Tettamanzi e Formigoni nel mirino di Al Qaeda

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Al Qaeda vuol uccidere un cardinale. È Tettamanzi, arcivescovo di Milano. Nel mirino c’è anche Formigoni.

RIVELAZIONI A LIBERO SUGLI ATTENTATI PROGETTATI DAI TERRORISTI ISLAMICI IN ITALIA DOPO MADRID


di RENATO FARINA

Il Corriere della Sera ha sollevato ieri il coperchio sul verminaio del terrorismo islamico che minaccia l’Italia ed in particolare Milano. Un medico tunisino emigrato nel nostro Paese, dopo aver avuto una parte nell’organizzazione islamista ed essere stato arrestato, si è pentito. Ha raccontato ai magistrati di Milano come la rete di Al Qaeda si sia insinuata tra noi. Le sue rivelazioni sono importanti per capire come sia incombente il pericolo che ci sovrasta. Le informazioni riguardano metodo e filosofia del nascondimento. Illumina però più lo scampato pericolo che la concretezza di piani oggi in corso d’opera. Il medico pentito si è dilungato su progetti che avrebbero dovuto andare a segno tra il 1999 e il 2001: in fondo, preistoria. Sull’agenda dei gruppi salafiti nordafricani c’erano in quegli anni attentati a Milano: alla Questura di via Fatebenefratelli, al comando dei carabinieri di via Moscova e alla Stazione Centrale. Vicino a Caserta: una base militare. In comune con la strategia mafiosa poi c’era da far fuori Maurizio Costanzo, il quale dev’essere abituato ormai a essere considerato carne da cannone universale. Quelli appena segnalati sono a questo punto obiettivi ormai scoperti e, per usare un linguaggio tecnico, messi in sicurezza. Come si sono aggiornate da allora le mappe dei rischi? Inoltre, il tunisino arrestato mostra un quadro di solidarietà fraterna e non ancora operativa tra guerrieri di Allah e brigatisti rossi (festeggiamenti comuni nelle carceri). Quali nuovi alleati Osama ha congiunto nel “patto della morte”? Dagli anni messi sotto la lente dal pentito, qualcosa di nuovo si è mosso. La penetrazione si è fatta più profonda. Molti militanti di Al Qaeda sono accorsi a difendere il campo base in Afghanistan e ad offrirsi come kamikaze in Iraq. Libero è in grado di mostrare quali sono i nuovi piani di Al Qaeda sull’Italia e sull’Europa. Le sue alleanze che dalle Brigate rosse (lo abbiamo già scritto sabato scorso) sono cambiate di registro. E qui comincia la nostra inchiesta. I due nomi «Quando vi svegliate? Siete voi italiani, intendo politici e popolo, la vera cellula in sonno dell’Occidente. L’Italia? Insieme alla Gran Bretagna, anzi a Londra? È il luogo geografico e politico dove stanno convergendo manipoli di terroristi pronti a un attentato di massa. L’obiettivo primo è di coinvolgere qualche personalità in un contesto di folla. Una maratona, una marcia». Mi faccia dei nomi, Mister Fonte, altrimenti l’allarme a noi italiani ci annoia. (La nostra fonte è ai massimi livelli dei servizi d’intelligence atlantici. Gli inglesi sono i più preoccupati. I loro vertici stanno facendo visite lampo nelle capitali d’Europa. Rinsaldano alleanze con i colleghi, anzi alleati. Più alleati di tutti sono gli italiani). Insomma, i nomi. Berlusconi? «Se potessero, magari. Ma è molto ben coperto, loro lo sanno. Sanno molto bene ogni cosa. Hanno agganci italiani. Definirlo nei loro documenti “ritardato mentale” o “retrogrado” mostra molto bene che attingono persino i linguaggi di certi ambienti italiani, non è linguaggio che gli islamici dedicano agli avversari. Al massimo sono criminali o si parla del “piccolo Bush”». E allora? Chi è nel mirino, secondo le vostre analisi? «Va bene. Una città? Per esempio: Milano. Le dirò due nomi. L’uomo politico potrebbe essere Roberto Formigoni. È considerato un dialogante con il mondo islamico, dov’è conosciuto, è governatore della più importante regione italiana. Sanno che dialoga ma c’è un livello dove non cede, è troppo cattolico. Inoltre vuole l’Onu in Iraq. Si colpiranno questo tipo di posizioni». Un po’ come le Br in Italia. «C’è contaminazione di tattiche. Oggi c’è un altro tabù da far cadere: e cioè che l’Onu aiuti la pacificazione. Al Qaeda non gradisce l’Onu e l’Onu di ritorno a Bagdad con i caschi blu a loro non serve. Vogliono il pieno possesso del territorio, oppure una fragile e intimidita presenza occidentale. Le mostrerò i documenti che dimostrano questa strategia». Prima dell’Onu però… l’altro nome… aveva detto di due nomi… «Il cardinale Dionigi Tettamanzi, uno papabile, ha sostenuto che la pace è liberazione dalla paura. È popolare, generoso con gli islamici, ma tiene fermi i principi. Sono due miscredenti pervicaci, nell’ottica dei fondamentalisti». Sa che sono cose gravi, che arriverà a Libero l’accusa di allarmismo? «Tutti ci prendiamo rischi. Io credo che farlo sapere sia la forma di legittima