NUCLEARE PULITO
Liberi dal petrolio grazie agli ultrasuoni
L’annuncio di due fisici italiani: si può ottenere energia atomica anche da minerali comuni, eliminando il problema delle scorie radioattive…
di ANTONIO SOCCI
È stato detto che la chiave per capire la storia del Novecento è il petrolio (con i gas naturali come il metano). Sotto mille insegne o pretesti è l’oro nero (la sua geopolitica) che ha mosso eserciti e rivoluzioni, condizionato e plasmato il sistema economico e politico mondiale. E pure il nostro modo di vita globale. Anche le sorti dell’ecosistema e il futuro del pianeta dipendono dal petrolio. L’esplosivo problema islamico sarebbe poca cosa senza il petrolio. Del resto le guerre in corso o in incubazione sono tutte nelle aree del petrolio. Il prezzo oggi alle stelle dell’oro nero è una spada di Damocle sull’economia mondiale. Mentre l’energia nucleare (unica valida alternativa) continua ad avere il problema delle scorie radioattive. Come sottrarsi a questa tenaglia? Talora nella storia umana sono state delle scoperte scientifiche a dare la svolta imprevista e a far uscire l’umanità da certi vicoli ciechi. Due fisici italiani, Fabio Cardone e Roberto Mignani, annunciano adesso una scoperta piena di suggestioni e di fascino. Sarà una svolta storica? Di certo potrebbero essere clamorose le sue conseguenze in campo energetico (liberarci dalla tirannia petrolifera e dall’incubo delle scorie nucleari) e perfino in campo medico. Inoltre questa scoperta promette di ampliare la visione della relatività di Einstein e della meccanica quantistica di Bohr, insieme ad altre scoperte sulla gravità e l’elettromagnetismo contenute, con la descrizione scientifica dei loro esperimenti, nel volume dei due fisici intitolato “Deformed spacetime (Geometrizing Interactions in Four and Five Dimensions)” appena pubblicato dalla prestigiosa casa editrice tedesca Springer Verlag. In sostanza Cardone e Mignani annunciano la scoperta di reazioni nucleari prodotte con il suono in elementi senza radioattività: immettendo ultrasuoni in varie soluzioni di acqua e sali di ferro sono stati generati neutroni misurati con rivelatori termodinamici in uso per sistemi di difesa ottenendo il 100 per cento di ripetibilità del fenomeno. Ma chi sono questi scienziati italiani che – in un Paese dove la ricerca è mortificata e il genio abbonda – hanno fatto questa scoperta? Fabio Cardone (che ha diretto gli esperimenti) è un fisico nucleare che ha svolto attività di ricerca presso il Cern di Ginevra e di insegnamento in varie università internazionali, con una montagna di pubblicazioni. Roberto Mignani è docente di fisica teorica all’Università di Roma 3 e anche lui ha al suo attivo un’ampia bibliografia. Gli esperimenti sono stati condotti in Italia dal 2003 presso laboratori militari e civili con la collaborazione dei tecnici militari A. Aracu, A. Bellitto, F. Contalbo, P. Muraglia e dei ricercatori civili G. Cherubini, A. Petrucci, F. Rosetto, G. Spera.
Abbiamo chiesto a Cardone di spiegarci i risultati.
«Abbiamo scoperto» ci dice «reazioni nucleari causate dagli ultrasuoni all’interno di elementi naturali privi di radioattività e le abbiamo chiamate reazioni piezonucleari. Queste reazioni permettono di liberare neutroni da elementi naturali inerti grazie all’uso di un generatore meccanico di ultrasuoni alimentato ad energia elettrica. Inoltre queste reazioni liberano direttamente anche energia ed inducono gli elementi a cambiare natura trasmutandoli».
Viene in mente il mito degli antichi alchimisti che già Enrico fermi ricordò…
«Se, invece che ad elementi inerti, queste reazioni vengono applicate a piccole quantità di sostanze radioattive, queste ultime riducono la loro radioattività in tempi diecimila volte più brevi dei tempi naturali di riduzione».
Quindi si può pensare a formidabili applicazioni della scoperta in campo energetico…
«Questa scoperta può trovare ampi campi di applicazione sia realizzando il controllo e la eliminazione di sostanze radioattive indesiderate nella esistente industria nucleare per la produzione di energia, sia nella futura industria nucleare grazie al vantaggio di poter operare con sostanze non radioattive di facile reperimento e approvvigionamento».
Ci faccia capire bene. Saremo in grado di ricavare energia nucleare pulita da minerali comuni e non radioattivi?
«Sì. Questo punto è rilevante poiché permetterebbe alla industria nucleare di rendersi, in prospettiva, ragionevolmente indipendente dall’approvvigionamento di minerali radioattivi con conseguente forte riduzione della dipendenza geopolitica dalle aree di produzione. Un discorso a parte meritano le applicazioni nel campo della difesa e dello studio dei materiali, grazie alla disponibilità di macchine in grado di generare neutroni analoghe alle macchine generatrici di raggi X».
Quali sviluppi scientifici può avere la vostra ricerca?
«La ricerca condotta sulle reazioni piezonucleari ha i suoi sviluppi nell’approfondimento della sintesi dei nuclei atomici (nucleosintesi) e della lesione dei nuclei (nucleolisi), catalizzate dalla pressione degli ultrasuoni in elementi da cui non ci si attendono reazioni nucleari».
Qual è la via nuova che la vostra scoperta apre?
