicato questo come movente. Tuttavia, rimane valida la sua riflessione: se la vittima fosse stato un difensore del Gay Pride, ucciso da due Sentinelle in Piedi dopo aver scritto un post a favore delle nozze omosessuali, allora si sarebbe scatenato il finimondo. E’ invece accaduto il contrario e, come è stato osservato, i cronisti sorvolano.

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Omofobia o montature?

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Lo strano dilagare dell’epidemia omofobica. Aggressioni dopo cortei: coincidenza? Curiosa scomparsa dell’esito delle indagini. La regia dell’arcigay. Altre montature venute alla luce.
 
 
Il 12 ottobre è stato diffuso dagli organi di stampa la notizia dell’aggressione a Roma di due omosessuali, che è stata subito strombazzata come episodio di “omofobia”.
Da quello che si legge nella cronaca locale del 12 ottobre, nel giornale di Roma Tempo (consultabile online: http://iltempo.ilsole24ore.com/2009/10/12/1080362-picchiati_grido_camerati.shtml), l’aggressione effettuata da sei teppisti fascistoidi non sembra essere avvenuta perché i due sono omosessuali, ma perché non hanno ricambiato il saluto fascista:
«Sei ragazzi sugli scooter li circondano e fanno il saluto fascista: “Camerata, camerata, camerata”. I due non ricambiano il gesto, sono gay: uno viene colpito col casco alla testa e con una ginocchiata ai genitali. Poi i tre scooter si dileguano».

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Omosessualità: Chi ha paura della terapia riparativa?

http://www.iltimone.org/  “Identità di genere”, di Roberto Marchesini Studi Cattolici n. 581-82 luglio/agosto 2009

 

 di Roberto Marchesini


 

La terapia riparativa è, per sé, dannosa?

È quello che sostengono le associazioni gay (1), ripetendolo come se fosse un fatto, una verità assodata e incontrovertibile, al punto da non ritenere necessario fornire elementi che possano fornire un sostegno o una verifica di tale affermazione.

Dovrebbe essere semplicissimo trovare testimonianze o studi scientifici che dimostrino, senza lasciare spiragli al dubbio, che la terapia cosiddetta riparativa provoca per sé, direttamente, dei danni a chi liberamente vi si sottopone. Purtroppo non è così facile trovare materiale e riferimenti per vagliare questa tesi. Tanto che. quando su You Tube (2) è comparso un filmato (3) nel quale un ex paziente del dottor Joseph Nicolosi (4) racconta la sua esperienza di fallimento della terapia riparativa. ha suscitato notevole clamore. Se questa è la norma, perché tanto entusiasmo?

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Regalo: opuscolo sulle unioni di fatto

Che si chiamino Unioni di fatto, Pacs o Dico il fine è il medesimo: togliere dal senso comune la nozione di famiglia naturale, fondata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna.

Siamo, infatti,quotidianamente vittime di una subdola, ma intensissima propaganda mediatica, intesa farci inconsciamente accettare come "normale", ciò che normale non è.

Dopo aver reso disponibile la più ampia documentazione sulleUunioni di fatto (https://www.fattisentire.org/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=60 ) presente nel web, FattiSentire vuole oggi contribuire a svelare retroscena e finalità occule del progetto delle lobby progressiste.

Si tratta di un denso opuscolo di 60 pagine scaricabile gratuitamente cliccando qui: http://totustuus.info/librigratis/DICO.pdf  

Buona lettura!

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