Bolivia: caduto il regime comunista

Frodi al voto e polizia stanca di crudeltà, Morales si dimette

Dopo la denuncia di truffe e 19 giorni di proteste, il presidente lascia e indice nuove elezioni

Evo Morales rinuncia alla presidenza della Bolivia da cui sarebbe già fuggito. Il tutto dopo una domenica destinata a rimanere nei libri di storia e, con lui, lascia anche il suo vice, il marxista Álvaro García Linera, da anni nei radar della Dea (l’agenzia antidroga statunitense) per narcotraffico, che ieri notte ha denunciato un fantomatico «golpe» contro di loro.
In realtà il colpo di Stato lo avevano tentato in precedenza proprio Morales e compagni a più riprese.
Quattordici anni di vessazioni alla proprietà privata, alla famiglia, alla religione.

epaselect epa07984177 Policemen wave the tricolor flag of Bolivia while they retreat to a police station in the city of Santa Cruz, Bolivia, 09 November 2019. Several Bolivian Police units have mutinied in various parts of the country in disagreement with the actions of President Evo Morales over the crisis that Bolivia is going through since the last elections, as he defends his victory at the polls against the allegations of fraud from opposition and civic committees who do not recognize the president’s victory for a fourth consecutive period, and demand his resignation and that new elections be called. EPA/Juan Carlos Torrejón

Cominciano le similitudini con l’Italia:

  1. ignorando il voto del 22 febbraio 2016, con cui i boliviani avevano detto no alla quarta candidatura consecutiva di Evo. Un messaggio chiaro ma ribaltato dalla Corte Suprema che, controllata dal Mas (il Movimento al Socialismo) di Morales era riuscita addirittura a far passare per «diritto umano» la sua «candidatura infinita»;
  2. frodando in modo macroscopico il voto dello scorso 20 di ottobre, come evidenziato dal rapporto dell’Organizzazione degli Stati Americani (Oea) arrivato alle 5 del mattino di ieri dopo 19 giorni di proteste, quattro morti e centinaia di feriti, tutti oppositori;
  3. la teoria del complotto fascista ripresa dalla sinistra internazionale e da parte dei media italiani: i documenti dell’auditing Oea sono stati un macigno contro la narrativa del golpe propagata da Morales e García Linera perché dimostrano invece che il vero golpe l’han fatto i socialisti, con una frode elettorale senza precedenti: «È stato verificato -si legge infatti nel rapporto Oea- che sovente tutti i verbali dello stesso centro di voto erano compilati dalla stessa persona, nello specifico il rappresentante del Mas delegato al seggio»;
  4. la complicità di alcuni mass-media ecclesiastici: ad es. della Diocesi di Roma, che prima canta l’inesistente vittoria comunista, poi usa toni di cinquant’anni fa e parla parla di «attacco dell’imperialismo e delle multinazionali: il conflitto di classe esplode a livello mondiale»: https://www.farodiroma.it/bolivia-se-11-punti-di-distacco-sembrano-pochi-arlacchi-il-problema-sono-sempre-le-famiglie-possidenti-degli-oligarchi/
  5. Mentre la posizione della Santa Sede è incomprensibile, i vescovi si schierano con le persone: “Non è un colpo di Stato, ora transizione rispettosa della Costituzione” dice il presidente della Conferenza episcopale boliviana, mons. Ricardo Centellas (https://www.difesapopolo.it/Fatti/Bolivia-Evo-Morales-si-dimette.-Vescovi-Non-e-un-colpo-di-Stato-ora-transizione-rispettosa-della-Costituzione).

Nuove similitudini con l’Italia. Di fronte all’evidenza della frode, ieri alle 7 del mattino i socialisti han tentato, per calmare la piazza e guadagnare tempo, un ultimo colpo disperato:

  1. indire «nuove elezioni» con non meglio specificati «nuovi attori»
  2. promettere di rinnovare il tribunale elettorale da loro controllato al 100%
  3. rinnovare la Corte Suprema, anch’essa controllata dal partito.

Peccato che i comitati civici dell’opposizione per fermare la mobilitazione che da settimane blocca la Bolivia volevano due cose in più: la certezza che il Movimento Socialista non si ricandidasse e le dimissioni del sanguinario Morales.

Di fronte al «no» di Morales su entrambi i punti e la richiesta fatta alla polizia di sparare sulla folla per fermare la contestazione, sono stati decisivi i pronunciamenti dei vertici della polizia e dell’esercito di non volere «sparare sui manifestanti» e che consigliavano a Evo la rinuncia.

E così mentre 6 suoi ministri e 3 governatori del Mas (Movimento al Socialismo) si dimettevano, Morales lasciava in aereo una La Paz assediata dalle proteste per volare nel Chapare, paradiso dei suoi fedelissimi cocaleros (produttori di foglie di coca).
Obiettivo? Consultarsi con loro sulle forze in campo a disposizione.
Fatta la conta e avendo capito che senza polizia ed esercito non gli sarebbe bastato sguinzagliare i cocaleros a lui rimasti fedeli, Morales rinunciava in serata.

Certo, come per l’Italia non c’è da farsi illusioni: tolti i social-comunisti è possibile che vadano al potere socialisti di altro tipo.
Ma intanto un regime è caduto, Trump e Putin potrebbero aiutare il recupero dell’identità cristiana.

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Tratto da Paolo Manzo per  http://www.ilgiornale.it/news/politica/frodi-voto-e-polizia-ribelle-morales-si-dimette-1782339.html con modifiche

 

ABSTRACT

11/11/2019. Nell’Anniversario del Muro di Berlino, una buona notizia per l’umanità: è caduto un altro regime social-comunista.

Tante similitudini e insegnamenti per l’Italia; il primo: ma il socialismo non era scomparso?

La Bolivia era stata portata gradualmente nell’internazionale comunista a guida cinese. Oggi, mentre Trump si rallegra e la UE non si capisce cosa chieda, la caduta del regime preoccupa Pechino e terrorizza Venezuela e Cuba.

 

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