«La sintesi dei nuclei è analoga, ma non simile, alla fusione termonucleare che dà l’energia al sole, invece la lesione dei nuclei è analoga alla fissione che produce l’energia nelle centrali nucleari. Sin dal 1944 gli esperimenti di K. Diebner e W. Gerlach in Germania portarono a constatare che la pressione produce reazioni nucleari nelle sostanze radioattive e nelle sostanze contenenti elementi opportuni, come il deuterio dell’acqua pesante. Seguì la realizzazione dei primi ordigni nucleari ibridi a fissione-fusione, che fortunatamente non vennero usati in Europa durante il secondo conflitto mondiale».
Quegli esperimenti ebbero un seguito…
«Sì, continuarono ed hanno subìto una svolta in America dal 1992 con G. Russ e nel 2002 con R. Taleyarkhan i quali applicarono la pressione degli ultrasuoni alle sostanze usate da Diebner e Gerlach. Il naturale sviluppo è ora lo studio della applicazione della pressione ultrasonica a tutti gli elementi noti, tenendo presente che le reazioni piezonucleari non possono avvenire sempre, ma solo quando si supera una opportuna soglia di potenza degli ultrasuoni».
Quindi il suono è la “chiave” per trasformare la materia, ma deve essere calibrato alla perfezione.
«Stabilire questa soglia di potenza degli ultrasuoni per i vari elementi è il traguardo verso una gestione ed un controllo migliore e più sicuro della materia. Inoltre lo studio di questo fenomeno può essere di aiuto per comprendere come nelle stelle si producano gli elementi più pesanti del Ferro. Infatti, se attualmente è molto chiaro come a partire dall’Idrogeno primordiale la natura costruisca tutti gli elementi fino al Ferro, è meno chiaro il modo in cui dal Ferro si procede a costruire elementi sempre più pesanti fino ad arrivare all’Uranio».
Quali altre applicazioni intravede?
«Lo studio di come governare le trasmutazioni della materia prodotte da questo fenomeno può portare in medicina a metodi per la eliminazione dei tessuti dannosi nel corpo umano mediante la loro trasformazione».
Si può dunque immaginare un futuro prossimo in cui anziché intervenire chirurgicamente sul corpo si potranno trasformare tessuti nocivi in maniera incruenta. Affascinante.
Ma – per tornare al campo energetico – è stato calcolato in quanto tempo si potranno sperimentare queste nuove vie?
«Il tempo necessario perché le possibilità di applicazione nel campo energetico della scoperta delle reazioni piezonucleari diventino realtà è stato valutato da responsabili ed amministratori di aziende per l’energia sia in Italia sia in America. Comunque è un problema che resta di pertinenza del C.N.R. il quale è il proprietario dei brevetti di applicazione».
Dunque quanti anni occorreranno?
«Riguardo all’attuale industria energetica nucleare, basata sui reattori ad uranio, è stato valutato un periodo da 3 a 5 anni per realizzare il prototipo di un impianto industriale in grado di passare, nella eliminazione di sostanze radioattive, dalle attuali quantità minime degli esperimenti a quantità industriali. Per l’impianto di studio della produzione di neutroni e per quello di produzione di energia, il tempo valutato sarà maggiore, da 5 a 15 anni».
Con quali costi?
«I costi per questi impianti sono stati valutati in 100 milioni di dollari ciascuno per un totale di 300 milioni di dollari».
Può sembrare un periodo di attesa lungo…
«Sì, ma si ricordi che passarono 20 anni dalla scoperta di Fermi nel 1934 del metodo per liberare l’energia nucleare dall’uranio, prima di avere un motore a reattore nucleare che fu in grado di spingere il sottomarino Nautilus durante la navigazione sotto il Polo Nord nel 1954. Il tempo è lungo rispetto al desiderio presente di soluzioni immediate ma abbiamo il dovere di compiere questo lavoro che ormai è iniziato».
Lo dobbiamo alle generazioni future…
«E anche ai nostri padri…».
Com’è nata la prima idea di questa ricerca?
«La prima idea, che nelle sue premesse dura da circa 20 anni, è nata dal desiderio di ampliare ed estendere la teoria della relatività e la meccanica quantistica. È stata seguita l’analogia di quanto accade in teoria della relatività attorno al sole ove lo spazio non è piatto. Infatti è noto, sin dall’eclisse di sole del 1919, che la luce delle stelle gira attorno al sole curvando come una cometa, e mettendo così in evidenza sensibilmente la realtà che lo spazio attorno al sole non è piatto».
Cosa ne avete dedotto?
«Si è pensato che anche attorno al nucleo dell’atomo lo spazio non fosse piatto e questo avrebbe permesso un modo nuovo di vedere le forze nucleari e la loro azione. Viceversa, come in meccanica quantistica esiste per ogni fenomeno una quantità minima e fissata di energia che lo realizza, così si è pensato che esistesse una quantità minima e fissata di energia tale da impedire allo spazio di restare piatto».
Con quale conseguenza pratica?
«La conseguenza di tali idee ha comportato che le nuove reazioni nucleari dovute alla pressione non si realizzano sempre, ma solo quando si supera la quantità di energia fissata dalle forze di natura per impedire allo spazio di restare piatto nel corso della reazione».
In sostanza avete trovato la chiave…
«Sì. La ricerca ha portato quindi a costruire una macchina in grado di generare ultrasuoni con una potenza tale da accedere allo spazio non piatto dei nuclei ed in condizioni tali da produrre reazioni che liberassero i neutroni dei nuclei reagenti».
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LIBERO 2 novembre 2007