Tre italiani su quattro hanno detto: «Sulla vita non si vota»

di Danilo Paolini

Ha votato un italiano su quattro, gli altri hanno deciso che la legge 40 sulla procreazione assistita va bene come l’ha approvata il Parlamento. E che, in ogni caso, su materie così importanti e delicate non si può decidere con un tratto di matita copiativa. L’Italia, al 74,1%, ha rispedito al mittente il tentativo di legiferare sulla vita umana a colpi di referendum.


I numeri parlano chiaro che di più non si può: la percentuale dei votanti su base nazionale è stata del 25,9%, identica per tutti i quattro quesiti, pari a meno di 12 milioni su 50 milioni. Una porzione di popolazione lontanissima da quel 50% più uno che avrebbe fatto scattare il quorum e reso valido l’esito delle votazioni. Peggio di così (ma appena peggio: 25,7%) era andata soltanto il 15 giugno del 2003, in occasione dei referendum sugli elettrodotti e per l’estensione alle piccole imprese dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Per quanto riguarda gli italiani all’estero, i primi dati giunti dai consolati testimoniano di un’affluenza al di sotto del 20%.

Non solo. L’ultima volta che un referendum raggiunse il quorum risale a 10 anni fa. Da allora, dal 1995 in poi, siamo stati interpellati per altre 6 volte e con 24 quesiti sulle materie più diverse, ma in nessuna occasione la maggioranza degli aventi diritto si è recata alle urne. E ora più di qualcuno comincia a pensare che, forse, sarebbe il caso di rivedere il meccanismo che consente di convocare un referendum popolare raccogliendo 500mila firme. Del resto, anche esaminando l’affluenza su base territoriale e regionale, si rimane ovunque abbondantemente sotto il quoziente: si è votato di più nell’Italia centrale (33,4%), seguita da quella Settentrionale (29,8%), dalle Isole (18,7%) e dal Meridione (15,9%). Ma attenzione a non cadere nella sociologia facile facile del Nord “avanzato” contro il Sud “arretrato”, perché la scelta di astenersi si è affermata un po’ ovunque e, per esempio, nel “nordico” Trentino-Alto Adige ha votato il 20% degli aventi diritto. La regione con la più alta affluenza è stata l’Emilia Romagna con il 41,6%, poi la Toscana (39,8%), la Liguria (34,1%) e il Lazio (31,5%). La regione dove si è votato di meno, invece, è stata la Calabria (12,7%), seguita da Puglia (15,3%), Campania (15,7%) e Sicilia (15,8%). In Calabria si trova anche la provincia più astensionista, quella di Vibo Valentia con il 10,7%. Per la cronaca, a Vibo i “sì” sono stati poco più di 11mila (87,9%), i “no” 1.577 (12,1%). Del resto era scontato che, tra chi sarebbe andato a votare, i “sì” avrebbero prevalso in maniera schiacciante: per i primi tre quesiti si sono attestati su base nazionale poco sotto il 90%, sotto l’80% per il quarto, quello sulla fecondazione eterologa.

Ma sempre, si diceva, si è rimasti sotto il quorum. Anche nella “rossa” Bologna: nel capoluogo della regione al primo posto per affluenza ha votato il 47,4% degli elettori aventi diritto, ovvero 355mila persone, con quasi il 94% dei “sì”. E perfino Livorno, forse ancor più “rossa”, si è fermata poco sopra il 49%. In compenso la vicina Piombino si segnala come uno dei soli due comuni in cui è stato raggiunto il quorum: 50,7%. L’altro si trova in Umbria ed è Paciano, in provincia di Perugia, dove ha votato il 50,3% degli aventi diritto su una popolazione residente di 970 abitanti. Assai diversamente è andata nelle metropoli e nelle grandi aree circostanti, dove pure si sono registrate medie di votanti superiori a quelle del resto del Paese.

A Milano e provincia, ovvero 139 comuni e 2.874 sezioni, ha votato poco più del 33% degli elettori, in misura leggermente inferiore per l’eterologa rispetto agli altri tre quesiti. A Roma e provincia si è sfiorato il 35%, mentre a Napoli e nei comuni del suo territorio ha votato il 16,3%. In Piemonte l’affluenza complessiva ha superato di pochissimo il 30%, con Torino città in testa (36,3%) e Cuneo in coda (21,8%). A Palermo e provincia la percentuale è stata del 16,5%, nel catanese del 17,2%. In Sardegna l’affluenza più consistente nel cagliaritano con il 29,8%, quella minore a Olbia-Tempio (21,5%), mentre la percentuale regionale si è attestata intorno al 27%. Complessivamente, si diceva, si può affermare che nei capoluoghi di regione i cittadini si sono recati a votare in misura maggiore rispetto al resto del territorio.

Ma, di fronte a un risultato evidente come quello manifestatosi già nella giornata di domenica e confermato ufficialmente ieri, si tratta davvero di semplici curiosità statistiche.

Da www.impegnoreferendum.it del 14 giugno 2005