difesa. Bisogna stare pronti. Voi italiani non avete sensibilità. A Londra c’è stato un annuncio pubblico di questo tipo: è più probabile che ci sia un attentato devastante di quante possibilità ci siano che non accada». La formula è un po’ contorta… «Ma hanno capito tutti. E la prossima volta le spiegherò qual è la minaccia concreta che ci attendiamo. Non è allarmismo dire la verità. Mostrare che sappiamo e li controlliamo, li indebolisce. A Madrid hanno commesso molti errori». Gli errori di Madrid Quale sbaglio hanno fatto i terroristi dei treni spagnoli? «Non posso dirle molto, per non offrire elementi al nemico. Ci sono stati tre zainetti-bomba che non sono esplosi. Due? Stupidamente e nella confusione? La polizia li ha fatti saltare. Uno è stato scambiato per il bagaglio di una vittima, felix culpa. Vi hanno trovato la miscela, insieme a un telefono cellulare, e a una scheda. La scheda è stata comprata in un certo posto. Si può dire che ormai c’è una rete di terroristi sotto controllo. Madrid è stata, dal punto di vista militare, una loro vittoria di Pirro». Berlusconi ha sostenuto che i terroristi hanno lasciato trovare il cellulare per depistare, per incolpare i marocchini, forse è roba dell’Eta… «Berlusconi lasci fare a noi il lavoro. Lui tenga alto l’allarme. I nostri alleati sono i popoli. Proprio quelli su cui conta di far valere il proprio ricatto il terrorismo. A Londra la gente sa, eppure sale lo stesso in metropolitana. Voi preferite cullarvi nell’illusione che in fondo siete buoni, che non bisogna agitarsi, e tenere le notizie in circoli riservati. Berlusconi lo capisco, si è scottato. Proprio a lei ha detto del rischio corso a Natale sul cielo del Vaticano, ed è stato trattato come un irresponsabile». Ha dovuto (quasi) smentire, o quasi. Ma torniamo all’Eta. «C’è un intreccio tra varie forze. Ma l’Eta ha fornito solo manovali. Non è stata la mente. Diciamo che esiste da anni un collegamento tra estremismi dove allignano i vari terrorismi. L’Italia è il terreno perfetto di questo impasto malefico». L’impasto italiano Mi spieghi. «In Italia si dice che ci siano cellule in sonno di Al Qaeda. È un sonno molto leggero. Anzi, diciamo che fingono di essere appisolati. In realtà quello è il loro lavoro. Sono la logistica. Non sono destinati a fare i kamikaze in Lombardia o in Emilia. Guardi: ho qui i passaporti italiani rinvenuti in covi di Al Qaeda». Passaporti falsi? «No. Sono islamici trapiantati da tempo in Italia tanto da averne la cittadinanza. Noi riteniamo siano morti in combattimento o sotto i bombardamenti. L’Italia esporta kamikaze e li importa». Stanno arrivando in Italia? «Passando dai Balcani, nel vostro Paese, si stanno dirigendo da voi, a due a due, islamici pronti a qualsiasi cosa. Alcuni sono stati fermati. Troveranno un meccanismo oliato, supporti efficienti, moschee compiacenti. I colleghi italiani mi hanno detto poi che stanno tenendo sotto strettissima osservazione personaggi del giro di Al Qaeda infiltratisi inposti insospettabili, dove la sicurezza dovrebbe essere massima». Dove? «In ditte di pulizia negli aeroporti e sugli aerei. Il Sismi li ha individuati subito: sta facendo un eccellente lavoro». Onu nel mirino. Diceva dell’Italia come luogo della commistione tra terrorismi. «Al Qaeda è la rete. Ci sono gruppi salafiti di radice marocchina presenti nella Penisola. Lavorano tramite internet. Se si legge con attenzione il documento che proprio il suo giornale ha ampiamente riportato, “La Jihad in Iraq. Speranze e Rischi”, è spiegato come ci siano livelli di alleanza necessari con chiunque non sia ostile a priori con il “vero Islam”. Il centro della battaglia è l’Iraq. Bisogna cacciare presenze estranee. Chiunque lo voglia è amico e solidale con loro. Non gli importa che sia l’Onu o siano gli americani a rimanere: non vogliono nessuno. Anzi nel documento citato si sostiene che proprio gli americani ormai vogliono l’Onu diffuso sul territorio mesopotamico, mentre gli Usa si accontenterebbero di quattro basi, non potendo più sopportare i costi di una loro presenza maggioritaria. A questo punto Al Qaeda (chiamiamola così) vuole terrorizzare chiunque. Uno dei prossimi attentati avrà di mira l’Onu. Zapatero e la sinistra italiana subordinano la presenza di truppe all’egida dell’Onu? Per Al Qaeda non basta. Stia attenta anche la Spagna, a quali ministri sceglierà, se no è ancora un bersaglio». La cacciata di Piero Fassino (che vuole l’Onu) dal corteo pacifista, è molto significativa allora. «In quel corteo c’era gente che sa molto bene cosa vuole la cosiddetta resistenza irachena. C’è un’alleanza. Una rete. Abbiamo elaborato un documento, una specie di piantina delle connivenze. Gliela mostro la prossima volta che ci vediamo».


© Libero, 26 marzo 2004